sabato 29 dicembre 2012

Facendo i “Corni” abbiamo avuto fortuna.


Dopo aver passato un bellissimo Natale in famiglia a Parma avevo veramente voglia di tornare in montagna. Ho corso bene e mi sono tenuto in forma, ma dopo tre giorni di tortelli, agnolini, bolliti, panettoni e mascarpone mi sento bolso.
Per fortuna sabato c’è l’occasione di fare una gita con gli ultimi compagni d’avventura: Carlo e Stefano. Non contenti dell’ultima gita da 1650 mt di dislivello e finita alle 17.00 sotto una fitta nevicata, hanno voglia di replicare…portandosi dietro anche Fabio, anche lui con la split.
Ha nevicato un pochino ma ha tirato tantissimo vento da nord e poi da nord-ovest. Sono un po’ indeciso e poco aggiornato sulle condizioni, quindi butto lì un facile e sicuro Poncione in Valpiana e, come alternativa, i Corni di Nefelgiu in Val Formazza. I ragazzi non volendo tornare ancora in Val Bedretto (forse temevano un altro finale cruento nel bosco) spingono per i Corni. La cosa non mi dispiace in quanto è una gita che avevo già fatto pur senza arrivare in cima. Il posto è stupendo e se nel vallone la neve è rimasta protetta, come spero, potrebbe essere un bel bingo.
Partiamo super carichi dalla DeAgo alle 6.30. Il rialzo termico previsto non sarà così importante (zero T. a 2000 mt) ma sarei partito prima. Alla fine iniziamo la gita per le 9.00, quindi non tardissimo, ma 1 ora di scorta avrebbe fatto comodo.
Si parte di fianco alla mini pista di fondo dell’Hotel che si trova appena prima di Riale. Subito vengo ripreso pesantemente dal proprietario a non distruggere i binari…cazzo ma sono fuori dal tracciato a più di 2 metri, ma chi te li tocca i tuoi binari!!! Iniziamo bene…
Poco importa, giro la testa di 180° e la vista della montagna immacolata mi fa ingoiare il rospo…immacolata si e tutta da battere!!!
Per fortuna (o sfortuna, dipende) il vento ha lavorato parecchio e ci sono ampie zone erose dure dove si sale molto facilmente.

Per contro ci sono anche molte zone accumulate dove bisogna stare attenti. Cerco di mantenermi sempre sui dossi e sul duro cercando di evitare le conche. Quando sono costretto a passarle, cerco di tenermi il più sotto possibile, magari perdendo un po’ di quota, ma cercando di sollecitarle il meno possibile.

Guadagnato il primo dosso mi ritrovo in una zona più vergine. La neve è davvero bella ed inizio agasarmi all’idea di trovare tutta la gita in queste condizioni.

Arrivati al colletto ho una prima conferma: tutto immacolato. Ci sono 40 cm da battere. Sono il primo e quasi mi dispiace rovinare la perfezione del manto che mi si presenta davanti. La fatica sparisce e procedo nel silenzio assaporando ogni singolo passo.

Giriamo l’angolo e il vallone che porta ai Corni si mostra davanti a noi. Me lo ricordavo più vicino.  Inoltre la traccia già fatta aveva aiutato. Nel rifarla sono stato troppo alto e ho dovuto effettuare molti più Sali e scendi per superare le varie conchette che scendono dal crestone sulla sinistra. Per fortuna battere con la split non è così faticoso (inoltre siamo in falso piano)  e procedo spedito. Arrivo alla base del vallone e con orrore vedo che è tutto e pesantemente sventazzato. Il vento s’è incanalato e, forse per effetto venturi, ha tirato fortissimo pelando e levigando alla perfezione il canalone. Non avremo la fresca ma, se non altro, il fondo è liscio e “vellutato” come una pista. Si sale facili e “dritti” e, lo vedremo poi, anche la discesa non sarà così male.

Ricomincio a salire. Sembra poco dislivello ma sono ancora 300/400 metri. Si vede il colle ma sembra di non arrivare mai. Inoltre rimanere sempre all'ombra e al freddo inizia a stancarmi. Finalmente sbuco in cima, al sole e mi fermo sulla comoda roccia dell’altra volta. Fin qui c’ero già arrivato.
Arrivano anche gli altri. L’ultimo strappo ripido e dura ha tagliato un po’ le gambe. Fabio con la split, i soft e senza i coltelli ha faticato un po’. Come lo capisco.
Decidiamo cosa fare. Non è tardissimo ma nemmeno presto. Per il corno orientale manca poco, ma bisogna passare il pianoro e risalire.  Mentre il pendio sopra di noi che porta al corno occidentale è molto bello. Valutiamo di salirlo tenendoci sul dosso di sinistra, cercando di evitare le zone accumulate e ripide.
Inizio a salire. Il dosso è sicuro ma anche esposto sulle rocce sottostanti. In realtà passo passo devo decidere cosa fare, dove puntare e se proseguire. Mi sento in un campo minato. Avanzo lentamente mantenendomi il più possibile dove c’è meno neve. Ma non è sempre così facile. Inoltre inizia ad essere un po’ troppo ripido.

A questo punto nella mia testa e nel mio cuore c’è un turbinio di emozioni, speranze, paure e ammonimenti. Ad essere molto cauti bisognava fare dietro front. I ragazzi erano abbastanza sfilacciati e distanti: Stefano dietro a metà pendio, Fabio bloccato all’inizio, Carlo mi sembrava ancora più giù, forse fermo al colle. Le distanze di sicurezza sono più che rispettate. La traccia mi sembra buona, procedo con la massima attenzione. Manca così poco. Adesso, seduto sul divano e scrivendo queste parole, riconosco d’essermi assunto dei rischi. E’ una questione di esposizione: bisognerebbe limitarla al minimo. Quando ci si espone di più entra in gioco anche la fortuna. Evidentemente i “Corni” l’hanno portata.
Arrivo in cima.

Gli ultimi 2 metri all’ombra sono stati assurdi: crosta non portante su cristalli angolari inconsistenti. Ho dovuto aggrapparmi alle rocce per poter arrivare a vedere dall’altra parte. La vista verso sud ha ripagato lo sforzo (Punta D’Arbola credo).

Anche verso nord è notevole sul Basodino e Kastelhorn.

Pago d’esser arrivato in cima mi preparo. Creo una piccola piazzola dove sistemarmi. La neve inconsistente scivola ovunque. Stacco i coltelli e li metto sulla neve (errore, dovevo metterli nel sacco) dove vengono ricoperti da un velo che me li farà dimenticare lì!!! Finisco di prepararmi e sono pronto a scendere. I primi metri li farò esattamente sulla traccia di salita per non rischiare. Sotto Stefano è pronto ma, entrambi, siamo bloccati da Fabio, fermo alla base del pendio. Carlo ci osserva dall’altro lato in zona sicura. Fabio ci mette un bel po’ a togliersi di mezzo ed io e Stefano scalpitiamo. Finalmente via libera. Parte Stefano (anche lui a rischio dalla mia posizione) e vedo che la neve sul dosso è proprio bella. Parto. Faccio due curve lente prendendo confidenza. Trovo subito un tratto di neve bellissima. A questo punto meglio non avere timori e tirare giù dritti. Mi lancio giù e sono curve bellissime, leggere e morbide sfiorando il manto con le ginocchia e la mano. Mi porto a sinistra convinto di trovare ancora buona neve ma no, lì è dura. Inverto al volo e resto sul dosso che, se pur esposto, ha la neve migliore. 200 metri spettacolari!!!

Ricompattato il gruppo scendiamo nel half pipe naturale, duro e liscio. Come anticipato la sciata non male, come se fossimo su una bella pista del Trentino. Usciti dal vallone c’è un dosso spettacolare. Neve bellissima. Anche un piccolo gruppo di sciatori che ci seguiva da lontano, è arrivato fin qui ed è sceso dal dosso per poi risalire e tornare sulle tracce verso La Frua. Noi apriamo la cartina in cerca del Jolly. Scegliamo di raggiungere il fondovalle del Nefelgiu per goderci la discesa.

Da lì un sentiero sembra aggirare il dosso e riportarci verso le macchina. Alla peggio si tira dritto fino al lago di Morasco e poi a Riale tramite le piste di fondo. C’è un po’ un piattone da superare ma Fabio è gasato e ci crede. A me le avventure piacciono. Carlo è più conservativo e Stefano si astiene. Fabio parte sul dosso e si ferma a metà. Dice che si passa. Non ci penso due volte e mi butto nel valloncello alla sinistra del dosso, completamente intonso. Le curve più belle della giornata.

Ste si butta per secondo…e gode!!! Adesso possiamo anche camminare!!!!
Ci sono un paio di balze da superare ma l’innevamento è ottimo e da alcuni canaletti si passa. La discesa non è continua e non sempre troppo pendente ma molto interessante. Lo spettacolo di essere solo noi nell’intonsitè ad aprire traccia toglie il fiato.

Seconda balza. Un bel canalino ci butta u un secondo falso piano, di qui un altro canalino fino in fondo. Dopo aver battuto traccia divento egoista (inoltre Fabio cincischia) e parto…aprire da primo non ha prezzo…mi bevo la discesa con una serie di curve cercando le contropendenze. Arrivo sul fondo dove cerco d’incastrare più curve possibili prima che la velocità si esaurisca…mi lascio cadere indietro sprofondano nella neve, pervaso da una gioia immensa, guardo inebetito il mondo a testa in giù.

Ma l’avventura non è finita. Siamo tutti euforici. L’adrenalina ci rimette in moto. Opto saggiamente per ripellare. Peccato non aver tenuto le pelli dentro la giacca…non incollano più e nemmeno il gancio in coda è d’aiuto. Provo a mettere il nastro telato ma…l’ho lasciato a casa…ma allora!!!

In qualche modo proseguo. Finchè è piano non ci sono problemi. L’Alpe di Nefelgiu è quasi completamente sommersa. Arriviamo in prossimità del lago. Il sentiero estivo gira a destra in una zona ripida e non affrontabile adesso. O scendiamo sul lago (ma è ripido, è tardi e non hanno troppo voglia) o risaliamo sul dosso (200 metri). Optiamo per la seconda. Ma senza pelli è quasi impossibile. Salgo a piedi sprofondando sulle tracce delle ciaspole fino al ginocchio. Ci sono solo cristalli angolari. Sembra d’essere nelle sabbie mobili. Devo salire carponi per non sprofondare. Ci metto una vita usando le ultime forze. Adesso è veramente tardi. Il sole è tramontato e c’è solo la luce residua dell’imbrunire a mostrarci la via. Un’ora di scorta avrebbe fatto comodo. Finalmente rimetto la tavola. Vedo le macchine. Ormai siamo arrivati. Ho in mente solo di scendere. In salita la neve era brutta con ampie zone dure o con sastrugi. Non mi aspetto nulla. Invece…magia…tenendoci più a destra troviamo ampi pendii immacolati e preservati dal vento.

Una discesa epica…parto come un pazzo godendomi ogni curva, ogni dosso, ogni salto…me la scio fin dentro l’hotel!!!! Che spettacolo!!!!
Sono le 17.23 quando raggiungiamo la macchina, colmi di gioia e soddisfatti per aver concluso una grande avventura.

Qui di seguito la traccia:


 N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 22 dicembre 2012

Following the White Rabbit (Franco Pecchio) at Cristallina

Domenica scorsa. Stiamo tornando in macchina dalla Val Tartano (gita divertente ma troppo corta) che già sento parlare di un’uscita infrasettimanale. Mmm può interessare. Mercoledì Franco, Rugge è Ced si trovano per andare in Val Bedretto. Lì per lì mi unisco…ma poi martedì devo rinunciare: è l’ultima settimana prima della chiusura, ci sono troppe cose da fare, poi i premi di fine anno, poi i negozi da sistemare, poi…rinuncio.
Mercoledì mattina già me ne pento: sole terso e freddo…ed io in ufficio, alla fine non con così tante cosa da fare, sto pensando a cosa sarebbe stato oggi. La sera il report di Franco su Camp to Camp non lascia spazio a dubbi: la gita perfetta, sole, neve e compagnia.
La settimana si conclude in un climax di nervosismo per le situazioni lavorative e frustrazione per la gita mancata. Domenica il forte rialzo termico rovinerà i giochi. Sabato c’è una finestra di bel tempo che si chiude nel pomeriggio. Per me è sufficienteper replicare la gita persa anche fossi da solo. I soliti compagni d’avventura sono dispersi per le feste natalizie…per fortuna si aggiungono Stefano e Carlo.
Sabato mattina partiamo presto dalla DeAgostini…per scherzo faccio una check list a voce alta…mai fatto prima…e per fortuna Carlo s’illumina: ho lasciato gli scarponi nell’altra macchina. Che culo…
Siamo tra i primi ad arrivare a Bedretto. Il paesino è sommerso da una spessa coltre nevosa di cui gli ultimi 20, 30 cm ancora polverosi.


L’emozione sale. Ci prepariamo e facciamo il cancello per verificare gli arva. Il mio che aveva ancora il 50% di carica, crolla e si spegne. Cerco le batterie di ricambio ma non le trovo. Panico. Cosa fare? Salgo comunque? Scendo ad Airolo per comprarne un paio? Proviamo a dividerci le pile (3 scariche su tre arva) ma alla fine è peggio per tutti. Bussiamo ad una locanda chiusa dove una signora, non senza mugugni e visibilmente scocciata, ci presta delle pile. Salvo!!!
Per fortuna non abbiamo perso troppo tempo. Partiamo su ottima traccia ormai bella pistata. Il primo strappo nel bosco moderatamente ripido ci sega subito le gambe.


I due ciaspolatori svizzeri in rimonta da dietro ci spingono a tenere subito un ritmo alto…che pagheremo ingenuamente poi. Superato il bosco la pendenza diminuisce ma lo sviluppo aumenta. Entriamo nella bellissima valle che porta alla capanna Cristallina.




Siamo circondati da canali e creste che, in altro momento, sarebbero pericolosamente valanghive. Ma adesso fa il giusto freddo. Un leggero venticello ogni tanto fa rabbrividire. Il sole non fa mai capolino lasciando solo un’aurea surreale dietro le creste. La giornata è partita tersa ma via via si sta velando.
Arriviamo alla balza di quota 2150 dove la valle piega a destra verso dopo 1 ora e 40 minuti. 850 mt per 4,5 km. Non male come partenza…ma la gita è lunghissima (1600 mt totali) e siamo giusto a metà.
Finalmente entriamo in vista della capanna. Arrivati lì il più è fatto.

Stefano e Carlo iniziano a sentire la fatica. Per fortuna questa salita con la split è un’altra cosa. Direi perfetta.
Mentre salgo avanti, da solo, immerso nel silenzio di questa valle isolata dalla neve , mi perdo nei miei pensieri. Rilascio le tossine accumulate al lavoro. Assaporo e immagino quello che poteva essere mercoledì. Avevo proprio bisogno di una gita come questa. Peccato che il cielo sia sempre più grigio. Arrivo in capanna a 2550. La vista verso sud è spettacolare.

Gli skialper che ci precedono hanno salito il Cristallina. Alcuni sono saliti al Gararesc. In testa ho diverse alternative nel caso i ragazzi non se la sentano di proseguire. Ma mancano solo 150 mt alla prima discesa. Sarebbe un vero peccato mollare adesso.
Il gruppo si ricompatta. Mangiamo e recuperiamo le forze. Ormai la visibilità è andata. Le nuvole alte rendono la luce piatta e annullano i contrasti. Carlo vorrebbe tornare indietro ma arrivati fin qui poco cambierebbe. Per arrivare al colle mi carico la sua tavola sul mio zaino. In pochi minuti siamo al passo. La visibilità è forse migliore da questa parte. Inoltre la pendenza e le tracce permettono una sciata migliore.
Avanti il gruppo di sciatori già attacca la seconda salita. Ci prepariamo. Mi butto per primo. La neve è spettacolare. Peccato non vedere bene le pendenze. Scendo basso e morbido sulle gambe sentendo la neve. Uso le tracce come riferimento e, in questo modo, arrivo al piano godendomela alla grande. I ragazzi scendono e…si ricaricano. La neve è davvero stupenda. Peccato, davvero peccato non vedere meglio.

Rimetto le pelli e inizio a salire. Inizio a essere stanco ma manca poco. Saranno 150/200 metri al passo che dà sulla val Cassinello. Ho sempre la tavola di Carlo anche se lui si carica quella di Stefano messo mezzo ko dal panino mangiato prima.
Arriviamo all’ultimo colle. Siamo stanchi ma felici. Ci congratuliamo per la salita (davvero bravi loro con le ciaspole) e ci prepariamo per l’agognata discesa.
Entro alto nella val Cassinello portandomi tutto a destra dove la pendenza è sostenuta. Scendo un po’ alla cieca ma le curve sono stupende. Ogni tanto scorgo delle dune su cui slashare la neve polverosa o saltar giù a bomba. Che spettacolo!

Nella parte bassa della valle non ci sono più riferimenti. E’ tutto bianco e siamo disorientati. Non vedo l’ora di arrivare nel bosco perché qui non mi rendo conto nemmeno se sto salendo o scendendo, se vado a destra o a sinistra. Tengo la traccia di destra mentre i ragazzi si staccano a sinistra. In mezzo c’è un rio sempre più profondo ormai  difficile  da superare. Scendiamo in parallelo. Loro sulle vecchie tracce, io sull’intonsitè più pura tra i pini radi. Ora si che si ragiona. Arriviamo sul piano dove le tracce si biforcano: destra verso Ossaco (con lungo traverso), sinistra verso Ronco.
Dovremmo andare a destra e risalire qualche metro. Carlo vorrebbe seguire la traccia in piano verso Ronco. Io suggerisco il taglio dritto per il bosco (come ricordato dal report di Franco) anche se non vedo tracce. Discutiamo un po’ e alla fine scendiamo dritti per dritti. La neve è strepitosa e, finalmente, la visibilità è perfetta per potersi divertire. Gli 800 metri che mancano al fondovalle fanno il resto. La discesa è stupenda ed emozionante, sfruttando ogni pillow per saltare nella neve polverosa. Il bosco è ripido, mi ricorda Rothwald.

Ci teniamo vicino al rio anche se a quota 1800 arriviamo su un salto di roccia che ci sbarra la strada. Siamo costretti a risalire con le pelli e portarci più a destra. I ragazzi sono stanchi e non vedono l’ora di arrivare alla macchina. Mi spiace che non si stiano godendo queste curve, per me, le più belle della giornata. Troviamo un passaggio su terreno via via sempre più ripido (oltre 45° analizzando la traccia del gps),
Finalmente raggiungiamo una sorta di sentiero. Di qui a poco raggiungiamo la pista di fondo e, quindi, la strada. Sono le 17.00 è buio ed inizia a nevicare. Iniziamo a scendere sciando sulla strada e spingendo con le bacchette finchè uno svizzero mosso a compassione ci da un passaggio. Recupero la macchina e raggiungo i ragazzi sulla strada dove mi aspettano sotto una fitta nevicata. Carichiamo alla svelta la macchina come se fosse una “ritirata di Russia”…

Alla fine riusciamo a tornare per tempo (Stefano aveva una cena di Natale e già m’immaginavo Ornella a farci la ramanzina per il ritardo). Siamo esausti ma tronfi per l’avventura conclusa. Prima volta per Carlo con un dislivello così importante, prima gita di stagione per Stefano. Sono felice di non essermi perso questa “avventura” anche se mercoledì…ma è giusto così..onore a chi ha avuto l’intuizione per primo, ha battuto traccia e ha goduto dei pendii immacolati. La prossima volta non mancherò.

 N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

domenica 16 dicembre 2012

Passo Tartano – Vedi quando le cose semplici non sono banali.

Dopo il lungo w-end dell’Immacolata (dove ho colto due curve polverose a Bormio con tempo infame ma, per contro, ho lasciato ad altri una domenica strepitosa a Livigno che ancora mi rode) finalmente si riesce a organizzare un’uscita con i ragazzi. Ha nevicato un bel po’…ma ha fatto anche davvero tanto vento. Inoltre il rialzo termico previsto incasina tutti i piani… Vento da nord, vento da sud, vento da ovest…rialzo fino a 1800 mt…che gita incastrare? Mi sono scervellato non poco ma questo rompicapo proprio non riesco a risolverlo. Vorrei una gita esposta a sud- sud ovest. Partenza a quota 1500 e arrivo al massimo a 2700..magari fino a 2200 nel bosco. Pendii dolci e ondulati. Chiedo troppo? Evidentemente si perché ho consumato 4 diverse guide tra Ossola, Ticino, Engadina e Valtellina…ma l’incastro proprio non si trova. A questo punto sragiono…mi vengono in mente delle gite sbagliate. Troppo alte e troppo esposte ai venti, con accumuli sicuramente instabili. Per fortuna il confronto con i miei compari mi riporta con i piedi per terra. Decidiamo di andare in Val Tartano a fare una bella gita MS con vetta a 2100 mt. Quello che ci vuole. Saliamo i numerosi tornanti che portano all'imbocco di questa sconosciuta valle. Superato l’ultimo paese la strada, eccezionalmente ben pulita, termina a quota 1300 mt. Con le pale ci scaldiamo spalando una nicchia dove parcheggiare. Non fa freddissimo ma nemmeno troppo caldo. Inoltre l’esposizione a nord ci lascia tutti in ombra. Partiamo sulla dolce strada che per circa 4 km porta verso l’interno della valle. Il sole fa capolino dalle basse creste scaldandoci e colmando di luce i pendii.
Il fondo rigelato non ci fa ben sperare per la qualità della neve anche se confido di trovarla buona sopra i 1700. Al primo ponte dobbiamo svoltare ma qualcosa non torna. La recensione per il Dosso Tacher indica una quota diversa…mi sa che abbiamo cannato bellamente…poco male, ripieghiamo sul facile e ben tracciato Passo Tartano. Alcuni scialpinisti ci superano.
Loro prendono la stradina sulla sinistra. Noi tagliamo a destra nel bosco sperando di accorciare. Macchè!!! La traccia è un continuo Sali e scendi tra buchi, rigagnoli e voltamaria…insomma perdiamo tempo e forze per guadagnare il piano a quota 1800. Finalmente sbuco dall’infido bosco e con gioia noto che la neve, per quanto umida e pesante, non è crostosa ne rigelata. Noto anche numerosi distacchi ad ogni esposizione e su pendenze alquanto modeste.
Ed io che volevo fare il Suretta!!! Fuori come un balcone!!! Nemmeno la Cima di Lemma oggi, anche se qualcuno si avventurato…rischiando…forse troppo, forse no…opinabile. Cedric la dice giusta: in alcuni casi la valutazione è un po’ come il calcio…si può parlare per ore ma non ci sono evidenze che diano ragione ad uno o all’altro…ma per la regola della riduzione del rischio se si è incerti meglio rinunciare. Quindi al passo (solo 700 mt di dislivello) ci cambiamo e ci prepariamo per scendere sotto la cresta in pieno nord dove a solo 2 metri aveva staccato un piccolo lastrone.
Credo che un po’ ce la siamo giocata..limitando i danni partendo uno per volta. Apre il Rugge…la neve impaccata non è il massimo per gli sciatori..ma per lo snowboard è perfetta tanto che Cedric se la gode fino in fondo.

 Tocca a me. Troppo invitante il lato a destra. Gli altri sono fuori a sinistra. Parto. Le prime curve su pendenza perfetta sono spettacolari. La forma a fish della Venture la fa galleggiare che è un piacere. Dopo questa prima sezione la pendenza diminuisce ma compaiono una serie di dossi e sponde che sono uno spettacolo da surfare!!! Ragazzi saranno stati solo 200 metri ma sono valsi l’intera gita!!! Per fortuna ci sono ancora un centinaio di metri fino al piano dove godersela un po’. La neve è via via più pesante e la fatica si fa sentire. Comunque molto bello. Ora bisogna decidere se scendere nel bosco per la via di salita o a destra lungo il sentiero/stradina. Tutti gli esperti skialper incontrati non hanno dubbi…meglio il bosco. Io, Manuel e Ced da navigati snowboarder (dal motto "Il pericolo è scarpinare") preferiamo il sentiero…sicuramente più continuo del boschetto. Così è stato…peccato che la stradina sia larga solo 1 metro con sassi ai lati, alberi e curve a gomito. Insomma tavola dritta scendendo come biglie impazzite sapendo di non aver spazio per frenare. Una discesa di puro istinto. Una vera figata!!!

Certo il rischio di fare un cappottone era dietro l’angolo…ma alla fine ce la siamo proprio goduta mentre gli altri s’incastravano tra le fronde e i buchi del bosco.

Arrivati alla strada larga il più è fatto. La dolce pendenza si lascia sciare velocemente in discesa facendoci gustare ogni cm di questa gita.

Ottimo bilancio per una giornata non certo banale (numerosi incidenti in montagna). Se ci ripenso mi rendo conto che più vado avanti più cresce un timore reverenziale e la consapevolezza dei miei limiti superati in passato più per sopravvalutazione che per esperienza. Il bello è che ogni gita, facile o difficile che sia, è sempre una bellissima avventura che vale la pena d’essere vissuta.

 N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

domenica 2 dicembre 2012

Doppietta: domenica pive nel sacco!!!

SI replica. Già nel tornare a casa dall’Engadina inizio a buttare l’occhio alle email e al meteo. Nessuno scrive. Ma si andrà??? Il meteo non è dei migliori. Solo la Val D’Aosta sembrerebbe rimanere al sole (principalmente la valle centrale) e, comunque, con molto vento. Faccio una lista di gite classiche, facili e relativamente sicure. In testa c’è Punta Leysser da Vetan. Una classica dello snowalp che mi piacerebbe provare. Scatta il giro di telefonate. Sembriamo tutti concordi. Poi una proposta alternativa: lo Spitzhornli dal Sempione. C’è un gruppone di Righiniani che va là. Sembra scontato aggregarsi. Ho qualche dubbio. Il meteo sembrerebbe pessimo. Anche il bollettino non è dei migliori. Ma siamo sicuri??? Si si…il meteo tiene ad ovest. Mi convinco. Alla fine ho detto che mi sarei aggregato, dopo la boschina dovevo farmi perdonare dall’altra metà del gruppo. Alla Deagostini siamo in tanti. Sembra una gita sociale. E’ bello legare anche con i bipedi. Inoltre sono curioso di vedere il Sempione dopo l’ultima nevicata (quasi 1 metro di neve). Ma al passo non ci siamo nemmeno avvicinati. A pochi chilometri da Simplon una bufera di neve, il vento e le nubi basse ci respingono indietro. Che fare? Andiamo in Val Bognaco per una meta alternativa. Se non mi ci avessero portato credo che non ci avrei mai messo piede. Mille tornanti. Per fortuna arriviamo al parcheggio e la situazione sembra nettamente migliore: neve già a 1500 e un pallido sole che trafila dalle nuvole. Meta…sconosciuta. Seguo la fila indiana guardandomi intorno e gustandomi il paesaggio.
Dopo aver risalito uno splendido bosco di pini altissimi sbuchiamo in prossimità di un vallone fatto a balze. Su ogni “terrazza” c’è un laghetto, Sarebbe un posto meraviglioso se il cielo, inclemente, non si fosse chiuso sopra le nostre teste.
Vado davanti a batter traccia. Cerco di rimanere sui dossi duri e tirati dal vento ma non è sempre possibile. Fuori dal rado bosco ci saranno 50 cm da battere. Per fortuna con gli spatoloni della split si procede bene ma dopo poco sono quasi stufo. Aspetto che qualche sciatori passi a darmi il cambio, Dai canali laterali continuano a scendere delle colate di neve soffiata.
Per fortuna il vento si fa sentire a raffiche. Metto i guanti pesanti e il guscio perché ho perso la sensibilità alle mani. Sono due anni che le ho particolarmente sensibili al freddo. Arrivano anche i compagni snowboarder. Arrancano sulla nostra traccia. Per fortuna hanno messo davanti Cedric come mezzo battipista.
Oggi, non so perché, mi sento come un pesce fuor d’acqua. Alla fine non sei uno sciatore ma nemmeno completamente uno snowboarder. Alla fine è una terza categoria: lo splitter. Bene…propongo di fare il primo corso si SPLTA1!!! Il meteo peggiora. Arriviamo su un dosso con i vista il colle. Non sembriamo molto convinti di proseguire. Siamo un po’ sfilacciati. Il meteo pessimo. Inoltre l’ultimo tratto sembrerebbe più ripido.
Anche se non ricordo a memoria il 3x3, d’istinto non mi convince. Evidentemente la pensiamo tutti così visto che si decide di scendere. Non è mai bello non arrivare in cima (3 gite su 4), ma in questo caso è obbligatorio. Scendiamo su una neve difficile. Molto diversa: fresca, gessosa, dura liscia o dura rugosa. A vista non si riesce a percepire differenza perciò si sta bassi sulla tavola cercando di sentire come cambia sotto la soletta. In prossimità del bosco ci becchiamo una bella crosticina che, per fortuna, con lo snow si riesce ancora a surfare. Nel bosco la neve peggiore. Deve aver tirato un bel vento. Finalmente più in basso ritorna un minimo di visibilità.
Cerco di far girare la tavola al meglio. Ma sono un po’ ruvido. Avrei bisogno di una bella giornata in seggiovia. Riprendiamo la lunga stradina che con un fantastico boardercross ci riporta al parcheggio. Il tratto più bello della gita. Anzi no. Il momento più bello è stato dopo a tavola: tra tagliatelle al ragù di cervo, salumi, giardiniera e birra la combriccola era bella sciolta e allegra. Non più skier, snowboarder o splitter ma tutti amici. Alla fine si è rivelata una bella giornata. N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 1 dicembre 2012

Doppietta: sabato Arpiglia in cascina.

Ci dev’essere una congiunzione astrale che vuole mia moglie lontana per il w-end, la settimana ricca di precipitazioni nevose e il meteo che sembrerebbe favorevole. Non ci si può farsi sfuggire un’occasione così ghiotta. Preparo una bella doppietta!!! Sabato rapido consulto con i ragazzi. La situazione non è banale: in Ticino si è passati dai prati verdi a quasi due metri neve in pochi giorni. Di base escludo tutte le gite più difficili di un MS. In realtà non ho molto tempo per organizzarmi. Inoltre l’infamia per la terribile boschina della volta prima ancora m’accompagna. Decido di seguire e far scegliere agli altri. Alla fine si opta per un Griatshouls con negli occhi ancora i ricordi dell’anno passato. Sabato mattina partiamo prestissimo. A Milano piove. Ma anche sul Maloja il tempo non è dei migliori, nevischia. Per fortuna la colazione nel barettino di Chiavenna ci ha rinfrancato. Superiamo i ripidi tornanti e ci affacciamo sul lago. Nubi basse avvolgono le cime. Meteo pessimo. Sarebbe quasi da scendere verso Bivio in cerca di un po’ di visibilità. Poi notiamo una timida velatura azzurra che ci fa ben sperare. Puntiamo Zuoz. E’ talmente presto che, alla peggio, si torna indietro verso lo Scalotta. Arrivati in zona notiamo subito come sui versanti sud ci sia pochissimo fondo. Per fortuna c’era un triplo backup…e scatta la gita di fronte al Griatshouls: il classico e sempre sicuro Piz Arpiglia. Partiamo da Resgia su stradina appena innevata ma che tiene. C’è una velatura a coprire le rocce. Insomma le condizioni sembrano appena sufficienti. In realtà appena ci inoltriamo nel bosco la musica cambia. I pini gonfi di neve come non ricordavo da tempo infondono una certa euforia.
Saliamo lungo la stradina. Alcuni tagliano dritto ma alla fine non paga. Ad un certo punto troviamo una jeep bloccata dalla neve. Saremo sui 1900 metri e ora di neve ce n’è veramente tanta.
Continuiamo la salita. Arrivati in prossimità dell’alpe mi rendo conto che abbiamo sbagliato come l’ultima volta. Bisognava salire sul dosso. Adesso mi tocca tracciare. Ci saranno 50 cm di neve. Con la split si và che è un piacere, ma i ciaspolari affondano. Una staccionata attira la mia attenzione. C’è una bava di neve dalla forma singolare, quasi viscosa.
Ancora 200 metri circa al piano prima del dosso finale. Già mi pregusto la discesa. Inizio a pensare a mille alternative ma le scarto quasi tutte perché troppo rischiose. Purtroppo la voglia di fare una linea molto personale è forte e lotta contro l’esigenza di una discesa in sicurezza. Intanto continuo a batter traccia mentre il cielo si chiude attorno a noi lasciando qualche effetto di traslucenza.
Mi fermo sul piano per ricompattare il gruppo. Da qui la bella traccia dei 3 scialpinisti che ci precedono è molto comoda e non esito a sfruttarla. Lo spessore aumenta. Le ciaspole affondano sempre più mentre la split è perfetta. Puppi ringrazia di aver preso una Jones e passa il gruppo.
Velocemente siamo in cima. Mi cambio fremente per la discesa. Ci sono un paio di opzioni davvero interessanti ma si opta per la discesa classica. Per fortuna i primi sciatori sono rimasti diligentemente nella loro traccia. Non credo ai miei occhi. E’ tutto per noi!!! Scalpito e parto per primo. Neve da urlo. Peccato per la pendenza inizialmente banale. Per fortuna sul dosso le cose cambiano. Si può mollare a tutto gas. Mi porto a sinistra sul bordo del dosso. Qui è uno spettacolo. Inoltre abbiamo giocato il jolly: esce un timido sole a illuminarci la discesa…solo sull’Arpiglia ed esattamente nel momento giusto. Ci ritroviamo sul piano. Poche curve ma dal sapore intenso.

  Come inizio (vero) non c’è male.
Il resto è sopravvivenza, divertente ma non eccezionale. Il bosco non è in condizione…troppe rocce appena ricoperte. La stradina è la soluzione migliore. Arriviamo alle macchine con un bel sorriso. Ci voleva!!! Non vedo l’ora che sia domani. N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 24 novembre 2012

B&B – boschina e birra in Sanbe.

Con oggi ho messo un punto fermo: basta fare serata prima di una gita!!! La sveglia suonerebbe alle 5.30 ma i bagordi indigesti della sera prima mi smuovono mezz’ora prima. Sono sfatto. Provo a riprendermi con una buona dose di caffè e zuccheri…ma non funzionano un gran che. Ritrovo alla DeAgo con tutti i ragazzi. E’ la prima uscita del gruppo. Speriamo d’aver visto giusto: Pizzo de Mucia da San Bernardino. Ho visto dei bei report sul Ferrè e Tambo…stessa esposizione ma con solo una vallata di differenza. Come tutte le prime ci sono dei piccoli inconvenienti…chi dimentica la carta d’identità, chi non ha la vignetta, chi si è svegliato tardi…insomma arriviamo a San Bernardino già molto tardi. Inoltre la strada per il passo è chiusa con una sbarra, che facilmente aggiriamo, e il fondo è innevato e ghiacciato. Dobbiamo tornare indietro e partire dal campeggio. Per fortuna la neve c’è. O meglio…c’è una roba dura e ghiacciata. Ma fino al paese erano solo campi verdi e la possibilità di fare una gita sembrava minima (già mi sentivo la voce di Manuel: “te l’avevo detto di andare in Sempione!!!”). Arriviamo fino al tornante a quota 1740 mt. Da qui giriamo in direzione ovest per iniziare la salita. I primi 200 metri sono ripidi e, dalla descrizione della gita, coperti da un’insidiosa boschina. Che sarà mai!!! Ecco era un intreccio di rami talmente fitto che serviva il macete.
La salita è fortemente rallentata a tal punto che impieghiamo un ora e mezza per superare questo primo pezzo e raggiungere quota 2100 da dove si apre il versante fino alla cima. Il Piz de Mucia è esteticamente stupendo: una piramide netta che domina un versante triangolare via via più ripido, caratterizzato da bellissimo dossi e vallette e da un’imponente fascia rocciosa sulla destra orografica che protegge la neve dai raggi solari.
Rinfrancati dalla vista iniziamo a salire spediti. La neve è tanta ma il caldo dei giorni scorsi ha fatto disastri: crosta più o meno portante e 5 cm di brina di superficie che intasa le pelli e mi fa scivolare da tutte le parti. Oggi sono con i vecchi soft e attacchi e questo non aiuta. Dietro di noi si staglia il Piz Uccello dalla forma spettacolare. Altra gita da mettere in cantiere.
Finalmente le gambe iniziano a girare e procediamo spediti. Purtroppo è molto tardi e iniziamo a capire che la cima non si riuscirà a raggiungere.
Il sole inizia ad abbassarsi dietro la cresta. Tra un po’ scenderà anche la temperatura e la remota speranza di trovare neve ammorbidita sta definitivamente scomparendo. Siamo solo noi e due ciaspolatori che ci precedono. La brina è tanta che sembra sia appena nevicato
La pendenza s’impenna. Risaliamo dentro i detriti di una vecchia valanga. A destra un piano liscio che sembra non aver ancora scaricato. Non mi fido a portarmi a sinistra e rimango nella traccia stretta e ripida. Scivolo indietro un paio di volte. Non c’è verso di salire con le pelli. Provo con i rampanti ma non funzionano nemmeno loro (la crosta si spacca e scivola). A piedi sprofonda fino al ginocchio. I ragazzi si fermano 20 metri sopra di me. A questo punto non vale la pena sforzarsi e decido di scendere. Mi creo una piazzola e in bilico cerco di sistemare la split. I ragazzi iniziano a scendere e Manuel mi suggerisce di buttarla sta split. Sono quasi tentato di assecondarlo. Nel fare in fretta non ho usato i guanti e mi sono congelato le mani. Non stringo nemmeno gli scarponi. Mi girano talmente tanto che ho solo voglia di scendere. Parto. La crosta tiene e i 5 cm di brina sono molto divertenti. Li raggiungo ad una selletta prima del pendio liscio. Da sopra sembra più stabile. Parto per primo e faccio due curve per vedere cosa succede. Tutto ok…mi lancio. Devo dire che, nonostante sia solo la seconda uscita, con i soft giro che è un piacere. Con neve così dura e rugosa la sensibilità dei soft è superiore.
Alla fine non è così male la discesa. Raggiunto il piano ci confrontiamo su quale discesa effettuare. Rientrare nella boschina non ha senso. Meglio tagliare verso destra in cerca del passaggio su San Bernardino.
Puntiamo la base del costone roccioso sciando su neve infame ma in un terreno così vario tra dossi, contropendenze e saltini da essere troppo divertente. Arriviamo al passo e la vista è desolante. Solo rocce. Ne approfittiamo per mangiare qualcosina…qualcuno riesce persino a farsi un pisolino steso su una roccia piatta (Puppi?!?!?!?).
Scesi di qualche metro notiamo che la lingua di neve riprende e prosegue fino all’arrivo della funivia a quota 2000 mt. Ho la split da sassi e non ho remore a scendere. Tra ramoscelli, erba e sassi affioranti questo è vero free-ride!!!
Da quota 2000 la lingua di neve prosegue fino al parcheggio. Certo è pura sopravvivenza ma meglio che farsela a piedi nella boschina!!! Con il senno di poi si poteva salire da qui allungando di 100 metri ma senza passaggi intricati. Ad ogni modo una gita da rifare. Tornati alle macchine non possiamo non mangiare qualcosa tutti assieme. Ci buttiamo nello spettrale San Bernardino ancora chiuso in attesa della stagione invernale. Troviamo un bar dove ci rifugiamo. Tra un tagliere e un’insalata non potevano mancare diversi giri di birrette…ma allora sto vizio non l’ho proprio perso!!! N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.