lunedì 31 marzo 2008

Gressoney-Alagna


Dopo la scampagnata pasqualina non potevo non tornare sul Monte Rosa per terminare la “verifica” dei numerosi fuoripista descritti in Polvere Rosa.
Diciamo subito che di polvere è rimasto ben poco. Arrivo a Gressoney alle 8. Il sole è già alto ma bisogna aspettare ancora 45 min prima dell’apertura degli impianti. Ne approfitto per studiare la situazione. Che miseria! Prati ovunque e poche lingue di neve difficilmente sciabili. Già sento quel secco rumore di roccia che lacera la soletta!
Salgo subito fino ai Salati. Lo spettacolo è incredibile. Non ero mai stato qui e solo guardando queste montagne capisco del perchè sia chiamato Freeride Paradise! Diciamo che il paradiso è pieno! Scendo verso Pianalunga tenendomi sulla destra. Non è rimasto nemmeno 1 cm2 di neve non tritata. Nemmeno i passaggi difficili. Nemmeno quelli tra le rocce. Riesco a guadagnare qualcosa solo nel pezzo finale quando ormai la pendenza è misera. Solo solo le 9.15 è la neve già incolla. Scendo fino ad Alagna su una pista già in pappa. Il contrasto tra la lingua d neve ed i prati già in fiore mi convince che la stagione volge al termine (a queste quote quantomeno).
Risalgo in cima, calzo le ciaspole e mi dirigo verso il col Olen. Su quel lato la neve è migliore ma un po’ lavorata dal vento. Girò tra le rocce per riguadagnare la pista appena possibile. Sono un po’ deluso. Salati-Cimalegna. Trovo qualcosa in mezzo ma la neve è pesantemente trasformata e faccio una fatica mostruosa. Ritorno in cima. Calzo le ciaspole e punto lo Stolemberg. Una bella risalita mi porta in costa. A sinistra partono vari canali veramente belli ma con troppa poca neve per poterli affrontare. A destra si apre una valle stupenda, carica di neve e con poche tracce. Se non fosse così tardi e se non avessi la macchina a Gressoney mi sarei buttato dentro. Continuo sul sentiero. La via diventa difficile ed esposta. Ogni tanto una corda rende i passaggi più “tranquilli”. Quota 3000. Sono stanco. Finalmente arrivo al passo dove poter scendere…ma quando arrivo mi rendo conto che di neve non ce n’è abbastanza. Provo. Ci sono solo pochi cm su un mare di pietre. Non voglio rischiare, giro i tacchi e torno su. Rifare all’indietro quel sentiero mi costa una fatica immane. Rifarlo col sapore della ritirata mi consuma le ultime energie. Il morale non mi supporta più. Scendo, giusto per scendere. Arrivo ad un bivio. A sinistra le piste. A destra il canalone del Leich. Sono già le 16.20. Sono stanco. Sarebbe meglio rientrare il prima possibile… ma a questo punto non posso tirarmi indietro. Mi butto dentro… strepitoso! Si è formata una specie di pista di bordercross, con gobbe, paraboliche e salti. In mezzo buche verticali dove sotto scorre il torrente. Il sole inizia a tramontare proprio davanti a me, nella stretta V delle rocce. Che spettacolo! Arrivo giù nel bosco. Riguadagno la pista e solo alle 17.00 raggiungo la macchina. Sono annientato dalla fatica. Ripensando alla giornata realizzo che senza quest’ultima discesa la sentirei un po’ sprecata. Certo panorami mozzafiato ma la vera neve dovrò aspettarla l’anno prossimo. Anzi solo una decina di mesi.

giovedì 27 marzo 2008

4 giorni a Champoluc


Queste vacanze pasquali sono state mitiche! 4 giorni di sole e neve in ottima compagnia (sono così orgoglioso della mia ragazza che in pochissimi giorni ha imparato a scendere in snowboard veramente bene!).


Primo giorno Champorcher.

Era un po’ che volevo andarci dopo averne letto in “Fuori di Traccia 2”. L’inverno è passato lasciando metri di neve in V.d.A., ma quando arriviamo di neve non sembra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

esserne rimasta molta. Mi confermano che due settimane di caldo “estivo” hanno vaporizzato tutto quel ben di dio. Cambio tavola (ed io che ottimisticamente avevo tirato fuori la Legend da 173). La giornata la passo un po’ dietro Silvia un po’ a cercare fazzolettini vergini da tracciare, salti da provare ed un po’ di trick da imparare. Solo nel pomeriggio mi rendo conto che quelle tracce in discesa laggiù non sono la degna ricompensa a caparbi scialpinisti che lentamente si sono guadagnati la cima… con una semplice passeggiata di 30 min dalla seggiovia sommitale mi affaccio su questo mitico pendio carico di neve fresca, stabile e non lavorata ne dal vento ne dal sole. Peccato che il paesaggio sia rovinato da due tralicci della corrente elettrica. Questa bella scarpinata in solitudine è rovinata dal costante crepitio dell’alta tensione.
Riposo un momento. E’ già tardi e so d'aver solo questa discesa. Calzo la tavola e mi butto dentro a capofitto cercando ora curvoni in appoggio, ora una serpentina strettissima. Che bello! Sono pago.


Champoluc day 1 (domenica)
Tornare tra questi boschi dopo 4 o 5 anni d’assenza (vuoi per la scarsità di neve, vuoi per gli impegni soffocanti) mi emoziona. Ripercorrere quelle linee che m’iniziarono al

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

fuoripista, allora così difficili ed ora così banali, fa strano. Mi presento a Champoluc veramente bellicoso. Ho passato tutta la settimana tra snow-forecast e Ozi explorer per impostare il gps. Ho stampato e studiato le cartine topografiche. Ho imparato a memoria “Polvere Rosa”. Purtroppo le mie velleità combattive si scontrano subito con la realtà che molta neve non c’è più. Pochi centimetri nascondono roccette sempre pronte ad aggredirti. Come puma hanno graffiato ed azzannato nel profondo la mia povera Yukon. Ma questo è il gioco ed io non mi tiro indietro.
Seguo Silvia con un occhio mentre mi lancio su ogni pendio rimasto vergine. Per fortuna riesco a trovare due belle linee ed un canalino che, se pur tritato, mi da grandi soddisfazioni.

Champoluc day 2 (lunedì)
Troppa gente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci muoviamo controcorrente e da Frachey ci spostiamo verso le piste che scendono dal Sarezza. In mattinata Silvia ha pettinato ottime curve prima su una blu, poi su una rossa abbastanza impegnativa ed assolutamente non banale. Mi fido a portarla su una pista troppo difficile dove spende tutte le forze e si ferma. Ma io ho voglia di fare, ho voglia di associare dei ricordi alle pagine di quel libro che porto con me come una bibbia. Giro attorno al Sarezza da nord. Grande neve ma il traverso per guadagnare il pendio è lungo, piano ed estenuante. Sono le 16 quando scorgo dalla seggiovia che porta al Belvedere una traccia che scende proprio sotto su un pendio da favola. C’è una bastionata rocciosa di 5 metri da superare, ma il passaggio sembra chiaro. Nemmeno da dire… mi butto di sotto e sotto agli occhi di numerosi sciatori stanchi mi sento addosso tutta la loro invidia! Arrivo al passaggio e…sono bloccato (ora mi sento addosso il loro pensieri “che coglione”). Chi mi ha preceduto era con gli sci e scalettando ha lasciato solo il ghiaccio. Troppo pericoloso scendere senza una sicura. Risalgo qualche metro. Per fortuna in un punto trovo un piccolo canalino largo come un toboga. Tolgo la tavola, mi sdraio e…giù! Acquafan invernale! Guadagno il pendio principale. Neve da urlo. La conca si stringe in un canale che si butta a capofitto verso le baite di Sousun. Scio in mezzo al bosco, schivando alberi e saltando sulle numerose gobbe. Mi fermo e vedo due caprioli zampettare avanti a me. Silenzio. Il sole già sotto le montagne. La luce dell’imbrunire mi regala emozioni profonde. Scio finché trovo neve. Ma presto devo togliermi la tavola e proseguire a piedi lungo il sentiero estivo. Mi ritrovo sulla strada tra Champoluc e Frachey verso le 17.45. Venitemi a prendere, sono distrutto!!!!


Champoluc day 3 (martedì)
La notte ha spolverato qualche centimetro di neve. Al mattino il sole terso mi fa sperare in una gionata epica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Purtroppo il vento forte (ma veramente forte) ha mischiato le carte in tavola. Ci ritroviamo tutti sul Sarezza dato che era l’unico impianto aperto. Come pesci impazziti ci avventiamo su quello che c’è… ma la poca neve che non era stata tracciata o sciolta è stata portata via dal vento. Rimane solo una cosa da fare, giusto per il gusto di farla. Contenery. Un lungo fuoripista che dal fianco del Testa Grigia s’inoltra nei boschi sottostanti. L’avvicinamento non è stato dei più facili (con la tavola). Numerose volte mi ritrovo a dover andare a piedi… ma in compenso ho passato molte ore immerso nella natura, lontano dai tornelli delle seggiovie, dagli sciatori impazienti che ti salgono sulla coda, dalla frenesia di “dover fare”.
Sono veramente stanco ma colmo di tutte queste emozioni. La fatica si stempera in un sorriso ebete.

Resta ancora molto da fare. Per fortuna questo è stato l’inizio di un lungo viaggio alla scoperta del Monte Rosa.