sabato 24 novembre 2012
B&B – boschina e birra in Sanbe.
Con oggi ho messo un punto fermo: basta fare serata prima di una gita!!! La sveglia suonerebbe alle 5.30 ma i bagordi indigesti della sera prima mi smuovono mezz’ora prima. Sono sfatto. Provo a riprendermi con una buona dose di caffè e zuccheri…ma non funzionano un gran che.
Ritrovo alla DeAgo con tutti i ragazzi. E’ la prima uscita del gruppo. Speriamo d’aver visto giusto: Pizzo de Mucia da San Bernardino. Ho visto dei bei report sul Ferrè e Tambo…stessa esposizione ma con solo una vallata di differenza.
Come tutte le prime ci sono dei piccoli inconvenienti…chi dimentica la carta d’identità, chi non ha la vignetta, chi si è svegliato tardi…insomma arriviamo a San Bernardino già molto tardi. Inoltre la strada per il passo è chiusa con una sbarra, che facilmente aggiriamo, e il fondo è innevato e ghiacciato. Dobbiamo tornare indietro e partire dal campeggio.
Per fortuna la neve c’è. O meglio…c’è una roba dura e ghiacciata. Ma fino al paese erano solo campi verdi e la possibilità di fare una gita sembrava minima (già mi sentivo la voce di Manuel: “te l’avevo detto di andare in Sempione!!!”). Arriviamo fino al tornante a quota 1740 mt. Da qui giriamo in direzione ovest per iniziare la salita. I primi 200 metri sono ripidi e, dalla descrizione della gita, coperti da un’insidiosa boschina. Che sarà mai!!! Ecco era un intreccio di rami talmente fitto che serviva il macete.
La salita è fortemente rallentata a tal punto che impieghiamo un ora e mezza per superare questo primo pezzo e raggiungere quota 2100 da dove si apre il versante fino alla cima.
Il Piz de Mucia è esteticamente stupendo: una piramide netta che domina un versante triangolare via via più ripido, caratterizzato da bellissimo dossi e vallette e da un’imponente fascia rocciosa sulla destra orografica che protegge la neve dai raggi solari.
Rinfrancati dalla vista iniziamo a salire spediti. La neve è tanta ma il caldo dei giorni scorsi ha fatto disastri: crosta più o meno portante e 5 cm di brina di superficie che intasa le pelli e mi fa scivolare da tutte le parti.
Oggi sono con i vecchi soft e attacchi e questo non aiuta. Dietro di noi si staglia il Piz Uccello dalla forma spettacolare. Altra gita da mettere in cantiere.
Finalmente le gambe iniziano a girare e procediamo spediti. Purtroppo è molto tardi e iniziamo a capire che la cima non si riuscirà a raggiungere.
Il sole inizia ad abbassarsi dietro la cresta. Tra un po’ scenderà anche la temperatura e la remota speranza di trovare neve ammorbidita sta definitivamente scomparendo. Siamo solo noi e due ciaspolatori che ci precedono. La brina è tanta che sembra sia appena nevicato
La pendenza s’impenna. Risaliamo dentro i detriti di una vecchia valanga. A destra un piano liscio che sembra non aver ancora scaricato. Non mi fido a portarmi a sinistra e rimango nella traccia stretta e ripida. Scivolo indietro un paio di volte. Non c’è verso di salire con le pelli. Provo con i rampanti ma non funzionano nemmeno loro (la crosta si spacca e scivola). A piedi sprofonda fino al ginocchio. I ragazzi si fermano 20 metri sopra di me. A questo punto non vale la pena sforzarsi e decido di scendere. Mi creo una piazzola e in bilico cerco di sistemare la split. I ragazzi iniziano a scendere e Manuel mi suggerisce di buttarla sta split. Sono quasi tentato di assecondarlo. Nel fare in fretta non ho usato i guanti e mi sono congelato le mani. Non stringo nemmeno gli scarponi. Mi girano talmente tanto che ho solo voglia di scendere.
Parto. La crosta tiene e i 5 cm di brina sono molto divertenti. Li raggiungo ad una selletta prima del pendio liscio. Da sopra sembra più stabile. Parto per primo e faccio due curve per vedere cosa succede. Tutto ok…mi lancio. Devo dire che, nonostante sia solo la seconda uscita, con i soft giro che è un piacere. Con neve così dura e rugosa la sensibilità dei soft è superiore.
Alla fine non è così male la discesa. Raggiunto il piano ci confrontiamo su quale discesa effettuare. Rientrare nella boschina non ha senso. Meglio tagliare verso destra in cerca del passaggio su San Bernardino.
Puntiamo la base del costone roccioso sciando su neve infame ma in un terreno così vario tra dossi, contropendenze e saltini da essere troppo divertente.
Arriviamo al passo e la vista è desolante. Solo rocce. Ne approfittiamo per mangiare qualcosina…qualcuno riesce persino a farsi un pisolino steso su una roccia piatta (Puppi?!?!?!?).
Scesi di qualche metro notiamo che la lingua di neve riprende e prosegue fino all’arrivo della funivia a quota 2000 mt. Ho la split da sassi e non ho remore a scendere. Tra ramoscelli, erba e sassi affioranti questo è vero free-ride!!!
Da quota 2000 la lingua di neve prosegue fino al parcheggio. Certo è pura sopravvivenza ma meglio che farsela a piedi nella boschina!!!
Con il senno di poi si poteva salire da qui allungando di 100 metri ma senza passaggi intricati.
Ad ogni modo una gita da rifare.
Tornati alle macchine non possiamo non mangiare qualcosa tutti assieme. Ci buttiamo nello spettrale San Bernardino ancora chiuso in attesa della stagione invernale. Troviamo un bar dove ci rifugiamo. Tra un tagliere e un’insalata non potevano mancare diversi giri di birrette…ma allora sto vizio non l’ho proprio perso!!!
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
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