Sabato 10 Aprile. Tempo di gite. Ho passato la settimana con la cartina Svizzera 1:50000 della zona Madesimo in mano, a valutare quale cima fare. In realtà è stato “amore a prima vista” per il Pizzo Quadro. Trattasi di una cima di 3000 metri, con un bellissimo vallone nord tutto da godere. Secondo la cartina (che riporta gli itinerari di skialp) si sale da Starleggia al passo di Servizio passando per il costone sud, per poi divallare a quota 2700 appena sotto alla cima e scendere per il vallone nord. La strada per Starleggia è chiusa fino a maggio, quindi si parte dal campeggio proprio di fronte al parcheggio della funicolare di Campodolcino. Ore 7.00 si parte.
I primi 400 metri sono su strada tortuosa e scarsamente innevata (che mi costringe a salire a piedi). Non c’è modo di tagliare dato che si sale in mezzo a balze rocciose. Inoltre c’è un velo di ghiaccio che rende particolarmente incerto e faticoso il passo. Sto arrancando da un’ora scivolando come un pattinatore con uno zaino da 20kg sulle spalle…mi sto spazientendo quando, finalmente, la strada ritorna completamente ricoperta di neve. In pratica hanno provato a spazzare la strada, con insuccesso, poi hanno desistito. Ora i cumuli di neve durante il giorno si sciolgono allagando l’asfalto, ma di notte tutto si ghiaccia rendendo il percorso un disastro. Scarico la split dallo zaino ed inizio a procedere su traccia dura e ben battuta (c’erano tre ciaspolatori davanti a me). Senza l’enorme fardello ora mi sembra di volare. Arrivo a Starleggia. Il paese dorme sotto una spessa coltre nevosa.
Non credo ci abiti nessuno durante l’inverno. Molti camini sono incellofanati per evitare che la neve entrasse ad intasarli. Sono stufo di seguire la strada e decido ti tagliare seguendo il sentiero che passa in mezzo alle case. Arrivo in un piazza lino con un muretto. C’è una scala stretta ma con la split non si passa. Taglio dal muro. Mi avvicino e…vuumm…la neve cede e sprofondo con tutta la gamba, bloccata dalla neve che preme sulla mezza tavola. L’altra è rimasta fuori e mi forza in una posizione accartocciata e imbarazzante. Ma come cazzo….a fatica mi libero…mi rendo conto che è andata bene, potevo farmi male…a volte si teme così tanto i pericoli naturali e poi…
Lascio Starleggia e la strada alle spalle.
Superata questa fascia rocciosa si apre la valle. Il panorama è incantato. Ci sono alpeggi sparsi qua e là…dormire quassù dev’essere uno spettacolo. Il silenzio m’avvolge. Siamo a quota 1800…sono partito da 990…ma non sento la fatica…lo spettacolo che mi si para davanti mi dà energia. Davanti a me una conca naturale. Con la mente immagino la traccia da percorrere. Meglio passare di lì. Là no perché potrebbe svalangare. Punto su e poi giro così la pendenza sarà più dolce…
Sono assorto tra questi pensieri quando controllo la traccia gps…e m’accorgo d’esser fuori traccia di 500 metri!!!
Ferma tutto. Tira fuori la cartina. Mi oriento di nuovo. Mi rendo conto che sto puntando al Pizzo Sancia. Il Pizzo Quadro è a sinistra, ma…non posso crederci. Il Pizzo Quadro si presenta come una punta nera, rocciosa. Gli ultimi 300 metri sarebbero comunque in sciabili. Riconosco la sella, ma la linea di discesa non è chiara. Ci sono canalini che s’interrompono, roccette un po’ ovunque e, soprattutto, valanghe cadute un po’ ovunque, con molta neve dura o, peggio, molta neve che è rimasta lì appesa…se avessi seguito il giro alla lettera mi sarei trovato sopra quel versante senza la possibilità di vederne la discesa integralmente… insomma mi sarei cacciato proprio in un bel guaio!
Mi volto verso la vetta che stavo puntando. Si chiama Pizzo Sancia, 2714mt, esposizione nord-est. Non è meno della quota che avrei potuto fare, sci ai piedi, puntando al Quadro. Inoltre il suo bel pendio già mi fa pregustare la discesa. Benissimo, mi rimetto in marcia.
Arrivo a 2400mt. Mancano 300 metri ma la pendenza si attesta sui 30° e la neve riscaldata ed inumidita tende a scappare un po’ da tutte le parti. Sono stanco e procedo a fatica con numerose diagonali e inversioni. Il ciaspolatore avanti a me non fa meno fatica. Per un momento spero di poter sfruttare la sua traccia. Tolgo un piede e forzo. Sprofondo di pochi cm. Benissimo, tolgo tutto, ne approfitto per togliere un gigantesco zoccolo di neve dalle pelli e parto. Nemmeno un passo e sono giù nella neve fino al ginocchio. Impossibile avanzare così…tutto da rifare. Ora le pelli sono sgombre ma ghiacciate…sembrano fare meno presa. Ogni 10 passi sono costretto a rifiatare. Manca così poco ma sto spendendo ogni briciolo d’energia residua. Arrivo alle roccette dove la traccia sparisce…finalmente spiana. Gli ultimi 50 metri sono più rilassati, ma non meno faticosi. Arrivo in cima. Sono le 13.30. Sono solo (i ciaspolatori si sono fermati al Bivacco Ca Bianca a 2500). Mi guardo intorno e mi sento colmo di felicità. Mi sento in estasi mistica (probabilmente un riflusso d’endorfina nel sangue). Esausto mangio un panino sperando mi ridia forze per tornare giù. Mi prendo una buona mezzora. Mi preparo. Le prime curve sono un po’ incerte. La neve è morbida e compatta, ma le mie gambe sembrano disabituate al controllo della tavola. Mi fermo. So che la discesa sarà rapida e non posso giocarmela dopo tanta fatica. Mi rialzo e parto concentrandomi sulle curve. Mi sono ripreso. Arrivo sulla parte più ripida.
La neve è ottima. L’avevo studiata attentamente salendo, ho visto che a destra è rimasta protetta dalla cresta. Non ho voluto rovinarla nemmeno con la traccia di salita per godermela poi. Ci sono solo io…e la mia firma resterà solitaria per un po’. Mi fermo poco sotto per scattare una foto…purtroppo da dove sono io non si coglie…ma è ben vivida nel mio cuore. Pochi secondi e mi ritrovo su un punto pi aperto e pianeggiante. Qui la neve è pesantemente scaldata. Mi maledico per non aver sciolinato la tavola. Sono costretto a mantenere la velocità per evitare d’impantanarmi.
Arrivo sopra l’ultimo cambio di pendenza sopra la Valle di Starleggia. Ho due opzioni: seguire la traccia di salita in diagonale e scendere per il lungo e continuo piano anche se scarsamente inclinato, o buttarmi dritto dentro il canale che punta al centro del bacino idrografico…non ci penso nemmeno e tiro dritto…belle curve fino al piano. M’infosso tra le anse del torrente ora coperto, ora più libero.
Devo camminare per uscire da qui…mi giro a salutare la bella vetta. Una lunga salita per pochi secondi di gioia, ne vale sempre la pena. Il resto della discesa non è entusiasmante…nemmeno il bosco ha preservato la qualità della neve. Ora scendere è veramente pesante. Arrivo alla strada asfaltata passando per una cava attiva (segnali di pericolo mine mi fanno un po’ impensierire). Il perfido ghiaccio ora è sparito.
La discesa è più agile anche se infinita. Arrivo alla macchina. Fa caldo. La neve disciolta crea cascate e torrenti impetuosi. La copertura è ancora elevata ma il caldo è vorace. Bisogna partire da più in alto…ma dopo la gita di oggi, so che la stagione è ancora lungi dal termine.
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