domenica 21 dicembre 2014

Schiltorn da est

Bellissima gita di ripiego causa fortissimo vento da nord.
La partenza è stata singolare...siamo saliti con la Golf dentro un bosco rischiando d'infossarci nel fango.
Parcheggio vicino alla segheria (è una segheria?) ma in realtà potrebbe essere più comodo parcheggiare nel prato alla partenza del Sengchuppa (la stradina iniziale è comoda e in comune) e fare il giro scendendo.
Ad un certo punto si sbuca fuori sui prati molto interessanti: dossi e conche dalla pendenza ideale.
Peccato per la neve ventata e liscia...altrimenti una favola.
In vista della cima si formano come delle terrazze. Risalgo fino all'ultima. Oltre valuto il pendio troppo rischioso.
Mi cambio quando una guida con clienti decide bene di tagliare il pendio sopra di me....nulla si muove ma mi cago addosso.
Scendo tirando giusto due curve decenti...poi sopravvivenza fino alla macchina.

Bellissima gita...sicuramente da rifare con condizioni migliori.




N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

lunedì 15 dicembre 2014

La fatica del papà

Mi ritrovo oggi a completare il blog e sono rimasto enormemente indietro.
Sono talmente indietro che i ricordi sono sfumati e i dettagli si perdono.
Questo è davvero triste perchè quello che mi piaceva esprimere erano delle sensazioni o aneddoti...piccole dis-avventure che potevano mettere in guardia il lettore interessato, evitando d'incappare nelle medesime trappole "d'inesperienza".

Aggiungo che questo blog non era ben visto da alcuni. Come in tutte le cose io vado dritto per la mia strada, contro gli ostacoli.
Devo dire che questo atteggiamento non porta sempre bene...spesso indispettisce...ma chi mi apprezza lo fa sapendo che sono franco e diretto...e mai le manderò a dire.

Scrivo questo perchè questo blog cambierà...diventerà più sintetico. Appunti di viaggio. Per me e per voi. Per non lasciare scappare le emozioni e mantenere vivi i ricordi ma, soprattutto, per non smettere di sognare e puntare a progetti sempre più ambiziosi.

sabato 13 dicembre 2014

Aggiornamento Istruttori

Le condizioni della neve peggiorano sempre più. Dopo un inizio scoppiettante la stagione si è bloccata per quasi tornare indietro. Caldo e vento hanno fatto disastri.
Con queste premesse la voglia di fare 2 giorni ad Andermatt non era delle più alte ma l’idea di ripassare le fasi del soccorso in valanga e, soprattutto, di stare con il gruppo in rifugio ha compensato il meteo pessimo.
Primo giorno salita al Pazolastock. Rispetto alla prima volta che salii il Pazola la condizione neve è totalmente diversa. Placche dure e traversi infidi hanno messo a dura prova le split di tutti.
Finalmente in cima veniamo schiaffeggiati da un vento fortissimo. Ci cambiamo trincerati dietro la capanna.
Discesa su neve cartonata e placche insidiose. Sganciare una valanga era abbastanza probabile, quindi inserisco la sicura e scendo tranquillo. Tutto sommato sciata accettabile.
Campo ARTVA. Facciamo una ricerca di gruppo. Ci si divide in squadre. Ad un certo punto mi ritrovo a dare una mano nella ricerca a croce di un travolto ma non riusciamo a trovarlo. Eppure che siamo vicini. Scaviamo un po’ e allarghiamo il campo ma nulla. Ecco l’eccezione alla regola. Eravamo a 0,4. L’artva così vicino non riesce a darci un minimo definito. Inoltre scavando ci siamo portati sotto l’artva. Ecco perché non lo trovavamo nonostante avessimo trovato il minimo. Certo la conformazione del terreno era particolare (una conca e un dosso) ma non così lontana da un potenziale caso reale.
Serata alla Camona di Migheals davvero notevole. Cibo ottimo. Piena di scialpinisti (un sacco di ragazze in split…ma dalla bellezza teutonica). Peccato aver dormito nulla per il forte dolore alla spalla e lo spazio angusto per chi è più alto di 1,80 mt.
Giorno due. Meteo pessimo. Voglia zero. Energia – 1000. Prima di partire facciamo un bel esercizio che si rivelerà fondamentale. Due gruppi compilano la lista delle fasi del soccorso in modo da non perdere i pezzi.
L’Angelo commenta giustamente che la modalità del soccorso cambia molto se si tratta di un grosso gruppo (dove ci si divide i c compiti) a un gruppo piccolo (dove tutti fanno tutto). Quindi la cosa importante è applicare le regole con flessibilità e capendo il meccanismo…altrimenti non funziona.
Provo a ri-elencarla a beneficio di chi legge:
1.      Individuazione del direttore del soccorso (solitamente il più esperto, autorevole, lucido e meno coinvolto emotivamente).
2.      Individuazione di una zona sicura dove raccogliere i superstiti, il gruppo e i materiali (da considerare l’intervento dell’elicottero).
3.      Il gruppo prepara pala e sonda. TUTTI devono spegnere gli ARTVA (meglio controllare che i superstiti abbiano spento)
4.      Il direttore interroga i superstiti per capire quanti siano stati travolti e le dinamiche della valanga. Soprattutto bisogna capire: quanti travolti; con artva acceso, quale l’ultimo punto dove sono stati visti i travolti (per limitare il campo di ricerca).
5.      Subito parte un gruppo per la ricerca vista udito con ARTVA in search (importante segnalare e mettere in evidenza ogni oggetto rinvenuto sulla valanga ma, soprattutto, verificare se a quell’oggetto è attaccato il corpo di un travolto)
6.      Contestualmente una persona s’incarica della richiesta di soccorso (cellulare, radio, rifugi vicini, ecc)
7.      A seguito del gruppo vista udito parte un gruppo di ricerca ARTVA (primo segnale, ricerca, croce, sondaggio)
8.      A ruota parte un gruppo di spalatori (la fase di scavo è diventata più importante  rispetto alla ricerca in quanto ora con gli apparecchi digitali si arriva sul travolto facilmente, mentre il disseppellimento è più lungo. Utile la tecnica a V o del nastro trasportatore perché anche questa fase sia organizzata ed efficiente).
9.      Bonificata la valanga si può considerare di procedere ad un sondaggio di fino o terminare il processo

Mentre aspettiamo il gruppo di milanesi che arrivano in giornata, facciamo un secondo campo ARTVA. Mi ritrovo nella stessa situazione del giorno precedente ma, questa volta, non cado in errore. Allargo subito il campo con la pala e cerco un minimo alla distanza giusta per cui l’apparecchio ancora riesce a dare delle differenze. La sonda è meno utile in quanto c’è poca neve su ghiaccio, rocce, erba…e la pala di plastica sopra l’artva non sembra proprio un corpo. Dopo poco troviamo l’apparecchio, lo diseppelliamo e spegniamo il segnale. Questa volta tutto è andato bene e veloce.
Per fortuna saliamo la cima sopra il rifugio (Piz Cavradi) per poche centinaia di metri…poche…a me è sembrato di non arrivare mai. La simil cima è spazzata dal vento. Mentre aspettiamo che si ricompatti il gruppo il gelo penetra nelle mie ossa.
La discesa è su crosta cartonata prima e neve ondulata e ghiacciata poi. Sopravvivere con uno snowboard rockerato è quasi impossibile.
Chicca finale: rientro per la stradina occupata da detriti di valanghe (una gioia con la tavola) e risalita al passo.

Ad ogni modo sono felice di questi due giorni. Mi sento più affiatato con il gruppo e ripassare questi argomenti è fondamentale. Sarebbe da farsi anche con il nostro gruppo di amici, a inizio stagione, magari approfittando di queste condizioni non proprio idilliache.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

domenica 7 dicembre 2014

Piz San Gian per l’Ova Cotscha

Questa gita è entrata nella lista di quelle “da fare” l’anno scorso vedendone lo sviluppo dal Piz Mezdì.
Sarebbe stato bello trovare le condizioni di allora ma ci dobbiamo accontentare di pochissima neve, ghiacciata in basso, una bella spolverata in alto ma nebbia fitta.

La giornata parte un po’ così. La solita buona colazione a Chiavenna, il freddo al parcheggio (non così freddo invero), la ricerca dell’attacco della gita.
Poi si sale. Silenzio, fatica e tante aspettative. Bene queste non sono mancate. L’ambiente surreale mi fa sprofondare nei miei pensieri. Sono con gli amici di sempre e solo questo vale la trasferta.
Sbuchiamo fuori dalle nebbie che ancora invadono la valle.

Arriviamo ad una prima strettoia. Già fin qui ho fatto l’equilibrista su passaggi un po’ al limite per la mia split. Stacco e salgo a piedi.
Secondo pianone.
Come formichine vedo numerosi skialper puntare alla cima ormai in vista. L’affollamento non mi è mai piaciuto e questa è una classica della zona. Ma in periodi di vacche magre ci si accontenta e chi lo sa fare…si sa.
Secondo canalino…split in spalla e via veloci. Sento la fatica. La seconda di stagione e tra i vari togli e metti non è proprio continua. Ma la gita è perfetta per lo snowboard, pendii ripidi e continui.  Mi guardo attorno in cerca di una linea…diversa. Forse una ce n’è.
Arriviamo in cima e il vento mi paralizza le mani. Ci metto la solita vita nel prepararmi e il freddo mi attanaglia. Anche questa volta fatico a godermi la cima preso dal sistemare tutte le cose. Il cambio d’assetto è ancora il tallone d’Achille più grave di questo sistema che ho imparato ad amare profondamente nonostante alcuni difetti.
I ragazzi iniziano a scendere. Io mi porto a sinistra dove tutto è vergine. Punto ad una sella che dovrebbe essere l’ingresso di un canale visto in salita. Mi sbaglio e finisco comunque su un bel pendio tra le balze.
Per non sbagliare aspetto che Mise passi sotto. Si il passaggio c’è. Mi lancio e tiro una bella linea tra le balze. Questa vale la giornata…anche se inizio a interrogarmi del perché devo sempre cercare qualcosa di più, di diverso…

Il resto della discesa è stato tra bello, piacevole, mediocre, sopravvivenza…più si scendeva più la neve diventava dura e difficile.

 Ad ogni modo una bellissima gita e ottima compagnia…e la solita merenda di nuovo a Chiavenna.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 22 novembre 2014

Maderhorn da Rottella

Dopo l’avvio di stagione scoppiettante a Cervinia, cerchiamo il bis in zone particolarmente amate: Rothwald.
Al parcheggio pochissima neve e impianti chiusi. Questo ci permette di salire senza trambusto ne confusione anche se, vista la scarsità di opzioni, in diversi sono sullo stesso itinerario.
Oggi sono riuscito a riunire un bel gruppetto. Stefano. Alessandro. Tommaso. Poz. Matteo (conosciuto al Chubodenhorn) e altri amici dalle gambe d’acciaio!!!
Saliamo veloci e senza mai fermaci. 

Ad un certo punto mi chiedo se quelli lì avranno intenzione di fare una pausa o tireranno fino in cima. Del Poz già so che non c’è da fidarsi ;-)
Infatti sale, scende, fa una cresta…insomma lui fa due gite in una mentre io soffro la “prima” di stagione.
Mentre salgo noto la bella parete del Wasenhorn e il bel canalone che scende. Potremmo entrarci dalla cresta. Detto fatto puntiamo lì.
Arriviamo all'ingresso dopo un traverso infido.

In alto neve crostosa e lavorata dal vento. Guardando dentro e più giù non sembrava meglio.
Iniziano le discussioni e il gruppo si sfalda. Inoltre molti avendoci visti iniziano ad accalcarsi per scendere fregandosene che siamo arrivati per primi. Mattia e gli altri spingono per scendere. La neve è cartone.
Noi dietro front. Rifacciamo il traverso e ci ributtiamo nel vallone principale ma entrando tutto a destra dove era intonso.
Parto per primo dal punto più alto. La neve è una bomba nonostante il sole.
Tiro più che posso, mi riempio di gioia. Guardo la mia linea e godo. La giornata è conquistata.

I ragazzi scendono urlando e citando vari Santi a vario titolo ma il sorriso è comune.

Rientriamo tramite la solita boschina di Rotwald sempre appagante. Trovo una linea tutta interna rispetto al solito, molto vicina ad una forra che ignoravo. Arriviamo sulla strada a un centinaio di metri dal parcheggio.

I ragazzi sono già ripartiti. Mi spiace se han trovato brutta neve ma a volte bisogna tornare sui propri passi. Idee e intuizioni ben vengano, ma sempre verificare!!!

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

domenica 16 novembre 2014

Cervinia roks&pow

Finalmente ci siamo. E’ arrivata. Ed è tanta…solo in alto ma ce n’è.
Quando a novembre bisogna iniziare la stagione, c’è un unico spot: Cervinia.
Siamo una bella carovana di amici…tutti skialper e pochi freerider ma la voglia di discesa è superiore a quella della salita. Arrivando verso Cervinia veniamo bloccati a pochi chilometri dalla neve sulla strada.

Montaggio delle catene migliore delle Formula 1.
Finalmente arriviamo al parcheggio e orde di persone assaltano gli impianti. Facciamo 1 ora di coda prima di salire e già mi pento d’esser qui e non a pellare in una zona isolata.
Usciamo sul Plateu. Ottima scelta quella di non fare l’internazionale poiché dall’altro lato tutto è spelato e tirato dal vento. Ma qui sotto sul Ventina c’è della polverella. Troppa gente che si butta a cazzo. C’è ressa. Non vedo se ci siamo tutti…se siamo tutti pronti ma già in troppi mi sono passati sulla testa sverginando prtoprio la mia linea tutta sulla destra. Impossibile trattenersi oltre. Parto ed è tutta per me. Una liberazione far scorrere la tavola appena sciolinata nella neve profonda e leggera. E' passato tanto tempo e mi mancava. Faccio tutto un tiro senza stop. Una scorpacciata atomica. Sarei quasi a posto se non ci fosse molto di più da fare.
Torniamo su e puntiamo altre tracce. Si chiama Carlo? Boh…non è la linea dell’altra volta ma molto più stretta e in piedi. Uscita da scovare sulle rocce ma si passa. Neve stupenda.

Altro giro. Ci spostiamo un po’ più in là. Ormai le cavallette hanno trifolato per bene ma sul costone c’è ancora un po’ di spazio.

Ancora su. Cerchiamo di buttarci nel Teodulo dall’alto della stessa variante ma non si passa. Scendiamo sul costone a filo con il precipizio quando una traccia divalla a destra. Io e Musa valutiamo…ma tempo zero sono dentro. Pendio bello sostenuto e all'ombra. Fatico a valutare l’uscita e scendo troppo rispetto alla traccia. Mi ritrovo su una piccola balza ma continua. Stop non si passa. Inoltre la poca neve scivola sulla roccia liscia. Opto per una soluzione fantasiosa: tavola piatta sulla roccia e salto. Purtroppo frullo un po’ nell’atterraggio ma sotto è morbido e zero problemi. 

Da qui riesco ad indirizzare gli altri su un salto più netto e facile. Piano piano passano tutti. Anche una coppia che ci ha seguito ignara in qualche modo supera l’ostacolo (credo che abbiano divorziato a sentire le urla di lei).
Alessia è un po’ ammaccata. Marcello lo vedo teso. Mi spiace aver guidato il gruppo in un posto così del cavolo ma ero convinto di finire nel Teodulo e non su uno spigolo che si forma dal costone. 

Alessia smorza la tensione ed io ringrazio. Sei una grande!!!
Altro giro. Questa volta prendiamo il Teodulo dall’ingresso classico. Ma ormai le gambe sono molli e i troppi passaggi hanno smorzato l’entusiasmo.

Ormai il freeride è così: tutti dentro e in fretta. Non si riesce a godersi la linea e il momento, già rivolti alla prossima discesa. Ad ogni modo ce la siam goduta. Ottimo inizio. Adesso ho bisogno di spazi vergini e isolati…almeno fino alla prossima grossa nevicata.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 26 aprile 2014

Nord Cadini - rocks&ice

Secondo giorno ai Forni. A fatica ho recuperato le forze dopo la mazzata di ieri. In realtà non sono così sicuro di essermi ripreso ma la partenza ad un orario più umano e il ritmo meno indiavolato aiutano.
Oggi più nuvoloso,  per contro le sfumature del cielo s' intensificano.
Sono felice d'esser qui con i ragazzi,  per alcuni è la prima volta, per me la quinta, ma mai stanca essere in questo paradiso. Saliamo rapidi sul buon rigelo. Supero due punti duri e faticosi, così mai metterò i rampant salendo fluido e veloce. Incontriamo vari gruppi. Qui è certamente sovraffollato ma, per fortuna, solo noi e altri 4 puntiamo alla nord della Cadini. 

Questo secondo gruppo si spacca in 2. Le ragazze smaniose di salire la nord mollano i compagni e si agganciano al nostro treno, più rapido e deciso.
La parete è lì...dopo 1 ora sembra d'essere arrivati e invece ancora 40 minuti di marcia ci separano dall'attacco.
Alla base la pendenza svanisce così come la preoccupazione. 

Le facili peste dei molti che ci hanno preceduto indicano la via. Salire risulta molto facile almeno fino a metà parete. Da qui il vento ha ricoperto le tracce e bisogna ribatterle. Ale farà un ottimo lavoro. Prende un ritmo himalayano e non mollerà...so cosa vuol dire...solo ieri ho provato la stessa cosa...infatti come me, uscito dalla parete, è esploso esausto.
Ringrazio per la traccia,  oggi mi faceva comodo tenere i remi in barca.

Continuiamo per la facile cresta fino alla cima. Purtroppo le solite nubi, oggi più grige e fitte, non ci permettono di godere a pieno del panorama. Non resta che scendere prima che peggiori.
Da dove? La nord è crostosa e trita dai passaggi precedenti. La normale comoda ma già sfruttata.
Però salendo avevo visto un passaggio tra le balze direttamente sotto la cima. La neve è splendida e ne vale la pena. Per superare una piccola divergenza mi offro di andare in avanscoperta ma niente. Ci separiamo. Entro cauto sulla calotta ma la neve è via via migliore...perfetta...quindi mollo i freni e me la godo tutta. C'è ancheun filo di sole a rendere la discesa perfetta. 

Peccato che sono troppo concentrato a scendere e manco il ramo di sinistra, meno pendente e continuo. Mi porto nella strettoia ma, ormai,  non vedo alternative. Arrivo su un piccolo salto di 1 metro al massimo. Ci sono rocce fuori e poca neve. Salto?  Potrei ma sotto vedo degli speroni. Disarrampico? No si scivola troppo. Ok vada per la cinghialata. Scivolo dentro la strettoia raschiando lo snow contro le rocce mentre con le mani mi tiro su degli appigli. Passo con la tavola e mi lascio andare...raschio ancora (meno male non ho saltato) ma sono fuori. Sotto il perfetto conoide di polvere compressa è la giusta ricompensa alla mia testardaggine. Arrivo alla base della nord ad aspettare i ragazzi. Mi godo il sole. Mi godo la mia linea.
Il rientro è il solito fun park fatto di toboga e salti naturali.
Siamo tutti abbastanza soddisfatti.  Birra stesi al sole e 4 cazzate in allegria la ciliegina sulla torta.

Gran gruppo,  gran gita.

Video:

venerdì 25 aprile 2014

Nord Ovest Palon de la Mare – senza parole.

Con l’ultima gita penso d’aver toccato l’apice della frustrazione. Inoltre i bei piani sul ponte del 25 Aprile, da lungo elaborati e sognati, sembrano infrangersi contro un’inaspettata recrudescenza invernale. Dopo un Marzo di sole stabile ma con poco tempo libero, aprile si presenta particolarmente capriccioso e inaffidabile.
Disdico i 3 giorni a Santa Caterina per Pasqua e mi mangio le mani per la domenica super e condizioni spettacolari che hanno trovato (chi ci ha creduto). Non ho voglia di bruciarmi queste ultime occasioni.
Controllo maniacalmente il meteo. Incrocio le dita e prego tutti i santi protettori. Qualcosa accade. C’è speranza. Addirittura potrebbero saltar fuori 2 giorni. Detto fatto. Ci organizziamo per salire ai Forni.
Peccato che chi per un motivo, chi per un altro, tutta la truppa molla ed io mi ritrovo a guidare da solo alla volta di Sant Antonio. Per fortuna ho una vasta rete di amici…scoprin scoprendo vien fuori che i ragazzi di Cinisello stanno salendo anche loro in Alta Valtellina. Chiamo. Nord del Pasquale. Sono con voi.
Ritrovo per le 3.30!?!?!?!! Ma non è troppo presto???
Evidentemente si…perché alle 3,30 ci sono solo io al parcheggio dei Forni…solo come un ciula. Non mi è arrivato l’sms del cambio programma…partenza posticipata alle 5.00…ma lo scoprirò solo nel pomeriggio. Dopo 50 minuti mi rompo di aspettare a vuoto…e parto per la mia gita…quella che già volevo fare ma, da solo, ero un filo pensieroso nell'affrontarla.
Subito imbrocco il sentiero palinato che porta al Branca. La via è illuminata dalla sola frontale. Intorno è nero pece e le proporzioni si dilatano. Lontano due fioche frontali sembrano fluttuare nel vuoto.
Ogni tanto mi giro a guardare il parcheggio, ormai lontano, ma lo vedo ancora spento. Mah. Mi giro e smetto di pensare al disguido…evidentemente il karma vuole così…ed io assecondo.
Piano piano il riverbero del nuovo giorno schiarisce il cielo. Spengo la frontale e m’immergo nei giochi di ombre e nelle sfumature del cielo, prima rosa, poi rosso, arancio e azzurro.

Raggiungo le lucine lontane. Due bergamaschi con la stessa idea. Li supero salendo ancora con le pelli al centro del canale finchè non diventa troppo ripido.
Picche e ramponi. Inizia la lunga salita. Non c’è nulla di tecnico nonostante la pendenza via via più forte. E’ solo questione di gambe e cuore. Pestare e salire. Cercare di non sfondare troppo perché sotto una fragile crosta c’è neve inconsistente. Braccio braccio, gamba gamba…respiro. Guardo su…il colle sembra non arrivare mai. I ragazzi si tengono ben dietro e non mi danno il cambio. Passano sulle rocce. Alla fine mi recuperano e vengono premiati per la scelta. Ma io resto qui dentro a saggiare la neve a capire poi dove scendere e come scendere…e già godo all'idea di surfarmi questi 30 cm di neve compressa.
100 passi stop…150 stop…200 stop…questa tecnica paga…mi concentro un passo via l’altro. 

Le sole 3 ore dormite si fanno sentire. Alla fine esco fuori, esausto. Crollo sulle mie ginocchia felice di rimettermi la split ai piedi. Manca pochissimo in leggera pendenza…ma sono distrutto. Arranco lungo la larga cresta fino alla cima.
Subito arrivano le condense. Mi preparo. Recupero le forze. I ragazzi non se la sentono di scendere e optano per la normale. Il timore svanisce immaginando la discesa. Parto. Pochi metri e si apre il sole. Lascio le tracce e inizio a sciare la facile calotta. Qui spolverata su ghiaccio blu/nero. Rallento, controllo. Cerco l’imbocco facilitato dalla traccia di salita. Per assurdo è qui che non bisogna sbagliare.

All'ingresso mi siedo. Contemplo. Ora è il mio momento, qui e adesso. E’ in momento di gustarsela tutta. Entro cauto, prendo confidenza. La pendenza c’è ma non mi spaventa. La neve è facile e questo aiuta. Accelero…sempre più…curvo…sempre più…il cuore scoppia in un urlo di gioia. Libero gli ultimi freni e parto divorando tutto il pendio. Ingordamente passo da un lato all'altro in cerca della neve migliore. Curve larghe…poi strette…slush che tagliano la strada…pochi secondi dilatati all'infinito nei miei ricordi. LA DISCESA. 

Il resto è un bellissimo rientro ma non importa. Contano solo quei secondi a 200 all'ora giù per una parete vergine corteggiata poco, ma amata a lungo.

Video:



venerdì 18 aprile 2014

Grignone side2side

Venerdì 18 l’azienda chiude. Ottimo. Meteo…brutto. Starno. Gira che ti rigira non sembrano esserci molte alternative. Quindi opto per una meta inusuale…direi “fuori stagione”…il Grignone.
A vederla da casa mia sembra ancora ben innevato. La est prende sole quindi dovrebbe remollare. Inoltre è vicina e il meteo dovrebbe guastarsi più tardi. Deciso. So che dovrò spallare fino al Pialeral e svegliarmi comunque presto. E salire da solo.
Mi chiama il Poz. Senti siamo allineati sul Grignone…ma vorrei fare questa via…via dell’Inglese…(ghiaccio e misto a 65°)…ehm…non è proprio nelle mie corde Poz. Non voglio rischiare di rimanerci dentro…ho bisogno di chiudere una bella gita.
Discutiamo un po’ e alla fine ne esce un bel programmino. Salita da Cainallo (almeno tutta innevata) e discesa della est sul Pialeral; risalita in cima e discesa dal lato nord. Dislivello totale…meglio non pensarci.
Partiamo da Cainallo verso le 6.30 e il cielo è già velato. Fa freddo e la neve è durissima. Il lungo traverso è noioso e in alcuni punti “delicato” ma si và via facili. Finalmente arriviamo al Rifugio Bogani e calziamo le mezze tavole. Inizialmente risaliamo bene ma su un dosso veramente incazzato inizio a scivolare e perdere grip. Metto le lame e salgo bene. Poz con tanto si scarpone soft (anche se Fitwell) e alzatacco sale bene senza rampant. Una sensibilità del genere con la split non l’avevo mai vista. Sono davvero stupefatto. Ma d’altronde sapevo d’essere in giro con un personaggio d’eccezione.
Arriviamo sotto la cresta. Qui la traccia è stretta e pedonata. Troppo scomodo proseguire con le pelli. Rimettiamo le tavole in spalla e saliamo con i ramponi. 

Scelta azzeccata…in pochi minuti arriviamo in cima al Rifugio. 1200 metri bevuti in poche ore (vabbè secondo lui abbiamo cazzeggiato e parlato un po’ troppo, ma io sono contento della performance). Rifugio parzialmente aperto ma non c’è nessuno. Ci scaldiamo nei piumini e con un po’ di caffè aspettando che il timido sole faccia il suo dovere. Nel mentre arrivano alcuni ragazzi a piedi.
Inutile indugiare. Calziamo le tavole e ci buttiamo su pendio giusto sotto i pannelli solari. Duro. Un filo di granita superficiale ma, sostanzialmente, duro. Più sotto pure rigolato. 

Per fortuna verso i 2000 metri la neve inizia a smollare e tiriamo belle curve. L’ambiente è magnifico. Il vallone della est offre numerose linee e interpretazioni. M'immagino farlo con 20 cm di polvere…uno sballo.
La neve arriva a 1500. Tavole sugli zaini e traversiamo a piedi. Meno male che non sono salito dalla Chiesetta altrimenti sarebbe stato quasi tutto portage.
Rientriamo a piedi dai Comoli. Per pigrizia non pelliamo…ormai, sforzo più sforzo meno. Saliamo il muro del pianto…capisco il perché di questo nome. Vado diverse volte in crisi. La fatica inizia a farsi sentire. Le gambe ci sono ancora ma sono le spalle a dolermi. Devo attuare una strategia. Conto 100 passi e mi fermo. Poi 120. Poi 150…arrivo finalmente sulla cresta. Il più è fatto.
Risaliamo verso il rifugio guardando il nevaio e il passo Zapel sui quali incombono delle cornici spaventose. Parte di queste sono già crollate, parte hanno fessure pazzesche e crolleranno appena tornerà il caldo. Altre sono lì, come terrazzini instabili. La traccia passa proprio sopra. Forse ci sono passato anch’io. Oggi è tutto congelato ma bisogna fare attenzione.

Raggiunto il rifugio c’è Alex che ci accoglie. Una lemonsoda e una fetta di torta mi corroborano. Ci consiglia di scendere per il nevaio, bisognerà risalire 50/100 metri ma ne vale la pena. Ormai le gambe vanno per inerzia.
Traversiamo sotto i meringoni e ci buttiamo nel vascone che porta allo Zapel. 

Qui troviamo pochi cm di moquette (credo brina) che ci regalano LA sciata. Certo, siamo dei buongustai e la powder è un’altra roba…ma vi assicuro che non è niente male. Peccato che le gambe siano al lumicino perché tra dossi, salti e contropendenze è una discesa da urlo!!! Non avrei mai pensato di trovare un’ambiente così a pochi chilometri da Milano. Arriviamo all’imbocco del canale. La voglia di buttarcisi dentro è tanta…ma la ravanata sarebbe totale. Next time.

Con i sorrisi tornano le forze per rimontare il dosso. Seconda parte di discesa verso il Bogani altrettanto bella e varia. Poi il lungo traverso sciato fin dove abbiamo potuto. Poi game over…tavola in spalla e rientro (non tutto in discesa). Rientro eterno e lunghissimo…sembrava non finire mai. Arrivo alla macchina talmente stremato che, per assurdo, non mi sento nemmeno stanco. Probabilmente perché mi sono finalmente sfogato!!!
Grazie Poz per avermi fatto vedere la Grigna da almeno 4 vie diverse. Davvero una bella giornata.

Finalmente l’ho scesa. La montagna che mi saluta tutte le mattine prima di andare al lavoro. La montagna che quando s’imbianca segna l’inizio della stagione. La montagna semplicemente dietro casa…è uno dei luoghi più belli che ci siano in giro. C’è di tutto e di più. Non vedo l’ora che arrivi il prossimo inverno per trovare la neve giusta per poterti godere al 100%. Nel frattempo continuerò a salutarti da lontano immaginandomi lassù, quel momento.

sabato 12 aprile 2014

Bocchetta di? Booh…val.

Sono passati 10 giorni dalla “bastonata” al Campo Tencia e ancora mi pesa la frustrazione per aver sottovalutato la gita (nonostante numerosi avvertimenti) e non aver chiuso la cima.
Avrei dovuto mantenere il mio programmino e rispettare i tempi…adesso è tutto saltato e le condizioni non sono il massimo.
Vabbè, rimescoliamo le carte. A guardar bene si potrebbe fare il Sengchuppa in 2 giorni (giusto perché ho assimilato la lezione) dormendo al De Zen. Ovviamente spendere una notte a 3000 per “solo” 600 metri il giorno dopo mi sembra un po’ sprecato, ma a guardar bene si potrebbe scendere sul versante ovest fino ad un colletto a quota 3000. Di qui ripellare e scendere integralmente la est.
Il programma mi piace. Inizio a organizzarmi. Bisognerà portare su un minimo di materiale visto che il bivacco è giusto una scatola di sardine. Bisogna trovare le persone….ma sono tutti impegnati con Sa2/Sba2.
Mi scateno interpellando tutta la mia rete di conoscenze…e alla fine convinco Tex.
Sono contento di aver organizzato…ma non passa nemmeno un  minuto che arrivano degli “ordini di scuderia”.
Questo w-end è l’ultimo per me per partecipare come OS al corso Sba2 dove ci sono almeno due ragazzi con la split. Inoltre mancando l’ultima gitona del 1 maggio questa sarebbe anche l’ultima chance di stare con tutti i ragazzi. Mi spiace paccare Tex dopo che l’ho tirato scemo per convincerlo, ma la scuola chiama ed io rispondo.
Direzione Capanna Boval. Il posto è tra i miei preferiti tanto che ho progetti per il 25 aprile.
Pensavo che sabato si potesse salire il Palù per raggiungere la capanna dalla sua bellissima discesa.
No. Sabato si sale con molta calma dalla stazione del Morteratsch. Però noi OS siamo in qualche modo indipendenti. Non possiamo vederci in capanna? No, sai com’è c’è da ripassare i paranchi….
Vabbè…vita da scuola. Ed i effetti ho finalmente capito il meccanismo della carrucola quindi not bad.
Inoltre sabato è proprio una brutta giornata con nuvole che chiudono le cime. Il Palù non si sarebbe comunque fatto.

Arriviamo in capanna appena prima che inizi a nevicare. La capanna ha una vista splendida ma per il resto è un po’ un cesso. Il gestore è anche simpatico, ma gli aiuti sono un po’ troppo svizzeri. Ad ogni modo fioccano le birre (che costano meno dell’acqua) e il clima si scalda.
Diamo il meglio/peggio di noi tanto da essere richiamati più volte dagli altri avventori a mantenere i toni più bassi. Ad ogni modo grosse risate con gli amici più cari.
Domenica. Sveglia presto. Nevischia e nuvole basse. Puntiamo una cima vicina al Piz Morterasch (metà dell’Sa2) ma la salita è in comune. Si passa tutti da una forcella che solo Gianni conosce (in realtà ce l’avevo marcata sul gps). Ci ritroviamo su pendio ripido in 3 classi (era presente un’altra scuola con la stessa idea)…70 persone a piedi, sci in spala, a fare un passo alla volta. La finestra di sole tanto sperata è apparsa per poi richiudersi (Umberto non sarai mica tu a menare gramo?)…insomma bloccati ni fila con nuvole e vento freddo. Top.
Raggiungiamo la bocchetta. Dietro un pendio ripido e vierge. In prospettiva tutto nebbioso poiché le nuvole s’incanalavano e non permettevano di vedere la cima. Ma la visibilità era la medesima di dove eravamo noi, ne buona, ne pessima. Il gps segnava precisamente che eravamo alla forcella Boval e sulla corretta via di salita, ma i “boss” hanno discusso per almeno mezz’ora e non ho capito, da lontano, se pensavano di aver sbagliato strada o meno. Ad ogni modo non c’erano le condizioni per proseguire. Si scende. Stessa fila indiana infinita.

Sotto di me un pendio ripido con 30 cm di farina. Lucone scendiamo con le tavole?...Magari…ma non si vede una mazza e il pendio è esposto…e siamo con gli alunni. Right…
Finalmente calziamo lo snow. 10 curve fighissime…poi duro. La neve non remollerà ma almeno è liscia come un biliardo.
Ci buttiamo su una via diretta che, onestamente, non saprei dire se ha pagato o meno. Non abbiamo fatto il giro dalla Boval ma ci siamo incastrati in un bosco malefico e sulla morena. In qualche modo raggiungiamo incolumi la stradina e il parcheggio.
Ci consoliamo con fiumi di birra e salamini. Verso le 14.00 le nuvole iniziano ad alzarsi a far intravedere i picchi.

Sembra proprio una beffa.
Lunedì sono mogio. I report sul Seng parlano di sole…ma anche di calotta in verglass. Mi consolo un pochino.

Purtroppo il lungo periodo di alta pressino sembra finito. L’anticiclone è compromesso e giusto perché ci avviciniamo alle ferie Pasquali e ponti di aprile/maggio, iniziano i trenini di perturbazioni. Sarà il carma?  Sarà un pesce d’aprile in ritardo? Con gli impegni della Sem da maggio restano poche cartucce…ma viste le previsioni temo non potrò nemmeno estrarre la pistola.

mercoledì 2 aprile 2014

OSAre non vuol dire sbragare…Campo Tencia

Dopo il bel successo al Boshorn sono gasato. Il week end successivo sarà precettato dal compleanno di Massimo per cui scatta il piano B: infrasettimanale.
Secondo il mio programmino mentale sarebbe il turno del Cervandone ma il meteo al Devero non sembra dei migliori. Inoltre c’è una gita appena conclusa da alcuni amici che mi ronza in testa…Campo Tencia…Campo Tencia. Meteo buono. Ci sta. Mi focalizzo talmente tanto su questa gita che escludo ogni altra possibilità. Non mi rendo conto che il meteo al Devero è migliorato. Non mi rendo conto che 1900 metri di dislivello sono eccessivi per la mia gamba. Non mi rendo conto che i 5 km di falsopiano nel bosco avrebbero minato tempi e morale. Ho troppa voglia di emulare i miei amici che sottovaluto totalmente le difficoltà.
Partiamo con Fede e Puppi. Partiamo tardi. 

Contiamo di salire forte e recuperare. Iniziamo in una fitta boschina via via sempre più intricata. Lo sviluppo è infinito. Dopo 1 ora vedo le prime creste e sono convinto di lì a poco di attaccare il canale. Guardo il gps e con orrore vedo che sono solo a metà strada.
Capisco che perderò un’altra ora. Mentalmente ripasso i tempi. Possiamo ancora farcela.
Altra ora. Non siamo fisicamente stanchi, ma non ce la faccio più. Sto impazzendo. I rami in faccia, gli aghi nel coppino sudato, il polline sulla pelle. Ho bisogno di spazi aperti.
Finalmente lasciamo il sentiero e il bosco si apre. Iniziamo a salire bene e in poco tempo siamo di fronte alle cascate di ghiaccio.

Siamo solo noi 3 e lo spettacolo è stordente. A sinistra vedo la via per il Pizzo Forno con il passaggio chiave davvero insidioso. Altra gita da considerare. Noi teniamo la rotta sul Tencia nonostante i bacini superiori stiano già prendendo molto sole. Risaliamo il conoide del canalino nascosto (bisogna veramente avere fede che ci sia, altrimenti risulta invisibile). Trovo una piazzola dove calzare i ramponi. Tolgo una mezza tavola. Provo a togliere l’altra ma il manettino dell’attacco Maruelli è grippato. Con le mani nude mi scivola. Estraggo la pinza ma la posizione non è delle migliori. Mi faccio aiutare dai ragazzi che, con uno sforzo estremo, dopo 10 minuti buoni riescono ad aprirlo. Sono troppo incazzato. Con il senno del poi sarebbe bastato avere un incastro a brugola per sfruttare la leva di una chiave, o un altro sistema di sicurezza. Se fossi stato da solo in un punto pericoloso come avrei potuto fare? Ad ogni modo sono più incazzato per il tempo ulteriormente perso e per la consapevolezza che di lì a poco ne avrei avuto nuovamente bisogno.   
Salgo i 100 metri a 200 all'ora. Esco sulla terrazza e subito mi sistemo. 

Con la pinza elimino il filetto in eccesso. La cosa funziona ma altri minuti preziosi se ne vanno via. La neve è già cotta. Iniziamo a salire ma siamo bolliti a dovere. Rosolati dal riflesso e dal caldo, devastati dallo zoccolo via via sempre più spesso. Iniziano a tracimare spontaneamente alcuni pendii attorno a noi. Sono su un tratto ripido, passaggio chiave per accedere al ghiacciaio superiore. Sulla neve ormai senza legame è impossibile procedere. Vedo un bello scivolo duro. Idea. Calzo i rampant e salgo da lì. Idea azzeccata. Salgo rapidamente eliminando anche lo zoccolo. Mi mangio metri su metri quando per troppa fretta perdo l’appoggio e scivolo sul pendio. 50 metri rovinosi che minano definitivamente le gambe e il morale. 

Rimonto al limite del ghiacciaio (per caparbietà) ma non ne ho veramente più. Non ha senso proseguire, oltre ad essere davvero pericoloso. 300 metri, la vetta è là ma è giusto rientrare. M’inginocchio per sistemare la split e mi crolla la tensione. Per 5 minuti mi sento imbambolato. A fatica mi metto in piedi e sono preoccupato perché il rientro è lungo. Per fortuna bastano le prime curve in neve ancora spettacolare per lo snowboard per farmi riprendere. L’adrenalina è un bel tonico.

Tenuta la dorsale e sganciati bei caramelloni arriviamo al canalino. Lo scendiamo in qualche modo, poi bellissimo conoide e piano finale. Da qui delirio. Decidiamo di non ripercorrere la traccia di salita ma seguire quella di un locale nel bosco. Una traccia folle tra buchi nel torrente e salti di roccia. Ma almeno una traccia in discesa che ci porterà prima verso un bosco rado e intonso, poi ai piani da cui facilmente ritorneremo a Dalpe. Scendiamo lungo il sentiero basso che ci porterà al parcheggio del Crai. La prossima volta meglio partire da qui.

Ad ogni modo una bellissima gita e una bella giornata ma, soprattutto, una bella lezione d’umiltà.


sabato 29 marzo 2014

Finalmente Boshorn

Venerdì ore 17,45. “Ragazzi dai che mancano 15’ al week end!!!”.
Sarà tutta la settimana che penso a questa gita. Dopo quella del corso (sotto la neve) e il prossimo week end precettato dal compleanno di Massimo, questo è IL week end per fare qualcosa di bello, agognato da tempo. Dopo 2 tentativi falliti e tanta voglia di chiudere questa gita, non potevo che non andare al Boshorn.
Venerdì ore 18,00. “Silvia come sei ammalata?”…vedo la gita abortire per la 3° volta ancora prima di partire.
Pedalo verso casa e non nego che tra smoccoloni vari mi sale la frustrazione. Non ci posso credere. Però…ecco l’idea geniale. “Mamma puoi salire a tenere Massimo domani e dare una mano a Silvia?”
Lo so, lei è una santa ed io uno stronzo egoista…ma non potevo mollare il colpo.
Sabato mattina partiamo con Ale, Mise e Nicola. Siamo belli carichi. Tengo basso il piede sul gas…non vedo l’ora di arrivare
.
Come sempre ci sono molte persone su questa classica. Però poche tracce di discesa ma, soprattutto, tracce in neve fresca. La smania sale. Il cielo è già velato nonostante solo pochi chilometri prima ci fosse il sole e cielo blu. Scena già vista. Meglio accelerare.
Oggi cambio di set up: Furberg appena sciolinata e puntale Maruelli. Ci metto diversi minuti per fissare lo scarpone sul puntale. Non comodo ne pratico. Ed ero anche in piano. Mi chiedo come andrebbe in condizioni non favorevoli. Per contro, una volta fissato, è bello stabile e sicuramente non si stacca sui traversi ripidi e duri dove c’è da spingere bene. Ancora presto per capire se è meglio del puntale Dynafit o meno.
Rimontiamo la prima balza quando troviamo dei crateri grigi e neve rigelata e crostata. 

Non ci posso credere quando realizzo che sono colpi di mortaio o cannone. Ricordo di commenti analoghi sul fatto che il Boshorn era usato come poligono…ma in piena stagione skialp non pensavo!!!
Seconda balza. Le nuvole iniziano a trafilare da sud. Studio bene l’uscita del canale diretto (masso quadrato) e sembra davvero una bella linea. Purtroppo il vento da sud accumula proprio all’ingresso (bisognerà bonificare) ma, soprattutto, le nuvole ci ricadono dentro.

Forse vale la pena la discesa normale.
Superiamo la seconda balza e ci portiamo a destra verso la “buccia d’arancia”. Qui il vento cessa, c’è il sole e fa un caldo pazzesco. Sembra di essere su un’altra gita.
Giriamo l’angolo e siamo sulla “buccia”…più di banana che altro. 30/40 cm su fondo durissimo. Le pelli faticano a tenere e solo grazie alla fida Furberg proseguo facilmente.
Siamo in vista dello spallone. Fin qui ero arrivato anche l’altra volta. Nebbia che va e viene ma questa volta l’obbiettivo è la cima. L’ultimo pezzo è davvero insidioso ma non voglio montare le lame per 50 metri.
Finalmente arrivo al deposito sci. 2h45’ in movimento…non male. Ci cambiamo per la parte alpinistica.
Primo pezzo facile…diverse persone che salgono e scendono…finchè arriviamo al punto chiave: una “facile” colonna a gradoni da arrampicare in libera. Per me che non sono molto avvezzo, chiappette strette. Cedo il passo ad Ale che mi condurrà sia in salita che in discesa (grazie).
Finalmente in cima. Finalmente. Anche se avvolti nelle nuvole la soddisfazione è infinita. 

Per fortuna ogni tanto la nebbia si abbassa permettendoci di ammirare Sengchuppa e Nord del Fletschorn (davvero inarrivabile). Che spettacolo. Ok…moh bisogna scendere!

Ritorno al deposito. Ormai visibilità azzerata. Peccato ma, forse, meglio così per via delle numerose pietre nascoste…almeno sono costretto ad andare piano.
Scendiamo con cautela e subito si apre. Mi porto molto a destra come per entrare nel canale. Qui pendio vergine e neve borotalco…ed evito il fastidioso traverso.

Buccia d’arancia in crosta ventata…l’unico pezzo brutto della giornata. Ad ogni modo sulla destra si apre un pendio vergine di neve compressa…ed inizia lo spettacolo. Da qui serie di pendii sempre più ripidi, ampi e intonsi…perfetti per lo snowboard. L’ultimo che butta sui laghi di Sirwolte è commovente.

La neve a destra è più riparata dal sole e dal vento…ma ci potrebbero essere mille linee di discesa.
Dopo l’ultima balza neve più trasformata ma comunque ben sciabile. Slalom tra gli alberelli e, a gambe completamente finite, arrivo in fondo. Che spettacolo. Che gita.

Finalmente Boshorn.

Video:

domenica 23 marzo 2014

Colle della Rossa @Grivola – SBA1

Ultima di SBA1 e dopo 20 giorni di sole pieno e incontrastato ecco che…una bella perturbazione!!!
Ma questa è sfiga…no, di più, questa è iella nera!!! Secondo me c’è qualcuno che l’attira…
Quindi saltano tutti i programmi (Ruitor dal rifugio degli Angeli inizialmente) e si cercano alternative.
Fino all'ultimo siamo incerti, poi una timida speranza. Sembrerebbe esserci una “finestra di bel tempo” domenica mattina.
Ormai siamo in ballo e sarebbe forse più complicato rimandare. Prenotiamo al Vittorio Sella sopra Cogne.
Sabato arriviamo con comodo. Non fa caldissimo ma nemmeno freddo. Cielo velato.
Iniziamo a risalire nel bosco su ripidi pendii. Il sentiero è già mezzo spelato, quindi optiamo per la linea diretta alla Bergamasca sfruttando le lingue di neve. Branchi di camosci ci guardano un po’ intontiti. Si chiedono cosa stiamo andando a fare. Forse anche qualcuno di noi. Ma bisogna crederci sempre.

Usciamo sul piano superiore dove lo spessore della neve è più importante. Manca ancora un bel pezzo al rifugio quando inizia a fioccare.
Ma bisogna crederci. Sarà tutta powder per domani (speriamo visto il ghiaccione che ci sarà per il mancato disgelo).
Saliamo sotto fiocchi sempre più grandi ma fa caldo. Letteralmente mi squaglio sotto al guscio. Guardo freneticamente il gps per capire quanto manca. Ma ecco un bel sasso e un incavo che si prestano a fare una bella truna. Disastro!!! Il sudore si ghiaccia all’istante. Mi metto su tutto quello che ho (piumino sempre a tiro). Ci manca solo di ammalarmi ancora.
Ci passano gli skiers puntando alle brande migliori (in realtà fermi anche loro dopo 50 metri), mentre noi ci accoccoliamo dentro la truna…

Nebbia bassa e umido quando sbattiamo contro il rifugio. Mi cambio al volo e subito giù verso una serie di birre crude al Genepy davvero notevoli.
 Il pomeriggio passa veloce. La cena ottima e le risate scorrono al pari del vino e degli ammazza caffè. Davvero momenti preziosi. Sarà la passione, la fatica condivisa, la magia della situazione, ma si creano delle alchimie davvero incredibili con persone speciali.
Secondo giorno. Nevica. Non si vede una mazza. C’è un po’ di delusione nel gruppo ma la montagna è così…imprevedibile. La finestra e più chiusa che aperta. Iniziamo a salire verso il colle. Poi vedremo.

Fuori 15-20 cm di farina su fondo durissimo. Nel traverso subito fuori i rampant che verranno comodi anche nel canale. La pendenza s’impenna. Le inversioni si sprecano. Nel tratto finale, stretto e ripido, diversi ragazzi s’inchiodano. Ci sono sassi che non fanno mordere bene il rampant. Si scivola. Bisogna fare delle aperture a 180° rimanendo in bilico. Leo guarda dall'alto. Umbi dal basso urlaccia. 

Alla fine, mentre i miei ragazzi passano agili, devo recuperarne uno accartocciato come lo shangai, un altro che gli tremavano le gambe e non riusciva a fare più le inversioni (dai saliamo a piedi, come avrebbero fatto Franco e Alessia di lì a poco…ma no, bisogna soffrire…quindi riattacchiamo gli sci ricevuto l’ordine, e me lo trascino al colle) e arrivo per ultimo anche se prima degli ultimi sciatori.
Mossa indovinata (il sorpasso) ci garantirà la prima traccia sull'altro lato: neve polverosa a go go.
Ci lanciamo. La visibilità è quello che è ma almeno si riescono a tirare belle curve su neve veloce.
I ragazzi sono in gran forma…si vede che godono!!! Almeno siamo stati ricompensati da tanta fatica…i panorami ce li teniamo per la prossima volta.

 Chiudo…giusto per godermi in pace le curve. Arrivo a fuoco su un dosso e tutti si sbracciano. Azz era una placca di roccia liscia. Freno ma ormai è tardi e ci cado sopra sbucciandomi gomito e ginocchio. Mannaggia davanti c’è un pendio strepitoso e immacolato. Franco ha scelto il lato destro per cui io e Manuel abbiamo tutto da tracciare. Sotto A. si è incrodata ma è ok. Aspettiamo ma non riparte subito. Arrivano gli skiers. Famelici. Vedono il pendio vergine. Sento la loro eccitazione. Temo che si possano lanciare a momenti. Eh no…via!!! Sfreccio in basso verso Franco, dietro Manuel, laggiù A. 

La foto la dice tutta, noi che scappiamo incuranti delle allieve in difficoltà…vabbè davanti a un pendio vergine non guardo in faccia a nessuno.
Cazziatone (ci sta)…Quindi retroguardia Aspettando che tutti siano ok. Comunque ancora diverse curve molto divertenti. Ma a volte ne bastano 3 fatte bene che valgono la giornata.
Più sotto tra sci persi e ritrovati, neve pacco e boschina malefica è stata una sciata di sopravvivenza, ma tutti arrivati a casa con quelle 3 curve nel cuore.

Grazie ragazzi, ci siamo proprio divertiti.

Video: 

sabato 15 marzo 2014

Canale ovest Kastelhorn

Sono appena atterrato dopo l’ennesima trasferta invernale (questa volta Cina) e già mi preparo per l’impresa dell’indomani. Ho solo un giorno (l’altro è della family) e vorrei compiere una gita di livello.
Ho fatto una lista con diversi obbiettivi. Niente di stratosferico ma il giusto step per migliorare tecnicamente.
Il Canale Ovest del Kastelhorn è uno di questi sassolini. Condizioni perfette con lunga serie di sole e rigelo per cui neve assestata e sicura. Purtroppo sono da solo ma non mi scoraggio. Dopo 15 giorni tra raffreddori, poco allenamento e trasferte non sono molto in forma ma ho proprio voglia di una gita!!!
Dormo poco ma, almeno, mi alzo prima e prendo un buon vantaggio che si rivelerà fondamentale.
Arrivo al bivio con il Devero e c’è la strada chiusa per pericolo valanghe. Non faccio in tempo a metabolizzare il perché che giusto a 5 km da Riale c’è lo stesso divieto. Non ci posso credere. Ad ogni modo sono arrivato, fa freddo e non vedo cosa possa svalangare ora (forse più rischioso il rientro verso le 13.00…ma ci penseremo poi).
Parcheggio. Poche macchine. Cielo velato e freddo. Mi preparo e inizio a pensare che sarò davvero solo in tutta la valle.
Pronti via e rompo l’attacco dello scarpone. Ma che sfiga. Per fortuna ritrovo il cricchetto nella neve ma impossibile da riparare al momento. Per fortuna ho appena preso delle cinghie…proprio per gestire questi casi…che culo!!!
Salgo veloce fino al rifugio Maria Luisa.
Il cielo è velato e fa freddo. Temo che non smollerà troppo.
Arrivo sul lago del Kastel e lo vedo di fronte a me. Dal davanti incute timore reverenziale.
Vedo alcuni scialpinisti risalire in direzione Basodino. Sono già al colle. Vabbè…non sono proprio solo solo ma saremo in 5 in tutta la montagna.
Supero con diversi Sali e scendi delle doline mostruose…ma c’è un lago sotto tutti questi metri???

Finalmente arrivo al conoide e mi spaventa meno…tanto che lo risalgo per il primo terzo in split.
Ora è più ripido e duro. Carico tutto come un mulo e inizio a risalire con i ramponi.
Nel mentre valuto dove la neve è rimasta più decente da sciare. C’è tutto il lato di destra salendo che ha neve compressa, mentre al centro e a sinistra dei grumi di una vecchia valanga.
A due terzi del canale la pendenza aumenta ancora. Niente di sconvolgente, saremo sui 40° ma ho preferito tirare fuori la picca… un bel sostegno psicologico.
Continuo a salire a zig zag. La progressione è lenta e il fardello sulle spalle si fa sentire. Gli ultimi 100 metri sono su crosta non portante e neve polistirolo. Praticamente gattono per fare un po’ di portanza ma non ce la faccio più. Vedo il colle a poche decine di metri ma sembra non arrivare mai.
Inizio a darmi mini obbiettivi: conto 20 passi e mi fermo…via via fino in cima, finalmente.
Qui un vento fortissimo rischia di strapparmi le pelli direttamente via dalla soletta.
Cambio veloce e via in discesa. Picca in mano. Trovo neve dura, un po’ di moquette ma si scende bene. Certo non è powder e il bello è stato salire. Dopo un po’ vedo che raccordando le chiazze compresse c’è un discreto margine di sicurezza, quindi metto via la picca, che mi rompe nelle curve e basta, e inizio a scendere divertendomi.
Supero la strettoia e mi lancio sul conoide. Qui bella polvere compressa. Peccato che le gambe siano cotte. Mi giro e la mia firma è lì stampata, per quanto flebile, sulla neve.

Ripello 100 metri per riprendere la traccia di discesa quando incrocio il gruppo di svizzeri. La guida mi chiede del canale…aha ah ve l’ho scippato io!!!
Il resto della discesa sarebbe anche bello, con ottimo remollo e pendenze…ma le gambe ormai non ne avevano più e cadevo ogni due curve.
A Riale i bei muri di neve per raggiungere il parcheggio promettono bene. 

Speriamo di toglierci un po’ di questi sassolini allora.

Video: 

domenica 2 marzo 2014

Cima della Bedoletta – Sa1

Finalmente gita di 2 giorni e un bel progettino: Poncione di Braga dormendo in capanna autogestita. Non male…peccato che sto malissimo causa raffreddore devastante…inoltre ho fatto 2 giorni a Parigi sotto l’acqua e al freddo, atterrato di notte il venerdì ho avuto giusto il tempo di salutare a casa e fare lo zaino. Insomma non il massimo.
Sabato mattina diluvia dopo che ha piovuto tutta notte. Ma non doveva essere una “robetta” passeggera?
Partiamo verso il confine quando due classi vengono rimbalzate dal Sempione, chiuso per pericolo valanghe. Non finiamo gli sfottò che SLF indica pericolo 4 proprio in Val Maggia…peraltro siamo stoppati anche noi da una valanga sulla strada.
Fermi in dogana propongo San Bernardino, strutture ricettive e possibilità di fare un paio di gite senza perdere troppo tempo. Ma, mi, mo…passano 2 ore a discutere…”Deciso: si và a San Bernardino!” Cazzo bastavano 5 minuti!!!
Scherzi a parte, siamo riusciti a trovare una capanna autogestita libera. Anche se in paese non è male.
Apriamo la capanna e ci organizziamo alla meglio (pane fresco, cartine della zona, turni per il cibo). Riusciamo a fare anche un po’ di dislivello sotto la neve e tanto di profilo stratrigrafico. 

Mi sento uno straccio e fare 400 metri è stato come salire il K2.
Nottata allegra e schizzo di rotta. Domani Chilchalphorn (classicona). Peccato che il giorno dopo ci svegliamo ed ancora nevica. Sembra aprire ma, come al solito, Hinterein è avvolta nella nebbia. Inoltre il forte vento sicuramente avrà crostato la neve.
Cambio di programma, scendiamo appena verso sud dove è già bello. Decisione giusta o sbagliata che sia (ci sono state un po’ di polemiche in merito) tiriamo su armi e bagagli e ci muoviamo verso la nuova meta: Cima della Bedoletta.
Inutile dire che siamo partiti tardissimo. Inutile dire che abbiamo cannato strada due se non tre volte. Inutile dire che il forte vento a crostato tutta la bella neve che c’era qui anche nel bosco.
A circa metà gita sono molto attardato per accompagnare un’alunna che non ce la fa più (seri problemi agli scarponi). Quel ritmo lento e i due errori di traccia mi hanno segato un po’ le gambe ma, nonostante tutto, oggi mi sento in forma. Sono l’ultimo quando A. esplode. Lei resta in baita a prendere il sole…io parto a recuperare il gruppo di testa. Parto a razzo. Salgo a 200 sudando e sbanfando come un bufalo. Passo tutti in volata e a 300 metri dalla vetta mi ricongiungo con i miei ragazzi. Franco e gli altri skier molto più avanti.

A questo punto sono io ad esplodere: post influenza, ritmo prima lento poi folle…insomma sono fuorigiri ed ora ne pago le conseguenze. Do fondo alla scorta di gellini (anzi, Cri grazie, mi hai salvato).
Pala finale. Mi porto su Paola, Federico e Luca. 

Arriva l’ordine di tornare giù (sono le 14,00) ma mancano solo 50 metri e non esiste che non arrivi almeno al colletto con gli altri.
Metto il turbo e arrivo giusto mentre Franco inizia a scendere. Solito cambio di setup un po’ lunghetto e sono pronto alla discesa. Apro io…mi porto a sinistra del trifolo…solo crosta, ma almeno untracked!!!
Io, Manuel e Ale continuiamo la discesa con i ragazzi. Purtroppo è crosta ovunque e la salita di ben 1500 metri tra errori vari ha tagliato le gambe a molti.
Nel bosco qualche bella curva prima di un traverso infernale davvero no per lo snowboard. A vedere la cartina si poteva tentare il lato a destra della forra (se non addirittura dentro la forra…ma senza allievi magari).
Insomma in qualche modo scendiamo fino a raggiungere Franco e gli altri per una bella prova artva. Ma no dai, è tardissimo e fa un freddo porco!!!
Insomma prova doppia e congelamento garantito: ergo ripiombo nel baratro della tosse e raffreddore che non mi mollerà per tutta la settimana seguente.

Finiamo quasi in notturna…stanchi e un po’ abbacchiati per la neve cartone…ma almeno sotto il sole.

Video: