Le condizioni
della neve peggiorano sempre più. Dopo un inizio scoppiettante la stagione si è
bloccata per quasi tornare indietro. Caldo e vento hanno fatto disastri.
Con queste
premesse la voglia di fare 2 giorni ad Andermatt non era delle più alte ma
l’idea di ripassare le fasi del soccorso in valanga e, soprattutto, di stare
con il gruppo in rifugio ha compensato il meteo pessimo.
Primo giorno
salita al Pazolastock. Rispetto alla prima volta che salii il Pazola la
condizione neve è totalmente diversa. Placche dure e traversi infidi hanno
messo a dura prova le split di tutti.
Finalmente in
cima veniamo schiaffeggiati da un vento fortissimo. Ci cambiamo trincerati
dietro la capanna.
Discesa su neve
cartonata e placche insidiose. Sganciare una valanga era abbastanza probabile,
quindi inserisco la sicura e scendo tranquillo. Tutto sommato sciata
accettabile.
Campo ARTVA.
Facciamo una ricerca di gruppo. Ci si divide in squadre. Ad un certo punto mi
ritrovo a dare una mano nella ricerca a croce di un travolto ma non riusciamo a
trovarlo. Eppure che siamo vicini. Scaviamo un po’ e allarghiamo il campo ma
nulla. Ecco l’eccezione alla regola. Eravamo a 0,4. L’artva così vicino non
riesce a darci un minimo definito. Inoltre scavando ci siamo portati sotto
l’artva. Ecco perché non lo trovavamo nonostante avessimo trovato il minimo.
Certo la conformazione del terreno era particolare (una conca e un dosso) ma
non così lontana da un potenziale caso reale.
Serata alla
Camona di Migheals davvero notevole. Cibo ottimo. Piena di scialpinisti (un
sacco di ragazze in split…ma dalla bellezza teutonica). Peccato aver dormito
nulla per il forte dolore alla spalla e lo spazio angusto per chi è più alto di
1,80 mt.
Giorno due. Meteo
pessimo. Voglia zero. Energia – 1000. Prima di partire facciamo un bel esercizio
che si rivelerà fondamentale. Due gruppi compilano la lista delle fasi del
soccorso in modo da non perdere i pezzi.
L’Angelo commenta
giustamente che la modalità del soccorso cambia molto se si tratta di un grosso
gruppo (dove ci si divide i c compiti) a un gruppo piccolo (dove tutti fanno
tutto). Quindi la cosa importante è applicare le regole con flessibilità e
capendo il meccanismo…altrimenti non funziona.
Provo a
ri-elencarla a beneficio di chi legge:
1.
Individuazione
del direttore del soccorso (solitamente il più esperto, autorevole, lucido e
meno coinvolto emotivamente).
2.
Individuazione
di una zona sicura dove raccogliere i superstiti, il gruppo e i materiali (da
considerare l’intervento dell’elicottero).
3.
Il
gruppo prepara pala e sonda. TUTTI devono spegnere gli ARTVA (meglio
controllare che i superstiti abbiano spento)
4.
Il
direttore interroga i superstiti per capire quanti siano stati travolti e le
dinamiche della valanga. Soprattutto bisogna capire: quanti travolti; con artva
acceso, quale l’ultimo punto dove sono stati visti i travolti (per limitare il
campo di ricerca).
5.
Subito
parte un gruppo per la ricerca vista udito con ARTVA in search (importante
segnalare e mettere in evidenza ogni oggetto rinvenuto sulla valanga ma,
soprattutto, verificare se a quell’oggetto è attaccato il corpo di un travolto)
6.
Contestualmente
una persona s’incarica della richiesta di soccorso (cellulare, radio, rifugi
vicini, ecc)
7.
A
seguito del gruppo vista udito parte un gruppo di ricerca ARTVA (primo segnale,
ricerca, croce, sondaggio)
8.
A
ruota parte un gruppo di spalatori (la fase di scavo è diventata più
importante rispetto alla ricerca in
quanto ora con gli apparecchi digitali si arriva sul travolto facilmente,
mentre il disseppellimento è più lungo. Utile la tecnica a V o del nastro
trasportatore perché anche questa fase sia organizzata ed efficiente).
9.
Bonificata
la valanga si può considerare di procedere ad un sondaggio di fino o terminare
il processo
Mentre aspettiamo
il gruppo di milanesi che arrivano in giornata, facciamo un secondo campo
ARTVA. Mi ritrovo nella stessa situazione del giorno precedente ma, questa
volta, non cado in errore. Allargo subito il campo con la pala e cerco un
minimo alla distanza giusta per cui l’apparecchio ancora riesce a dare delle
differenze. La sonda è meno utile in quanto c’è poca neve su ghiaccio, rocce,
erba…e la pala di plastica sopra l’artva non sembra proprio un corpo. Dopo poco
troviamo l’apparecchio, lo diseppelliamo e spegniamo il segnale. Questa volta
tutto è andato bene e veloce.
Per fortuna
saliamo la cima sopra il rifugio (Piz Cavradi) per poche centinaia di
metri…poche…a me è sembrato di non arrivare mai. La simil cima è spazzata dal
vento. Mentre aspettiamo che si ricompatti il gruppo il gelo penetra nelle mie
ossa.
La discesa è su
crosta cartonata prima e neve ondulata e ghiacciata poi. Sopravvivere con uno
snowboard rockerato è quasi impossibile.
Chicca finale:
rientro per la stradina occupata da detriti di valanghe (una gioia con la
tavola) e risalita al passo.
Ad ogni modo sono
felice di questi due giorni. Mi sento più affiatato con il gruppo e ripassare
questi argomenti è fondamentale. Sarebbe da farsi anche con il nostro gruppo di
amici, a inizio stagione, magari approfittando di queste condizioni non proprio
idilliache.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
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