lunedì 9 marzo 2009

In Cantiere c’è da lavorare.

Sabato mattina. Ore 6. Stefano dove andiamo? Alagna? Non sarebbe male ma non si sa se aprono la funifor e gli ovetti dal Gabiet, inoltre danno vento e ci saranno più di 3.000 assatanati di powder pronti a sbranare qualsiasi cosa!!!! Cosa si fa? Telefono al Fisio (scusa se ti ho spagliato all’alba) e mi straconsiglia il Tonale.
Alle 8.30 parcheggiamo di fianco agli ovetti rossi della Paradiso. Lì sotto e sul versante invernale hanno già tritato quasi tutto!!!! Meno male che c’è crisi e la gente deve lavorare il venerdì!!!!
Mentre prepariamo l’attrezzatura tendiamo l’orecchio ai discorsi di un gruppetto di locals che si presentano con dei fat ski veramente imbarazzanti (anzi…direi da fuorilegge!). Sembra che il ghiacciaio sia rimasto chiuso e si preveda l’apertura verso le 9.30. Perfetto. Risaliamo e non c’è nessuno. Incredibile. Arriviamo alla seggiovia e sembra che le ancore già funzionino. Sguardo veloce d’intesa e siamo già su. Tutto è intonso e ci aspetta. Che figata!!!!! La prima traccia è lenta e pesante (c’è tanta neve e la pendenza non è il massimo), inoltre c’è un po’ di nuvolaglia che confonde un po’ le cose. Ma già godiamo. Saranno solo 200 metri ma che polvere!!! Alla spicciolata arrivano tutti…ed in pochi secondi tutto è tritato. Ritroviamo quei locals del parcheggio…capiamo subito che dobbiamo attaccarci alle loro chiappe come chiwawa in calore!!! Molti già puntano al Cantiere mentre in lontananza si sentono le cariche per mettere in sicurezza i pendii sopra la statale. I ragazzi saggiamente aspettano a buttarsi di là, meglio far aprire la strada ai primi. Aspettiamo anche noi ma ormai c’è una fila indiana per entrare nel Cantiere che fa impressione. Ancora una discesa tra le ancorette e verso le 10 decidiamo di buttarci in quel mitico vallone.
Si è formato un gruppone di una quindicina di persone. Stefano scalpita. Io non sto più nella pelle. Via! La neve è alta e soffice. La visibilità è un po’ scarsa ma non mi lamento. Curvine, curvone, ognuno può tracciare la sua linea…Dalla punta della mia Legend sbuffi di neve m’investono ad ogni curva, il ginocchio sprofonda nella neve…ed io urlo, rido, godo….
Fine del vallone e primo pegno da pagare: il pianoro ancora intonso! Ah le mie ciaspole lasciate in macchina!
Sprofondiamo fino al bacino…arranchiamo…bruciamo ogni forza…finalmente arriviamo al sentiero. Il peggio sembra finito…lascio scorrere la tavola copiando gobbe e avvallamenti. Una caduta vorrebbe dire perdere la velocità e rischiare di non ripartire. Ma io voglio tornare subito su. Giro a sinistra e….STOOOOPPPP.
C’è una fila tipo casello autostradale il 1° agosto. Sembra che la galleria sia ancora chiusa. Bisogna scavare.
Davanti i ragazzi più volenterosi si adoperano per fare il buco. Dietro, noi scansafatiche, cazzeggiamo. Ci vorrà quasi due ore. Nel frattempo noto come da dietro non arrivi più nessuno. Siamo tutti lì cazzo!!!
Scherziamo per passare il tempo. Inizia a scaldare. La neve inizia a cadere dai rami. Qualche ricciolo scende dall’alto. Siamo bloccati in un punto pericoloso e l’allegria inizia a scemare. Parte una prima colata. Brutto segno. E’ innocua ma ci avverte che bisogna togliersi alla svelta da lì. Seconda colata. Più grossa. Mi passa a 2 metri. In 4 si buttano di lato. Finalmente davanti bucano. Iniziamo a calarci all’interno.
Dentro un buio assoluto. Avanziamo a tentoni fino all’uscita. Anche qui i ragazzi hanno scavato per uscire. Grandi.
Arriviamo giù godendoci anche due curvette in mezzo al bosco in una neve già scaldata. Togliamo la tavola. Non eravamo organizzati per il rientro. Siamo quasi pronti ad incamminarci che ci offrono un passaggio. Vengo stivato nel fondo di una station wagon con altre 5 persone. Arrivo alla macchina e mi fiondo indietro a recuperare il mio socio. Non tolgo nemmeno gli scarponi e, credetemi, guidare con uno scarpone da snow taglia 48 è veramente “estremo”. C’è posto per un’altra persona. Via. S’innesca un servizio taxi cooperativo che permette a tutti di rientrare facilmente e, soprattutto, fa molto freeride. Siamo su. Ancora i ragazzi con i fattoni a coda di rondine…Sgualdrina??? Ceeeerrrtoooo!!!!
Il sole ci regala una visibilità perfetta. La pendenza e la neve incredibili.
Parto a fuoco cercando super curvoni in appoggio.
Là in fondo il pianoro. Cerco la massima velocità. Le gambe s’infuocano. Arrivo a mach 5 sul deposito di una slavina ghiacciata. Sono basso e tutto indietro. La coda rimbalza come un toro scatenato. Non posso permettermi di cadere qui, pena arrancare per ore nella neve fino al bacino. Con una curva mi porto fuori, riprendo il controllo ma arrivo ad un paio di metri dalla traccia e mi fermo. Perdiamo il trenino dei ragazzi. Ci salutano. Per fortuna la traccia del mattino ora era consolidata ed il rientro è più rapido. Ripassiamo dalla caverna. Una terza colata veramente grossa e dura ha portato via 5 metri di sentiero. Se fosse caduta mentre aspettavamo sarebbe stato veramente grave. Ringrazio per la fortuna e la “protezione”…
Arriviamo alle macchine. Questa volta passaggio in un furgoncino “singolare” seduto su una ruota di scorta. Mitico! Altro giro. Ancora su, ancora i ragazzi…loro entrano nel Cantiere a destra, noi ancora una Sgualdrina.
Ora sappiamo dove mollare e dove tenere. A Sinistra il pendio è solo per noi. Via, velocità supersonica. Curve, salti, sbuffi….arriviamo a bomba sul piano e via dentro la traccia ormai dura e scorrevole come una pista da fondo. Ancora giù per la caverna. Ultime curve dentro al bosco. La neve incolla ma sono felice.
Ultimo sguardo indietro. Ultimo passaggio in furgone. Ultime chiacchiere. Io e Stefano ci sentiamo colmi di tutte le sensazioni della giornata. Per le curve, per la neve, per la caverna e per gli amici!
Grazie a tutti voi: al Fisio per i consigli, a Polvo per i passaggi, ai ragazzi per averci mostrato la via, a chi ha scavato, a chi a “supervisionato”, a chi ha tracciato il piano, a chi ha condiviso questa giornata.
Partire in due e ritrovarsi in quindici…anche questo è vero freeride.

lunedì 2 marzo 2009

Andermatt…si aprono mille possibilità.

Se dovessero chiedermi qual è la località che preferisco, risponderei senza esitazioni: Andermatt. Se dovessi pensare quale conosco meglio: Andermatt. Sabato sono rimasto spiazzato! Non solo perché Andermatt mi ha stupito nonostante il caldo, la neve-cemento-liquido, le tracce ovunque e le code in funivia, ma anche per aver realizzato quanto poco conosca di questo paradiso. “Non aver ancora fatto solo il Guspis” non vuol dire non aver fatto un fuoripista, ma significa non conoscere l’altra metà di Andermatt.
Arriviamo di mattina presto verso le 8.00 ma già c’è un gran trambusto. Fa caldo e la neve non è recente. Salendo notiamo con sconcerto che ogni cm2 di neve è stato tracciato. Anche cose “impossibili”. Anche dove per tirare due curve ci si è dovuti mettere a camminare sul filo di acuminate creste. Prima discesa a sinistra cercando qualche linea non troppo martoriata. Subito ci facciamo tentare dal Fensental…anche se è rimasto poco sembra valerne la pena.
Nonostante sia presto e la valle sia ancora all’ombra la neve è già pesante. Facciamo una fatica immane. Arrivati sulla statale una piccola passeggiata verso la funivia per sgranchirci le gambe. Siamo di nuovo al parcheggio verso le 10 quando….ma che fila c’è????Sprechiamo più di un’ora in attesa di salire…meglio non perdere altro tempo. Ci buttiamo subito dall’altra parte.
Risaliamo prima il colletto che affaccia sulla valle del Guspis…poi ci prendiamo gusto a quello scarpinare e continuiamo in cresta fino al punto più alto.
Da lì un panorama di vette innevate e mari bianchi che placidi sonnecchiano nel silenzio, aspettando qualche freerider pronto a lasciare la propria firma.
Osserviamo mille tracce scendere ora verso l’Unteralp, ora verso il Guspis, ora verso…chissà…Calziamo la tavola e ci buttiamo in un valloncello dove riusciamo a tirare due curve nella neve quasi intonsa…pochi metri ma almeno sono nostri.
Il resto del vallone è veramente suggestivo. Scorre via facile sotto le nostre tavole. Raggiungiamo la strada del Gottardo. Fine della corsa. Ci aspettano 6 km di strada in falsopiano. La neve incolla, la traccia s’inclina sul fianco, la velocità non basta. Spingiamo, sbuffiamo, arranchiamo…a forza di braccia come strambi fondisti avanziamo.
Raggiungiamo Hospental. Siamo esausti. Riposiamo aspettando il trenino svizzero che è stranamente in ritardo. Rientriamo sul Gemstock. Dalla cima rimiriamo quelle linee che siamo andati a conquistarci. Siamo soddisfatti.
Con ancora un po’ di forze facciamo due discese al centro. Le abbiamo fatte giusto per farle, ma la neve veramente pesante incollava letteralmente la tavola. Meglio scendere. Rientrando sulla pista nera, ormai scavata, esaliamo le ultime forze. Siamo quasi arrivati. Sono stanco e un po’ demoralizzato. Speravo in qualcosa di più. Uno sguardo alle case con i tetti camuffati dalla neve ed arrossati dal sole al tramonto.
Un ulteriore scorcio di un paese che adoro. So che restano ancora molti altri tesori che mi nascondi. Quindi a presto, Andermatt.