lunedì 20 febbraio 2012

E l'aura fai son vir - Val Maira SBA2

Finalmente il corso è partito. Tutti fremevamo. Già avevamo fatto qualche gita per fare la gamba e ritrovare i vecchi-nuovi amici. Ma il sapore del corso è un'altra cosa.
La settimana è passata veloce nonostante i 37,5° di febbriciattola che mi ha quasi fatto desistere (alla fine vado...o schiatto, o passa!!!). Inoltre l'incombenza di dover trovare la gita giusta (meteo mutevole, nuove precipitazioni e tanto, ma tanto vento) mi anticipa il gusto del w-end. Io e il Puppi abbiamo letto di tutto e di più...e non sapevamo più dove sbattere la testa. Ci era stata assegnata la svizzera...ma ci siamo resi subito conto che la nuova neve e il forte vento (oltre al peggioramento previsto per domenica) avrebbe limitato fortemente le possibilità. Quindi abbiamo svolto il compitino proponendo qualcosa in zona Prali come alternativa...ma per fortuna il Vesco e Giorgio hanno avuto ragione: Val Maira.
Partiamo relativamente presto (oddio, per me relativamente tardi) e guidiamo come disperati alla volta delle Marittime. Arrivati in zona Cuneo le autostrade finiscono e ci si butta in un dedalo di strade sconosciute anche al navigatore. Il sole splende, la voglia di salire è tanta ma la meta è ancora lontana...tanto che mentre aspettiamo un vecchietto ci ammonisce: "non è un po' tardi per andare in montagna???" Ha ragione ma si aspetta impotenti la comitiva.
Ad ogni modo si parte:

Monte Boscasso da Chialvetta: nel parcheggio di Chialvetta ci sono diversi sci alpinisti ma di lì a poco si disperderanno sui diversi itinerari che partono direttamente in mezzo alle case. Come se la sciura Maria, dopo aver preparato il sugo, s'infilasse scarponi e sci per farsi una sci alpinistica prima di pranzo!!!! Di fatto ci si prepara sul sagrato della Chiesa.

La giornata è assolata e calda. Il mio zaino scoppia...per controllare la febbriciattola mi sono portato almeno mille strati diversi per coprirmi/scoprirmi in funzione della temperatura, vento, ombra, sudore e chi più ne ha più ne metta!!!
Iniziamo la salita lungo una stradina. Da lì a poco ci si butterà nel bosco rado di larici dove la neve è rimasta meno crostosa.

Ci fermiamo al cospetto di un cono roccioso descritto dalla relazione. Facciamo il punto con Leo (affettuosamente ribattezzato "uomo ARVA"). Mi sembra d'esser sotto esame. Ma, in effetti, siamo qui per imparare e le soste per fare il punto su posizione, orientamento, neve, accumuli e microtraccia anche se ci rallentano sono fondamentali per prendere coscienza del "campo di gioco".
Sbucati dai larici un primo abbozzo di panorama sulla valle incassata. Il panorama ci dà forza e morale per proseguire.

La neve rimane buona, non troppo scaldata e si decide di proseguire fino alla vetta. Gambe in spalla. Il gruppo 1 segue la traccia allargandosi a sinistra e risparmiando le forze. Noi, dopo una simpatica dissertazione tra Manuel e Leo su quale sia la migliore microtraccia per le ciaspole...si sale alla "bergamasca" dritto per dritto...battendo su una fetida crosta non portante dove si sfonda fino al ginocchio.
Per fortuna con la mia split galleggio. Infatti seguo il Leo e battiamo un po' per non far sprofondare i ragazzi. Dopo che ci sfianchiamo per bene troviamo una bella traccia e siamo tutti concordi che sia meglio seguire questa!!!

Nel frattempo io e Leo ci portiamo un po' avanti. Ne approfittiamo per parlare un po'. Credo che mi stia prendendo le misure...in effetti mi confessa del monito di Gianfranco: "stai attento a Mirko!!!!".
Siamo in vista del colletto. Di lì a poco la cima. Proseguiamo compatti mentre il gruppo 1 è avanti. Manuel vaga solitario valutando la linea di discesa.

Finalmente in vetta. Sono le 14.00 ma le temperature freschine ci consentono di godere giustamente del panorama.

Aspettiamo che i ragazzi sgomberino la cima per fare i pochi metri di crestina e salire alla croce.

Che bello e che pace stare qui. Le emozioni si mescolano tra adrenalina per lo sforzo e pace interiore ammirando l'orizzonte, tra eccitazione per la prossima discesa e soddisfazione per la vetta raggiunta. Il tutto rafforzato dal collante dell'amicizia. Che bello stare qui con questo gruppo.
Torniamo al deposito. Mi affretto a ricomporre la split per non rimanere indietro. Nel frattempo Gianfranco e gli altri si portano all'imbocco del vallone di discesa, completamente all'ombra e riparato dal vento. Chissà cosa troveremo qui???

Arriviamo anche noi. Gli altri sono già giù e godono della farina perfetta e incontaminata (solo due vecchie tracce prima).
Ma ce n'è per tutti. E la vecchia volpe si porta ancora più sotto la bastionata, dove è più pendente e più polveroso.

La neve è da urlo. Le curve si susseguono veloci mentre la quota diminuisce velocemente. Sto cercando qualche pillow per abbozzare un saltino ma tiro il freno, non posso farmi subito riconoscere.
Leo ci raggiunge. Giustamente ci fa notare come la linea di discesa più sicura corra sul piccolo dosso, mentre noi "ingainati" da paura siamo scesi come un'orda barbarica. Purtroppo noi snowboarder ci facciamo un po' prendere la mano. Giustamente bisogna tenere il cervello acceso anche in condizioni di grande sicurezza.
Arriviamo nel tratto mediano della discesa in mezzo ai larici. Qui è l'ora di cinghialare. I passaggi sono veloci schivando gli ostacoli. Ogni tanto si tocca ma la goduria è tale che non ci penso. Qualcuno esplode trattenuto da un nano della neve. Arrivo in un punto dove c'è un larice piegato ad arco...lo punto al centro e mi sdraio all'indietro con un piegamento estremo sulla schiena cercando di slidare sena fermarmi...la mossa riesce, ma Ale ingannato dalla mia linea si inchioda sotto l'ostacolo.
Più sotto scopriamo un half-pipe naturale completamente intonso. Purtroppo entriamo bassi ma ce lo godiamo alla grande.

Il Botta si porta all'ingresso alto. Può sverginare da solo. Inspiegabilmente si sposta di lato sulle nostre tracce mentre tutti urliamo NOOOOO desolati.
Dopo il canale solo disastro. Sassi appena ricoperti e crosta. Le gambe sono molli.
Trovo una stradina che sfrutto per il rientro. Sto scendendo a fuoco quando incontro due ciaspolatori. Se urlo attenzione come minimo si mettono di traverso. Quindi in silenzio li passo come un fulmine facendoli trasalire. Per fortuna non si sono buttati nel fiume per lo spavento.
Rientriamo tra le case. E' tardi e bisogna scappare alla locanda per riuscire a docciarci tutti e cenare per tempo.

Ci si porta in Località Preit, piccolo borgo dove il cellulare prende solo in un punto preciso vicino al campanile della chiesa (sfruttando ponti radio "superiori" evidentemente).
Qui la signora della locanda Lou Lindal ci accoglie calorosamente con quel suo atteggiamento bonario e burbero che tanto sa di chi ti accetta tra gli amici più confidenziali. Gran cena, gran bevuta di Genepì e improbabile schizzo di rotta alle 23.00 di sera, mezzi ciucchi e completamente assonnati. Finalmente ci si butta nel letto.

Sveglia verso le 6.00. Presto per un'invernale da 1200mt ma dobbiamo battere in velocità l'incombente maltempo. Dopo una lauta colazione ci portiamo in località Saretto dove la prima prova è "scava la piazzola per parcheggiare la macchina!!!!!

Monte Soubeyran da Saretto: la penuria di neve e la voglia di fare una gita in una vallata diversa ci fa scegliere questa bellissima gita che prevede una salita varia e articolata e una discesa prima in un vallone a 35° e poi, eventualmente, in un canale a 45°. Il versante est presenta subito una bella crosta non portante anche se appena al riparo dai raggi si trova ancora della farina.
Il sole inonda la valle filtrato dalle nebbie creando un'atmosfera surreale.

Non c'è un'anima in giro. saliamo veloci sfruttando la traccia. Ogni tanto proviamo a battere per didattica ma subito la crosta sfonda e si fatica a salire. Inoltre il sole batte forte e fa caldo. Raggiunta la vecchia strada militare risaliamo veloci tra i muretti a secco che potrebbero essere delle ottime rampe per mega drop in discesa (già mi sento il cazziatone degl'istruttori alla sola fantasia).
Arrivati al colle si gira a sinistra di 90° buttandosi nell'ombra. Qui il venticello gelido mi fa rabbrividire ma per fortuna ho i miei mille strati.

Si prosegue in fila indiana su terreno ondulato e vario. Qui la neve è fresca e morbida, risparmiata da vento e caldo. Già pregusto la discesa. Un dossetto ripido tra due pareti concave e accumulate diventa l'occasione migliore per batter traccia intelligentemente. Ale davanti si rivela perfetto facendo uno stretto zig-zag senza toccare le zone potenzialmente pericolose. Dal basso il gruppo di Leo osserva mentre lui fa l'istruttore di "fondovalle".

Superato il risalto troviamo delle vecchie fortificazioni militari diroccate. Questa zona di confine con la Francia doveva essere strettamente presidiata. Chissà che vita è toccata agli alpini che sorvegliavano il confine.
Superiamo un piano in direzione di un "muro verticale". Il sole da dietro lo lascia completamente in ombra. La pendenza sembra estrema. Gianfranco lo punta.

Per fortuna c'è una traccia che sale in diagonale. Ci avviciniamo e, arrivati nel cono d'ombra, ci rendiamo conto dell'illusione creata dal gioco di luci. Alla fine la pendenza non è così elevata e si passa facile.

Superato il muro ci ritroviamo al cospetto del vallone di discesa. In uscita c'è una conca che dovremo evitare pena il ravanamento. Iniziamo ad essere stanchi. La gita ha un lungo sviluppo. Inoltre il 1100 di ieri si fa sentire. Ma procedere solitari al cospetto di torrioni "dolomitici" ci ricarica le batterie.

Ci portiamo verso il passo che dà accesso al versante francese. Qui il vento ha tirato parecchio. Inizialmente sono tentato di salire sena coltelli, ma subito mi rendo conto che non è il caso. Troppo duro e troppo inclinato il traverso. Monto le lame e procedo spedito. Gianfranco e Leo procedo solo con le pelli. A fatica salgono ma la loro esperienza non è comparabile.
Guadagno il passo della Cavalla dove sono ancora presenti gli sbarramenti di filo spinato.

Ultimo sforzo. Bisogna risalire la piramide sommitale con un lungo traverso esposto a sud. Il caldo di ieri ha fatto svalangare la cima. Ma oggi le temperature si sono abbassate e la traccia si svolge su neve grumosa e ghiacciata. Faccio fatica anche con i coltelli.

l'ultimo pezzo è ripido ed esposto. Devo fare attenzione perchè se non punto lateralmente le lame rischio di scivolare giù come un sasso. Il fondo è ondulato e ghiacciato tanto da non fare aderire le pelli. Sto salendo solo con le lame. Finalmente arrivo in vetta e la tensione si scioglie.

Ci abbracciamo e congratuliamo l'uno con l'altro. Il panorama è maestoso.

Inizio a prepararmi. Come un segugio sto incollato a Gianfranco aspettando che mi dia il comando per partire. Affrontiamo un fetido traverso gelato ma in qualche modo arriviamo al colle da dove parte la discesa. I primi metri presentano sassi sparsi e roccette. Poi la neve sembra migliore.

Entro con circospezione. Supero i sassi e mi porto in posizione. Ho luce verde e parto. Mi tengo tutto a destra e subito trovo bella farina. Sono stanco e ho le gambe molli ma lascio correre la tavola sulla pendenza ideale di 35°. Dopo 6 curve magiche trovo una placca crostosa. La ollo al volo. Purtroppo, dopo il saltello, la velocità s'impenna e alla seconda crostona mi sbilancio. Cerco di reagire ma le gambe restano ferme e dritte. Mi ribalto, piroetto e scivolo sulla crosta dura e compatta per qualche metro. Dentro di me mi dico "non puoi giocarti il vallone così"...punto la lamina e mi rialzo al volo. La facciata m'ha svegliato ed ora scendo più controllato e attento. Laneve è troppo variabile per essere divertente ma non ci si lamenta. Arrivo sul dosso per evitare la conca e osservo gli altri.

Anche loro faticano. La crosta improvvisa è maledetta. Inizialmente la polvere invoglia a spingere. Tu vai e appena prendi ritmo e velocità bam cambia senza preavviso (la superficie rimane identica e leggermente ondulata) e ti ruba la punta costringendoti al cappottone. Gianfranco conferma che la neve non è banale. Molti sono comunque euforici. Qualcuno meno. In effetti, dopo la discesa di ieri, ci siamo abituati bene. ma il vento è entrato nella valle e ha girato vorticoso incasinando non poco.
Superiamo la conca. Ci affacciamo sopra "the wall". Gianfranco scende per primo tutto a destra verso le tracce di discesa. Botta insegue (anche lui sverginatore folle). Purtroppo (o per fortuna per me che per una volta ho aspettato) da quel lato la neve è un po' cartonata e la linea in traverso non è fantastica. ma ora è il mio turno. Alla fine della parete c'è una conca e poi un dosso. Probabilmente Giorgio (e tutti gli altri dopo di me) temendo di scarpinare ha scelto la diagonale. Ma dentro di me ho pensato alla peggio sgancio e risalgo a piedi. Mi lancio dritto per dritto. La neve è stupenda. L'ombra vista all'andata ha tenuto compatta e fresca la polvere. Terreno di caccia ideale per la Venture. Il suo naso a punta galleggia che è un piacere. Inizio ad inanellare curva su curva. Giusto a metà un leggero cambio di pendenza potrebbe essere occasione di un saltino...ma proprio mentre approccio nella mia mente risuonano le parole di Leo nella lezione di neve e valanghe (attenzione ai cambi di pendenza e a non sovraccaricare il pendio). Detto fatto curvo a destra ed evito il dossetto e mi rilancio a tutta curva su curva velocissimo. Verso la fine raddrizzo e sfrutto tutto il potenziale per superare la valletta e risalire il dosso mentre urlo a Giorgio: "non si sprecano i pendii!!!". In effetti la paretina era davvero super. Un vero peccato non godersela.

Piffa subito dietro se la gode portandosi al centro. Gli altri purtroppo tengono la diagonale mentre noi ci sbracciamo dal basso per dirgli che al centro è una favola.
Arriviamo nella parte mediana fatta di dossetti e valloncelli dove la neve è da paura.

Di dosso in dosso è impossibile contenere l'entusiasmo (il sorriso a 32 denti di Giorgio la dice lunga).

Pochi metri ma ce n'è per tutti.

Purtroppo è arrivato il momento della prova arva. Nooooooo. Non si può spezzare il ritmo. Noooooo vogliamo scendere. Sono le 15.30 e c'è un briciolo di sole. Proviamo a sbrigarci a fare la ricerca di 3 sepolti. Qualcuno si lamenta del Pulse che spesso si blocca. Nel frattempo il sole cala e l'ombra delle creste ci avvolge. Inizio ad avere freddo e temo per una ricaduta della mia febbriciattola.
Mi metto addosso tutto quello che ho come l'omino Michlain.
Sgomberato il campo si riparte. Arrivati sul versante est crosta dura e sassi ci attendono. Una roccia sembra poter proteggere la neve dal vento e dal sole. Mi lancio e Ale insegue. Subito la neve è buona ma proprio sotto diventa un crostone pazzesco. Tiro un curvone a destra con uno sforzo notevole mentre la neve si rompe bloccando la punta. Ale mi spiace ma stavolta il mio istinto m'ha tradito. Faccio segno di stare più a destra in mezzo ai pinetti radi. Lì la neve è da urlo. Il Puppi urla di godimento...i guaiti risuonano fino a fondovalle. Anche Gianfranco molla il freno e se la gode tutta a suo ui, yeah, wow...
Anch'io mi lancio e vengo ripagato subito da una linea veloce tra un pinetto e l'altro. Poche tracce mi permettono di scegliere la direzione che voglio. Vorrei che questo pendio fosse lungo 500 metri!!!
Tutti sono euforici. Purtroppo il resto della discesa sarà pura sopravvivenza tra la crosta e i sassi. Tocco anche pesantemente ma non importa. Avere una tavola della madonna per tenerla appesa in casa non ha senso.
Arriviamo alla macchina. Sono le 17.00 e solo alcune creste restano illuminate.

Vorremmo non partire ma è tardi e la strada è lunga.
Oggi al lavoro è dura concentrarsi. Restano i mille flash back dello splendido w-end. Restano i sapori forti di due giorni vissuti intensamente a stretto contatto di persone fantastiche in posti meravigliosi. Le mail rimbalzano da un pc all'altro mantenendo viva l'emozione vissuta.
Silvia L. (l'unica nuova aggiunta al gruppo Sa1 dell'anno scorso, ma già dei nostri a pieno titolo) descrive quello che provo e non riesco ad esprimere:
"Ogni volta che vado in montagna...sono emozioni fortissime, quel bianco, quella luce, quella grandezza. Sgomento positivo, un po' ti sembra di toccarlo e di far parte di quell'infinito. Sei in un posto non tuo, sei ospite di una meraviglia.
Un po' ti senti un dio a dominare da lassù, un po' ti senti minuscolo, impotente e fragile.
è bello condividere tutto ciò oltre alle salite e alle discese."

grazie a tutti, non vedo l'ora di ritrovarci per la prossima uscita.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

lunedì 13 febbraio 2012

Quando pericolo 2 vuol dire....occhi aperti!!!

Dopo i 3 giorni sull'Etna avevo perso un po' il filo della situazione. Avevo letto report che descrivevano nevi incredibili e tanto freddo. Mi ero completamente perso il vento di questa settimana. Vento forte e tempestoso che ha scombussolato tutto.
Venerdì, un po' all'ultimo, leggo un po' di relazioni per cercare d'indovinare la gita. Inizialmente volevo fare il Pesciora, non per trovare polvere, ma per fare una gita lunga, impegnativa e di soddisfazione. Poi il bollettino svizzero che ha innalzato il pericolo da 2 a 3 senza nuove precipitazioni ma solo per i venti forti che da nord hanno trasportato la neve sui versanti a sud (ovvero proprio dove volevo salire) mi fanno desistere.
Leggo fra i tanti un bel report sul Coll Champillon in Valpeline. Perchè no. Ci si organizza con i pochi sonowboarder rimasti (Giorgio e Tommy), Simo e Filo (skiers già conosciuti a Oga) e altri 3 ragazzi ex SA2 Righini.
Si parte tardi ma non è un grosso problema viste le temeprature gelide. Purtroppo (o per fortuna) si cambia gita all'ultimo preferendo la spalla dello Tza per la Cresta Tardiva visto che alcuni saliti al sabato riportano un po' di farina nel bosco. Mi spiace cambiare gita all'ultimo visto che non ho la possibilità di farmi un'idea su dove andare, non ho il tempo di scaricare la cartina e impostare il gps...insomma mi ritrovo un po' a rimorchio in una zona che non conosco...e non mi piace.
Il viaggio fila via veloce. Parcheggiamo a Buthier scaldati da un timido sole che filtra tra le velature. Ci sono pochi altri scialpinisti. Salendo i tornanti già si vedono delle chiazze erbose, segno che il vento ha eroso fino al terreno.
Mi preparo con calma. Oggi è l'occasione per provare il nuovo gancio Spark per le pelli. Fisso la punta e inizio a far aderire la pelle sulla soletta. Arrivato in fondo tiro il gancio e incastro il tutto. Bene, mi sembra che tutto funzioni. Dopo i problemi di ripellaggio sull'Etna, questo mi sembra un sistema più affidabile in vista delle gite SBA2.
Si parte su un bel pratone gelato. La neve è dura, crostosa ma non sempre portante. Inoltre s'è formato un velo (brina forse) che fa scivolare le pelli. Insomma parto subito in sordina, con le pelli che tendono a scivolare. Non ho voglia di montare subito i coltelli...tengo duro e procedo a testa bassa. Ma oggi non ce n'è. Ho il karma contro. Mi sento stanco e spompato (forse i 10 km a medio di ieri mattina mi hanno segato le gambe). Mi ritrovo indietro mentre la carovana procede spedita.

Finalmente prendo un po' il ritmo. Inoltre il panorama merita sempre qui in Vallè...anche se mi sento completamente disorientato. Il sole è a sud...ma perchè si trova lì???? Ma allora che cime sono quelle??? Il gps mostra una traccia su fondo bianco...inoltre la bussola è da ritarare e il tutto non mi aiuta.
In lontananza alcune nubi sembrano minacciare il pomeriggio...per fortuna sfiorano solo le altre cime.

Ora la traccia è leggermente migliore e fatico meno. Certo la split fatica a stare dentro la pista ma si và bene. Anche gli skier iniziano a slittare, segno che questa condizione è davvero infida.

Finalmente si entra nel bosco. Qui le cose cambiano. O meglio, qui è rimasta un po' di farina nonostante ci siano diverse placche segno che il vento ha tirato davvero forte.
La temperatura precipita. Il tiepido sole permetteva una risalita in maglietta...ma ora conviene coprirsi perchè si gela. Alcuni si attardano perchè le pelli si staccano.
Simone è in fuga...ma anche Giorgio e Tommy oggi viaggiano spediti e veloci

Usciamo dal bosco e siamo in vista del ripetitore. Davanti a noi un canalino invitante...ma una vera trappola (il vento che spirava dal fianco destro lo ha caricato per bene creando un lastrone duro di 5 cm sopra una neve inconsistente).

Lo passiamo uno alla volta in un punto piano e sicuro, per poi prendere la cresta laterale che rimaneva più spelata ma più sicura.
Più sicura è una parola grossa visto che a destra presentava uno strapiombo di un centinaio di metri a picco sulla valle laterale. Con vento forte il rischio d'essere sbilanciati giù di lì (soprattutto per i tavolari) sarebbe alto.

Qui non si può sbagliare. Perdere l'aderenza vorrebbe dire rischiare di scivolare giù senza controllo. Quando la pendenza s'impenna e la neve risulta molto più dura e ghiacciata decido di montare i coltelli.
Ma dove li ho messi??? No...li ho lasciati appoggiati sul guard-rail dove mi sono preparato!!!
Per fortuna mancano pochi metri al colle. Decido di staccare e procedere a piedi forte del grip dei miei TLT5. Adesso capisco perchè il mio istruttore della Righini (P.L.) insista sull'utilizzo dello scarpone da scialpinismo al posto dei soft in ottica di sicurezza. Questa neve con i Driver X sarebbe impossibile da risalire a piedi se non con dei ramponi o con le ciaspole...ma con lo scafo in plastica e la punta l'appiglio è davvero saldo.
Arriviamo al colle ma proseguire risulta davvero inutile viste le condizioni.

Sotto di noi il percorso di discesa "classico". Liscio e invitante.

Ma non bisogna tuffarsi alla cieca...il bollettino "minimizzava" il grado di pericolo con 2...ma leggendo bene si scopre di come il vento abbia creato insidiosi accumuli. Non ultimo, verificato il bollettino sul posto, ci rendiamo conto che nei punti sottovento, anche se la pendenza è inferiore a 30°, ci sono delle lastre di marmo non portanti pronte a staccarsi e partire a 100km/h...tranciando le gambe.
Già dove siamo noi, in cima e in piano, si spacca una lastra dimostrando come oggi bisogni stare particolarmente attenti.

Ci prepariamo a scendere. Sarebbe bello rimanere a gustarsi il panorama mozzafiato ma il venticello gelido si fa sentire.
Ad ogni modo la vista spazzia sull'interà Valle D'Aosta da un lato...

...e dall'altro.

Il primo pezzo di discesa è crostoso e infido. Si scende in sicurezza fino al bosco. Io e Giorgio ci spostiamo più a destra dove c'è un valloncello tra i pini che potrebbe risultare più riparato.
Ma nulla...crosta anche qui. Scendiamo ancora e finalmente troviamo la farina. Da qui in giù bella neve che ci permette di tirare belle curve...inoltre nel bosco è sempre bello cercare la propria linea vergine tra i tronchi e abbozzare qualche salto sulle gobbe.
Purtroppo il freddo congela la mia macchina fotografica...quindi niente foto, anche perchè il lungo boschetto ce lo divoriamo in pochi secondi.
In basso si esce sui prati crostosi...ma tenendo la destra troviamo ancora bella neve. L'intersezione con la strada forestale è l'occasione per fare dei bei saltoni. Poi basta...fuori dal bosco è crosta dura e sassi da evitare, anche se per pochi metri.
Al parcheggio i coltelli sono lì dove li avevo appoggiati (per fortuna)...

ma quando sfilo lo zaino mi accorgo di aver perso un bastoncino...oggi ho proprio il karma contro...ma, tutto sommato, è stata una gita carina in ottima compagnia!!!

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

lunedì 6 febbraio 2012

Etna - 3 giorni di skialp dai sapori forti e contrastanti.

Finalmente questo "sogno" diventa realtà. Con Giorgio e Piffa si organizza il lungo w-end alla volta di "La Muntagna". Purtroppo visti i futuri impegni SBA2 l'unico w-end buono è quello del 4-5 febbraio (festa di S. Agata) sperando nella neve. Eh si....perchè a differenza del solito l'Etna sembra porprio a secco. Sul versante Sud solo roccia. A Nord pochi itinerari "sciabili". Inoltre la roccia vulcanica è come un rasoio...l'idea di toccare e devastare la split mi preoccupa non poco. Ma la Santa ci ha fatto la grazia (sembra averla fatta un po' a tutta Europa) facendo cadere giusto il w.end prima almeno 1 metro di neve!!!
Vari segnali c'indicano che tutto andrà per il meglio. La neve è arrivata. Il libro di Saro Messina (etanfuroipista.it) con la descrizione dettagliata delle gite è già sotto al cuscino (letto e studiato). GPS impostato. Zaino nuovo (finalmente con il portatavola e tasca pala dedicata) recapitato il giorno prima. Bigwaver (snowciaspolatore di Messina) conosciuto su Splitboard.it giusto in settimana. Il meteo che per il w-end prevede delle finestre di sole. Insomma iniziamo a crederci. L'emozione cresce e non vediamo l'ora di partire.

Day 1 - Atterriamo venerdì a Catania con il sole. Nella fase finale dell'atterraggio si sfiora l'Etna completamente innevato e assolato. A questo punto la carogna dilaga. Recuperiamo l'auto a noleggio (prenotate le catene via internet...il commesso mi ha guardato come se fossi un alieno...alla fine aveva solo catene di mezza misura più grandi che abbiamo preso comunque...e meno male!!!); carichiamo le tavole e ci buttiamo in direzione Rifugio Sapienza. iniziamo a risalire in mezzo alle colate laviche e il paesaggio diventa subito particolare.
Purtroppo a quota 1300 metri in zona pian del Vescovo la statale è completamente sommersa da 60 cm di neve. Nessun mezzo l'ha liberata!!!! Ormai è tardi per scendere e risalire sul versante nord e di rinunciare non ci penso nemmeno. Ci cambiamo e iniziamo a risalire lungo la strada.
Il primo pezzo è abbastanza in piano e monotono. Purtroppo siamo lontani dal rifugio ed è tardi. Continuiamo ancora un po' prima di decidere cosa fare.
Ad un tornante troviamo scritto un'esortazione....che l'Aldone sia passato anche di qui???

Iniziamo a tagliare in mezzo ai tornanti per guadagnare più velocemente la quota. La copertura è buona. O meglio dove c'è la neve è bella spessa. Considerando che siamo in basso e fino a qualche giorno fa non c'era nulla direi che và molto bene. Ovviamente la discesa sarà rigorosamente su strada. Troppo rischioso toccare qui.

Superato un bel bosco di betulle sbuchiamo in vista di una sella. Decidiamo di puntare lì.

Il meteo si mette al brutto. Alcune nuvole minacciose inziano a schiacciarsi contro il pendio. Inizia una pioggerella ghiacciata. Vorremmo tornare indietro ma sentiamo l'occasione sfilarsi dalle mani...non vogliamo mollare. Inoltre un refolo di vento trasforma la pioggia in fiocchi di neve giganti...per 20 secondi nevica a tutto spiano...poi di nuovo pioggerellina...poi si ferma tutto.
Superato il primo valloncello la pendenza aumenta e noi risaliamo su neve compatta per la massima pendenza forti della presa delle nostre ciaspole (o meglio...loro erano "forti"...io tenevo grazie al TLT5 che si è dimostrato ancora una volta fondamentale).

Arriviamo a quota 2000. Oltre il pendio diventa più dolce ma le nubi non permettono di vedere nulla ed è tardi. Abbiamo fatto 700 metri e per oggi, comer antipasto, possono bastare.
Dalla cimotta s'intravede il mare.

La visibilità è scarsa ma la sensazione è pazzesca. Quasi surreale. Il terreno è "lunare" con questi craterotti che si aprono qua e là, segno di una vita passata molto agitata. Ora sembra tutto morto e deserto.
Siamo solo noi tre come esploratori in una terra selvaggia sconosciuta all'uomo. Ha il sapore dell'avventura primitiva. Di quando molto non era stato tracciato e visitato.
Ma è ora di scendere sulla polvere di mare.

Parto con un po' di circospezzione per via delle roccette nere, ma nel canale la neve è buona, un po' ventata e dura ma si scia bene. Ma appena più sotto cambia. Diventa strana. Morbida ma non fresca. Umida ma non lenta. Sciabilissima. Ci concediamo una gran sciata.
Giorgio se la gode con il suo stile "salterino" con le bacchette e le ciaspole appiccicate allo zaino in qualche modo.

Piffa chiude tirando belle curve. Nonostante la poca visibilità si lancia a tutta verso il "mare".

Siamo completamente stregati dalla natura in cui siamo immersi. Il panorama. Il meteo così variabile e biricchino. La neve dalla consistenza particolare. Il silenzio.
Purtroppo la pendenza svanisce e bisogna rientrare lungo la strada spingendo con le bacchette.
Qui se non passa la fresa non si passerà fino alla prossima estate.


Day 2 - dopo aver dormito in un comodo e "strategico" B&B a Zafferana Etnea (La Perla dell'Etna, grazie Giuseppe per l'ottima accoglienza, i consigli e la gentilezza con cui ci hai coccolato), ci svegliamo con una splendida alba sul mare.

Fatta colazione ci sbrighiamo. rapido incontro con Saro e il gruppo dei Cavernicoli. Leggiamo nei loro occhi la nostra stessa passione e amore per questo sport che veramente può unire da nord a sud, facendo parlare la stessa lingua. Loro hanno in mente un giro molto complicato, per chi, essndo del posto, può godere della montagna quando vuole. Ma noi non possiamo. Abbiamo questo gettone da giocarci fino in fondo. Oggi dovrebbe essere il giorno più bello e noi sognamo la cima.
Partiamo alla volta del rifugio Citelli. Saliamo agevolmente la strada fino a qualche chilometro prima del parcheggio dove siamo costretti a montare le catene (e meno male che il noleggiatore non voleva darmele vista la misura sbagliata...nonostante fossero un po' lente si sono dimostrate fondamentali, viceversa non avremmo potuto goderci nemmeno un metro di risalita sull'Etna).
Lo spessore della neve a bordo strada è impressionante. Sarà 1 metro o più. Parcheggiamo appena dopo alcune macchine vicino al rifugio. Al skialper stanno partendo (scopriremo poi essere il gruppo di Cavernicoli che ha ben pensato di ripiegare su questa classica).
Inizio a pellare cercando un passagio tra i rami infuocati delle betulle bianche. Il contrasto con la neve è pazzesco.

La pendenza cambia. La neve è stata lavorata dal vento forte dei giorni passati. Ci sono tratti di verglass giallo sulfureo. Non sarà il massimo in discesa ma noi siamo qui per la gita.
Puntiamo al Pizzo Deneri lungo lo spallone che passa per Rocca della Valle. Entriamo in un vallone sbucando dalla nebbia.

il cielo si apre...

...regalandoci 20 minuti di sole buono per ammirare il panorama.
Saliamo a buon ritmo su pendenza abbastanza sostenuta. Faccio una traccia un po' radicale, da ciaspolatore, che ci permette di colmare un po' il divario con il gruppo che ci precede.
Arriviamo in vista di un cono molto caratterstico: Monte Frumento delle Concazze.

Continuo spedito. inizio a cogliere tutte le sfumature di questo posto incantato. Ora la neve "grigia" è ben visibile. Il vento l'ha resa zebrata.

Percepisco odore di zolfo, mentre lontano sento un boato soffocato. Ma forse è la suggestione di un luogo così particolare a giocari "bei scherzi".
Manacano 50 metri alla dorsale. Da qui il meteo cambia. L'Etna si è concesso fin troppo.
entriamo in una nebbia pesante da non vedere a un palmo dal naso. Se non avessi avuto il GPS con le tracce di salita e di discesa sarebbe impossibile e pericoloso orientarsi.

La cresta è stata fortemente spazzata dal vento. Molte rocce sono fuori. Tiro fuori i ramponi. Arriviamo nei pressi di una croce. Nel frattempo sentiamo le urla di giubilo dei Cavernicoli scendere nel canale a Y. In effetti dentro i canali la neve è molta e bella. Decidiamo di proseguirelungo la dorsale. Un po' perchè non appagati. Un po' perchè curiosi. Un po' perchè speranzosi che sull'altro versante (nord) più riparato rispetto alla direzione delle nubi, potesse migliorare la visibilità.
Proseguiamo in cresta stando attenti a non sporgerci sulla sinistra dove precipita verso il basso la valle del Bove (attenzione nel caso di forti raffiche che possono far sbilanciare). Superiamo il primo canale. Superiamo un altro bel canale molto invitante. Proseguiamo verso il pizzo. Il GPS m'indica che siamo a 150 metri dall'osservatorio. Ma non si vede nulla. Poi, all'improvviso, completamente avvolto nelle nebbie, scorgiamo la figura "marziana" del rifugio.

Sostiamo. Da qui tentare la cima è impossibile. Tornare indietro per fare il canale a Y è troppo lungo. Consultiamo la guida e optiamo per il canale che parte proprio sotto la struttura. Cerco un punto riparato dove togliere le pelli e scaldarmi. Fondamentale qui avere il piumino, un thermos e un paio di guanti di ricambio. Nonostante il freddo e il vento ci si inumidisce parecchio e, appena si sota, si rischia di congelarsi in pochi secondi.
Sono chino sullo zaino che traffico quando vedo la mia ombra. Il sole filtra e illumina per un secondo il Piano delle Concazze. Spero di scorgere la cima ma chiedo troppo e le nubi si richiudono su se stesse riavvolgendoci nella nebbia e nella neve.
Scendiamo cauti verso un casermone. Da qui parte il canale. Mi lancio nel white out. Nonostante tutto la neve è fantastica. E' come trasformata ma non lenta. Capisco perchè Saro mi confermasse che la neve qui è molto più sicura che sulle alpi. Le correnti umide la bagnano e la compattano uniformandola nosotante i forti venti. Le stesse correnti creano un firn superficiale nonostante lo zero termico sia abbondantemente a quote più basse.
Si crea un altro fenomeno particolare. Nonostante la superficie sia bianca, dove viene schiacciata dalla pressione dello snowboard diventa grigia per effetto della polvere racchiusa al suo interno, come la scia di una Freccia Tricolore. In questo modo Giorgio e Piffa hanno un riferimento appena sufficiente per capire dove andare, sciogliendo la tensione e liberandosi a curve gioiose in una neve spettacolare.

Capito il trucco li faccio andare avanti e, per una volta, tracciare da primo non è così fondamentale.
Il canale si apre e vorremmo proseguire verso il fondo. Ma la direzione è sbagliata. Dobbiamo tagliare a destra e puntare al Citelli. Superiamo due dorsali ma, arrivati ad un boschetto di betulle, siamo costretti a seguire quello che sembra un corso di un ruscello. Ci sono 30 cm di neve fresca e sta nevicando intensamente come di rado avevo visto.

Proseguiamo sfruttando la scia fino a un piccolo saltino di roccia...zompando urlo "Japan powder"...ma no, qui è 100% Etna powder!!!

Purtroppo la pendenza è nulla e con la tavola fatichiamo ad avanzare. Arrivati ad un sentiero decidiamo di ripellare e puntare al Citelli. Purtroppo le pelli sono fradice e fredde. Impossibile rimontarle. Provo con del nastro americano ma dopo un po' il mio tirante artigianale (nastro di velcro) si smolla e non tiene. Subito penso che dovrò trovare un sistema alternativo e più affidabile per le gite future. Nel frattempo blocco le pelli con il nastro. Il tutto non è molto agevole, ma la passeggiata di 2 km nel bosco di betulle sotto questa copiosissima nevicata ripaga dei disagi.

Dopo un'oretta sbuchiamo sul piano da dove siamo partiti. Ora è completamente sommerso dalla neve nuova.

La strada è quasi scomparsa. Siamo stanchi e felici.
Come ormai ci siamo abituati ecco il solito scherzetto. Si ferma la neve e in lontananza si schiarisce il cielo, come se ci volesse deridere.

La macchina è sepolta...ci tocca spalare.

Liberata la Musa ripartiamo alla volta di casa sotto un'intensa nevicata. Teniamo le catene fino alla transenna in un panorama quasi Norvegese.
La sera dopo una calda doccia ci spostiamo a pochi chilometri verso il mare.

Passare da -10 a +10 nel giro di pochi chilometri, spogliarsi del piumino ed abbuffarci di buon pesce a poco prezzo è una di quelle chicche che spiegano il perchè questa meta in terra sicula sia così ambita.

Day 3 - Finalmente una vera colazione con l'ottima pasticceria siciliana da Donna Peppina. Non poteva mancare l'immancabile cannolo (non ho preso granita e brioche per ovvi motivi, ma ero fortemente tentato). Rifocillati ci mettiamo in macchina alla volta di piano provenzana. Il peggioramento previsto nel pomeriggio e il poco tempo a disposizione ci fanno propendere per sfruttare gl'impianti per risalire velocemente in quota.
Saliamo la strada spazzata dai mezzi cercando di montare le catene il più tardi possibile. Per fortuna la leggera salita permette di far correre la macchina senza troppi rischi, ma guai a fermarsi pena l'impossibilità di ripartire. Tutto bene finchè il furbacchione che tanto voleva superarmi sfanalando, s'intraversa dietro una curva. Rallento e lo passo ma orami sono lento e ci fermiamo. Montiamo le catene nella nebbia e si riparte. Scolliniamo su una strada piana. Il cielo si apre e sbuca il sole. Siamo immersi nel bianco che domina il panorama in contrasto con l'azzurro terso del cielo velato dalle solite nuvole. Le catene sbatacchiano e siamo costretti a fermarci per tesarle. Giorgio grida: ragazzi ragazi...
Uno sbuffo nero si alza da una bocca secondaria (forse dalla Valle del Bove?). Un saluto? Un omagio ai prodi snowalpinisti della Righini? O fumata nera di presagio alla vetta ancora mancata?

Parcheggiamo a Piano Provenzana. Saliamo con la seggiovia prima e con lo skilift poi. Ci concediamo un po' di freeride tra un impianto e l'altro su dell'ottima powder.

Arrivati allo skilift la neve scende copiosa.
Risaliamo nella nebbia battendo 30 cm di fresca. Ad un certo punto la pista di risalita del secondo skilift (chiuso) ci permette di guadagnare quota velocemente. Da qui seguiamo le tracce fino alle fumarole (così le ha chiamate quello del soccorso alpino incontrato in discesa).
Arriviamo in prossimità di un cratere esausto.

Le tracce terminano. Ma la paretina sopra di me invoglia a proseguire.

Batto traccia su pendio sempre più sostenuto cercando di capire quanto fosse stabile. Mi muovo tra isole rocciose o gelate. Arriviamo a quelle che sembrano essere le famose fumarole.

Qui la gita termina. Siamo umidi e infreddoliti. Meglio scendere.
Parto per primo ma la soletta non scorre per via dello zoccolo. Inoltre il nevischio ghiacciato s'incolla sulla maschera. Non vedo nulla. Sfrutto le tracce di salita come riferimento dimenticando che passavano nei punti meno coperti.
Toccare una roccia è stato inevitabile. Cappottone in avanti e botta al morale.

Proseguo nella nebbia. Bam...ancora una roccia ma senza cadere. Non mi sto divertendo e voglio solo scendere. Supero questa zona e mi ritrovo dentro una valletta molto più innevata. Seguo la scia dello sciatore lasciandomi un po' andare ma non vedo una mazza.
Arrivo al parcheggio e posso costatare con mano quanto la roccia lavica faccia male tanto alla soletta quanto al morale.

Siamo tutti un po' abbacchiati. Realizziamo che dobbiamo tornare a Milano. Le tre chances di salita sono andate. Divertenti ma, purtroppo, nessuna è andata abuon fine. E come se non bastasse il solito spiraglio di luce ci mostra la discesa, sghignazzando, per poi richiudersi e ricominciare a nevicare.

Scendiamo un po' mogi. A due chilometri dalla transenna, in un tornante in discesa a destra, incrociamo una jeep...una lieve distrazione, sfioro i freni, sono in seconda anzichè in prima...insomma il sedere della Musa parte...già mi vedo contro la macchina...ma le catene bloccano il muso e fanno chiudere la piroetta sul posto...ora vedo il muretto...ma tutto si ferma (andavamo piano). Ci guardiamo...ok...ci siamo giocati il jolly...segno che La Muntagna un po' ci ha deriso ma, comunque, ci ha protetto.
Verso sera guidimao verso Catania.
Il cielo è terso e stellato. Il cono bianco si staglia tra le nubi. In lontananza vediamo dei bagliori diffusi mutare d'intensità. Saranno le luci di un paese? Sarà un fenomeno eruttivo legato allo sbuffo di oggi? Sarà la stanchezza e la fantasia?

Per me è l'Etna che ci vuole ringraziare della visita consapevole che ci ha stregato costringendoci già a parlare di un futuro ritorno.

P.S: volevo ringraziare veramente tutti. In primis Saro Messina che è un vero appassionato di montagna, della sua terra e dello scialpinismo duro e puro. Grazie dei consigli sulle gite e delle chiacchierate a riguardo. A Giuseppe Coco per la dispobilità e la gentilezza con cui ci ha accolto nel suo B&B. Al Piffa e Giorgio senza in quali non si sarebbe riusciti ad organizzare ma, soprattutto, non ci saremmo divertiti sempre e comunque.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.