… è il posto dove ti senti al sicuro, che conosci come le tue tasche, dove passi molto tempo e ti rilassi. Per questo è il posto dove con ogni probabilità ti può capitare qualcosa.
Questo posto per me è Andermatt. Domenica decido di fare una sortita. Solo 10 cm di neve fresca ma ho voglia d’esplorare i lunghi fuoripista del Gotthard Pass e dell’Unteralp, di prendermela con calma lontano dalla folla, dalla smania dello “sverginatore”. Detto fatto, arrivo di buon ora. Sole (solo per poche ore). Giusto un pennacchio di nubi in cima a 3000metri. Su al Gemstock la visuale non è la solita. Le nubi risalgono basse proprio dalle valli che volevo esplorare. Il vento è forte, le raffiche mi sferzano il volto. Aspettiamo…magari migliora (il meteo dava sole…). Per scaldarmi decido d’andare a fare quel canale che scoprii l’ultima volta. Risalire la cresta risulta ora molto più complicato. Non avevo ciaspe ne ramponi e la neve dura mi fa scivolare. Provo a passare da sotto e finalmente guadagno la cima del colletto dal quale s’imbocca la discesa. Guardo giù. Stretto e ghiacciato. Preferisco rinunciare. Da lì scendo lungo una bella parete già esplorata in precedenza. Appena entro…bum! Si stacca tutto. Diciamo che il culo mi si è stretto un pochino. Per fortuna era un lastrone soffice di pochi centimetri…e per fortuna era sotto di me. La situazione è complicata. Dritto di sotto c’è un salto di roccia. Per uscire dalla parete sono costretto a scendere verso quel salto e fare un traverso appena prima. La valanga che ho staccato ha ripulito la parete e per fortuna mi ritrovo sulla neve vecchia e ben legata. Ne esco fuori. Tutto bene. Quel versante era sopravento domenica… ma la punta della cornice di nuova formazione doveva farmi capire che nei giorni precedenti il vento girava proprio dall’altro lato. Torno su… Meglio lasciar perdere i versanti a est… a ovest trovo un altro canale che parte dall’arrivo dell’ancora. Arrivo all’imbocco. Faccio una buca per vedere la stratigrafia della neve. Spingo e salto con la tavola per vedere il comportamento. Sembra sicuro (ma chi può dirlo al 100%?)… mi butto dentro con il cuore in gola. Bella pendenza e qualche roccetta da evitare. Tutto tiene…ma soprattutto una goduria disumana. Allora via per la 2°,3°,4° volta…sempre intonso ed evitato da altri che inizialmente si avventuravano sulle mie tracce. Sono stanco. Decido di rientrare ad Andermatt lungo il Fensental… un fuoripista che conosco molto bene. Facile il primo pezzo, ma quando arrivo nella zona più ondulata la neve si fessura subito al mio passaggio anche ad inclinazioni davvero modeste. Per fortuna solo piccolissime slavine che si muovono per pochi metri. A questo punto mi sono già dato del coglione diverse volte… Ci sono gruppi di sciatori sopra e sotto di me. Vedo tutti un po’ nelle stesse condizioni, ma loro non sembrano preoccuparsi più di tanto. Il tratto finale della valle è spaccato in due da un ruscello. A destra la via più rapida per il rientro, ma costringe ad un lungo traverso proprio sul versante più pericoloso. A sinistra del ruscello… non l’ho mai fatta…proviamo. Mi ritrovo in mezzo a tortuose gobbe e onde di neve. Uno spettacolo ed anche un bel labirinto. Mi trovo bloccato e costretto a scendere per una schiena d’asino che non sembra molto stabile. A sinistra un buco e solo oltre, verso destra, un largo piano. Mi butto dentro deciso e subito stacca. Stringo forte tra i denti il tubo dell’Avalung, giro a sinistra verso il buco e poi subito a destra pensando di riuscire a passare davanti ai lastroni. Che ingenuo. Vengo investito in pieno. Mi ritrovo come sulla cera e pattino in giù. Sono sbilanciato ma con una mano riesco a mantenere l’equilibrio. Resto in piedi e finalmente scivolo fuori dal percorso della valanga. Ripeto, poca neve ma ne ero completamente in balia. Più sotto il percorso diventa più complicato. Bisogna zigzagare in mezzo agli arbusti che talvolta sono molto fitti. Trovo una linea che mi porta fino alla strada. Neve strepitosa, gobbe da saltare e ramoscelli da schivare. Arrivo alla strada a 2km dalla macchina. Una breve passeggiata per schiarirmi le idee. Mi è andata bene, meglio non esagerare. Si torna a casa.
Questo posto per me è Andermatt. Domenica decido di fare una sortita. Solo 10 cm di neve fresca ma ho voglia d’esplorare i lunghi fuoripista del Gotthard Pass e dell’Unteralp, di prendermela con calma lontano dalla folla, dalla smania dello “sverginatore”. Detto fatto, arrivo di buon ora. Sole (solo per poche ore). Giusto un pennacchio di nubi in cima a 3000metri. Su al Gemstock la visuale non è la solita. Le nubi risalgono basse proprio dalle valli che volevo esplorare. Il vento è forte, le raffiche mi sferzano il volto. Aspettiamo…magari migliora (il meteo dava sole…). Per scaldarmi decido d’andare a fare quel canale che scoprii l’ultima volta. Risalire la cresta risulta ora molto più complicato. Non avevo ciaspe ne ramponi e la neve dura mi fa scivolare. Provo a passare da sotto e finalmente guadagno la cima del colletto dal quale s’imbocca la discesa. Guardo giù. Stretto e ghiacciato. Preferisco rinunciare. Da lì scendo lungo una bella parete già esplorata in precedenza. Appena entro…bum! Si stacca tutto. Diciamo che il culo mi si è stretto un pochino. Per fortuna era un lastrone soffice di pochi centimetri…e per fortuna era sotto di me. La situazione è complicata. Dritto di sotto c’è un salto di roccia. Per uscire dalla parete sono costretto a scendere verso quel salto e fare un traverso appena prima. La valanga che ho staccato ha ripulito la parete e per fortuna mi ritrovo sulla neve vecchia e ben legata. Ne esco fuori. Tutto bene. Quel versante era sopravento domenica… ma la punta della cornice di nuova formazione doveva farmi capire che nei giorni precedenti il vento girava proprio dall’altro lato. Torno su… Meglio lasciar perdere i versanti a est… a ovest trovo un altro canale che parte dall’arrivo dell’ancora. Arrivo all’imbocco. Faccio una buca per vedere la stratigrafia della neve. Spingo e salto con la tavola per vedere il comportamento. Sembra sicuro (ma chi può dirlo al 100%?)… mi butto dentro con il cuore in gola. Bella pendenza e qualche roccetta da evitare. Tutto tiene…ma soprattutto una goduria disumana. Allora via per la 2°,3°,4° volta…sempre intonso ed evitato da altri che inizialmente si avventuravano sulle mie tracce. Sono stanco. Decido di rientrare ad Andermatt lungo il Fensental… un fuoripista che conosco molto bene. Facile il primo pezzo, ma quando arrivo nella zona più ondulata la neve si fessura subito al mio passaggio anche ad inclinazioni davvero modeste. Per fortuna solo piccolissime slavine che si muovono per pochi metri. A questo punto mi sono già dato del coglione diverse volte… Ci sono gruppi di sciatori sopra e sotto di me. Vedo tutti un po’ nelle stesse condizioni, ma loro non sembrano preoccuparsi più di tanto. Il tratto finale della valle è spaccato in due da un ruscello. A destra la via più rapida per il rientro, ma costringe ad un lungo traverso proprio sul versante più pericoloso. A sinistra del ruscello… non l’ho mai fatta…proviamo. Mi ritrovo in mezzo a tortuose gobbe e onde di neve. Uno spettacolo ed anche un bel labirinto. Mi trovo bloccato e costretto a scendere per una schiena d’asino che non sembra molto stabile. A sinistra un buco e solo oltre, verso destra, un largo piano. Mi butto dentro deciso e subito stacca. Stringo forte tra i denti il tubo dell’Avalung, giro a sinistra verso il buco e poi subito a destra pensando di riuscire a passare davanti ai lastroni. Che ingenuo. Vengo investito in pieno. Mi ritrovo come sulla cera e pattino in giù. Sono sbilanciato ma con una mano riesco a mantenere l’equilibrio. Resto in piedi e finalmente scivolo fuori dal percorso della valanga. Ripeto, poca neve ma ne ero completamente in balia. Più sotto il percorso diventa più complicato. Bisogna zigzagare in mezzo agli arbusti che talvolta sono molto fitti. Trovo una linea che mi porta fino alla strada. Neve strepitosa, gobbe da saltare e ramoscelli da schivare. Arrivo alla strada a 2km dalla macchina. Una breve passeggiata per schiarirmi le idee. Mi è andata bene, meglio non esagerare. Si torna a casa.