Siamo arrivati alla fine del corso, ma la voglia di stare assieme e andare in montagna è troppo forte per riporre le armi. Per fortuna riusciamo ad organizzare una gita extra, anche se molti (istruttori e corsisti) purtroppo non riusciranno a partecipare…
Inizialmente dovevamo andare allo Scalino ma il meteo è cambiato all’ultimo e la gita è saltata. Chi ne trova una di ripiego? Mi ci metto io con la consulenza di Manuel… in alternativa c’è il sicuro Breithorn dal Sempione…ma volevamo trovare qualcosa di meno frequentato. Guardo bollettini e previsioni. Andermatt 20 cm di neve. Tra le varie gite trovo il Lucendro da Realp. A tutti sembra una buona meta. Perfetto. Alcuni ragazzi partono già venerdì pomeriggio per dormire a Realp ed evitare la levataccia. Sembra tutto perfetto ma…ci sarà neve a Realp (1500 mt)??? Sembrerà una cavolata ma ho dato per scontato che ad Andermatt la neve certamente non manchi…però quando mi collego alla webcam vedo i prati in fiore!!!!
Ma come? C’erano più di 3 metri di neve solo a novembre!!! Storicamente è uno dei posti più nevosi sulle alpi!!! Ma come ho potuto essere così superficiale!!! Inizia una paranoia pazzesca. Manuel trova un report del Lucendro. E'di giovedì ma in tedesco. Non si capisce il limite della neve. Sembrerebbe che la lunga stradina che da Realp sale alla Rotondhutte sia da fare sci in spalla. NOOOOO…DISASTRO!!!! Sento la responsabilità della disfatta. Mi sento d’aver compromesso l’ultima gita…quella che doveva essere un premio potrebbe essere una ravanata pazzesca. E pensare che il Sempione sarebbe stata una sicurezza…ma no, Gianfranco fidati, Andermatt la conosco bene…
Passo tutta la serata a cercare alternative. Passo del Furka. Valle di Goschen. Oberalppass. Trenino. Mongolfiera…nulla. O i passi sono chiusi, o i pendii troppo ripidi…non ci sono alternative con partenza più alta. L’errore mi tormenta facendomi dormire si e no un paio d’ore. La sveglia è una liberazione, si parte. Ormai è tardi per cambiare meta.
Verso le 6.00 c’incontriamo con gli altri in una deserta e spettrale Realp. Fa un freddo (-5) quasi invernale, però il panorama è desolante. Poca neve e in alto. Sono mortificato. Per fortuna i ragazzi sono molto più easy di me…ma si dai…facciamo un giretto. Grazie, mi sento un po’ più rincuorato.
All’improvviso compare uno svizzero a spasso con il cane. Un fantasma. O un angelo…ci chiede quale gita vorremmo fare. Ah il Lucendro…zi zi bella gita…potete zalire con la macchina sulla strtina verzo Rotondhutte.
Questa informazione segnerà la svolta. Risaliamo la stradina asfaltata con la macchina sfanalando pure ad un paio di skialper che se la stavano facendo a piedi. In questo modo ci mangiamo comodamente i primi 300 metri di prati ma, soprattutto, quasi 3 km di sviluppo su asfalto. Che regalo!!! Parcheggiamo al limite della neve e si sale già con le pelli. La neve è dura. Perfettamente rigelata fin negli strati più profondi. Si sale bene. Le temperature precipitate ci consentono di salire con più tranquillità.
Arriviamo sul pianone che porta alla Rotondhutte.
Il Lucendro compare sulla sinistra. Siamo da soli. Il cielo terso. Non c’è vento. Tutto è perfetto. Se penso alla fila indiana che ci sarà al Sempione dico che abbiamo scelto lo spot giusto. Ma c'è stata una buona dose di fortuna.
Arriviamo vicini al rifugio. Qui dobbiamo svoltare decisamente a sinistra per i ripidi pendii che salgono verso la cima. Purtroppo siamo stati un filo alti ed ora ci tocca scendere.
Ho giusto montato i coltelli (perché come al solito ho preteso troppo dalle pelli e dalla mia scarsa confidenza e sono scivolato) che mi permettono d’improvvisare una discesa più o meno controllata a telemark, senza farmi tribolare troppo.
Inizia la salita vera. Tiriamo su dritti, complice la neve dura. Forse osiamo troppo e dopo la prima rampa ne usciamo un po’ spompi. Arriviamo in vista del ripido canale.
Sulla destra alcune tracce di discesa (un po’ azzardate dice Gianfranco) iniziamo a gasarmi.
Saliamo. La neve non è rigelata ma compattata dal vento. Stessa situazione del Tresero: ripido e non sufficientemente duro per i coltelli. Insomma un calvario per la split (ad oggi l’unica situazione dove soffro rispetto alle ciaspole). Salgo. Per fortuna la neve tiene già di più e l’esperienza accumulata m’aiuta non poco. Arrivo al colletto in pieno sole. Ora fa caldo. Ci spogliamo e ci ricompattiamo. Restano gli ultimi 150 metri sull’altro versante. Alcune tracce scendono sul San Gottardo. La neve sembra spettacolare da questo lato.
In effetti è morbida e solo ora sembra che inizi a trasformare sotto l’effetto del sole. Arriviamo ad una piccola selletta. Di qui in cima solo con i ramponi. Saliamo solo io, Gianfranco, Piffa e Vesco. Onestamente è la prima volta che mi cimento con i ramponi con scarpone da snow su una cresta abbastanza affilata (oddio, nemmeno troppo affilata) e devo dire che l’esperienza non è affatto banale.
Arriviamo in vetta. Il panorama è spettacolare. Foto di rito. Vorrei restare un po’ a contemplare il panorama ma è meglio iniziare a scendere.
Ritornati alla sella si riparte. Dovremo riguadagnare il colletto senza perdere troppa quota, pena dover risalire. I primi restano in traccia. Parto io. Traverso in back. Per paura di perdere troppa quota rinuncio a 4 belle curve e tiro dritto cercando di stare alto. Tiro un bel traversone su neve dura che mi permette di rimanere 5 metri più alto degl’altri. Peccato che Gianfranco mi ferma rimproverandomi: hai fatto esattamente quello che non si deve fare!!!! Incasso male la giusta critica e resterò mogio per tutta la discesa. Seconda leggerezza di giornata ed anche stavolta la fortuna c’ha messo una pezza (ovvero la parete è rimasta su e non è sceso nulla).
Arrviamo al canale. Scendo sul trito. A sinistra sono rimasti 20 cm di neve polverosa ma non ho voglia di sfidare la sorte. Accenno giusto due curve ma me ne sto ben bene sul macinato. Da qui in poi i pendii si aprono, non ci sono più grossi rischi e la neve ci sta regalando un firn superlativo.
Si aprono le danze tutti insieme. Tra dossi e vallette ci godiamo gli uni delle curve degl’altri…
Troviamo un haf pipe naturale. Scendiamo godendoci le curve sulle pareti laterali- Ci fermiamo tutti in fondo. Carlo chiude. Qui il Magister ci ha regalato emozioni, con delle curve in contropendenza fatte a 1000 all’ora. Siamo tutti in estasi. Grande Carlo.
Giungiamo sul piattone dove ci tocca camminare un po’, ma la neve è portante. Inoltre la leggera inclinazione ci permette di scivolare senza troppa fatica. Che neve.
Ultime curve, ultimi salti, ultimi giochi…siamo al ravanage finale ma la macchina è lì. Comodi comodi ci ritroviamo sui prati. Dalle baite escono persone con forconi e falci a preparare i prossimi pascoli. Il sole caldo ma mai opprimente ci culla.
Vorremmo restare qui a crogiolarci ma la super grigliatona da Giorgio chiama. Lì si riunirà tutto il gruppo per la festa finale.
Oggi (lunedì) Cristina scrive “mi mancherete”…ma non sono d’accordo. Nuovi e profondi legami si sono creati in un bel gruppo affiatato che ama la montagna. Qualcuno si troverà ad arrampicare. Qualcuno continuerà con lo scialpinismo finchè si potrà. Magari ci troveremo su qualche mulattiera o con le MTB o a piedi. Magari ci troveremo al lago a fate kite, a nuotare o grigliare…sicuramente ci terremo in contatto aspettando che la neve torni, che faccia freddo e che si possa ricominciare, con la consapevolezza che si riparte da un gradino più alto. Grazie a tutti…
...sarà fantastico.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
sabato 16 aprile 2011
domenica 10 aprile 2011
Scacciato il caldo ai Forni (più o meno).
Venerdì torno dal lavoro in bici. Sono costretto a togliermi la maglia a maniche lunghe. Ci sono 30 gradi. Passo dall’idroscalo. Che voglia di sdraiarsi al sole…ma è solo l’inizio di Aprile!?!?!? Ma che succede a sto tempo pazzerello??? Ormai ho capito che il calendario non fa testo. Le condizioni cambiano da una settimana all’altra. Viste le temperature decidiamo per gite più tardo-primaverili: Tresero. O meglio, riesco a spuntare il Tresero dato che Manuel per tutta la settimana ha fatto pressing per il Palon de la Mare…
Sabato sera ci ritroviamo a Santa con Marzio. Andiamo a dormire sapendo che dovremo partire molto presto.
Alle 5.00 il parcheggio dei Forni inizia ad animarsi. Ci sono molte tende, segno che i rifugi sono strapieni. Si parte alla luce delle frontali e subito sbagliamo strada stando sulla destra del torrente Frodolfo (come da cartina e tracce scaricate sul gps).
Solo dopo ci renderemo conto che il sentiero basso più a sinistra sale molto più agevole. Con questo scherzetto ci siamo giocati mezzoretta ma almeno saliamo in solitaria (dall’altro lato delle belle file indiane che puntavano alle varie cime).
La neve ha rigelato ed è vagamente portante. Bene. Inizia a rischiarare. Si scorge il San Matteo arrossato dai primi raggi del sole.
Saliamo con continuità. L’ambiente è straordinario. Arriviamo in vista dell’isola persa e dei primi seracchi. Sono immerso in un’atmosfera mistica. Il silenzio. La luce. Il passo ritmico. Procediamo filati senza fatica quando…booom…un seracco cade in lontananza. Ore 7.00. Il rumore ci tuffa in un bagno di realtà. Il caldo avanza e dobbiamo sbrigarci.
Ore 8.00 sbuchiamo al sole. C’è un venticello freddo che non fa sentire troppo caldo rendendo leggera la salita. Arriviamo belli freschi allo strappo finale.
Mi attardo a rispondere ad un sms sfruttando il campo improvviso. Manuel balza avanti sapendo che bisogna risalire prima che la neve molli troppo. Io e Marzio montiamo i coltelli. Si sale. La neve non sembra rigelata ma si presenta dura e compattata dal forte vento dei giorni scorsi. La traccia degli sciatori è stretta, strettissima per la split. La mezza tavola a valle sfonda e tende a scivolare. I coltelli aiutano solo a livello psicologico perché non tengono lateralmente. Nei punti più ripidi saranno 40°.
Procedo con calma per non rischiare di cadere. La fatica fisica e mentale è stremante. Sono costretto a tenere la tavola a valle nelle tracce e battere una nuova pista con quella a monte. In questo modo riesco a progredire con buona sicurezza ma perdo ancora un po’ di tempo. Verso il basso Marzio sfonda e non riesce a salire. Mi dice che non è molto sicuro. Provo a incoraggiarlo (in realtà faccio forza anche a me): dai Marzione, ti ho battuto un’autostrada!!!! In effetti stando sulla mia traccia dovrebbe faticare meno, ma può darsi che gli sciatori che si sono infilati tra di noi vanifichino il lavoro di battitura.
Supero lo strappo e lo perdo di vista. In compenso vedo Manuel arrivare al colletto. Mancano 50 metri ma sono esausto. Mi fermo un minuto a mangiare una barretta e rifiatare. Lui si prepara per la discesa. In cresta tira un vento fortissimo e freddo. Lo incrocio pochi metri sotto la cresta mentre scende. La neve inizia a mollare sempre di più. Sono le 10.30 e bisogna scendere. La croce è a pochi metri.
Dovrei mettere i ramponi ma concordo con Manuel che non ne vale la pena, meglio scendere. Inizio a prepararmi mentre lui và a vedere com’è messo Marzio. Tolgo le pelli e rimuovo il ghiaccio dagl’incastri mentre tira un vento gelido. Per fortuna ho portato il piumino e sotto al guscio mi fa stare al caldo. Ready, vorrei rimanere di più a contemplare tanta meraviglia...
ma non si può, foto e via.
Scendo i primi 50 metri e, finalmente, vedo sbucare Marzio, con la split caricata sullo zaino, i ramponi montati, salire dritto per dritto. Lo sento imprecare perché la split non teneva, perché la neve smollava, perché gli sciatori andavano meglio, perché con i ramponi è salito facile…forse la stanchezza e la quota l’ha fatto un po’ sragionare. Gli dico che, secondo me, è ancora troppo acerbo con le pelli e quella era una salita molto difficle…e i paragoni con gli sciatori non reggono…è ovvio che lo sci sale meglio…ma allora inzia a sciare!!!
Lui non mi sente. Certo che con i ramponi è salito agile (considerando che fisicamente è fortissimo), sono convinto che sia stata l'opzione corretta per sopperire a certi limiti della split, però in questo caso la neve era portante. In condizioni diverse, salire 150 metri a 40° sfondando fino al ginocchio (o peggio) non è così semplice. Se l’avessi fatto io sarei morto dalla fatica.
Ad ogni modo sono le 11.00 e bisogna scendere. Lui inizia a preparasi mentre io proseguo a scendere. Mi porto tutto a destra dove la lingua di roccia che scende da Punta Pedranzini ha protetto un po’ la neve. Siamo sui 40° con neve compatta.
Sono carico. Parto con una prima curva saltata, controllata, atterro in back side e mi ritrovo con sedere e scivolo… Punto la tavola ma nulla…scivolo…punto le mani e mi rialzo in piedi. L’unica è scendere più dritto e forzare meno perché la neve non tiene. Ha una consistenza troppo strana. Altra curva in back un po’ troppo caricata e a terra di nuovo…scivolo ma mi ributto in piedi subito…altre tre curve e finalmente spiana. Mi fermo a riorganizzare le idee.
Ma che cazzo di discesa ho fatto!!! Bisogna cambiare strategia. Ancora più a destra vedo la neve che ha preso più sole “fiorire”. Sicuramente lì sarà migliore. Così è. Ora ci si diverte. Inizio a scendere fluido e veloce. Peccato non aver trovato quelle condizioni lassù. Le tracce filano a destra ma è troppo bella questa linea. Ho solo una perplessità: non starò finendo sul seracco???? Rallento per controllare e, per fortuna, è solo un cambio di pendenza. Sotto, una bella paretona vergine con firn al punto giusto. Me la divoro a tutta con dei curvoni pazzeschi. La Venture ora è splendida, mentre sul ripido e duro ha mostrato il fianco. La Storm è una tavola da fresca, il rocker non aiuta. Ma qui non è più duro. Posso spingere al massimo.
Supero il piano a bomba e mi porto sul secondo cambio di pendenza dove mi ricongiungo con Manuel. Lui è sceso dalla via di salita con neve decisamente migliore. Aspettiamo Marzio che finalmente si ricongiunge. Come timing siamo giusti ma da qui in giù il riscaldamento della neve è assolutamente bizzarro. Entriamo in un canale. A destra, all’ombra, tutto ghiacciato. A sinistra, al sole, sfondiamo fino al ginocchio. Solo nel mezzo una neve abbastanza sciabile. Nessun problema basta rimanere veloci. Ci buttiamo giù come in un half pipe. Che goduria.
Penso che ne sia valsa la pena di salire con uno snowboard visto come ce la stiamo godendo. Usciamo dalle vallette. La neve non tiene. All’improvviso ti ritrovi immerso come un sommergibile. Sfruttiamo ogni traccia e ogni ombra per raggiungere il sentiero. Qui, in qualche modo, riusciamo a scendere verso la diga, bloccati ogni tanto dai ruscelli sempre più gonfi dal riscaldamento primaverile.
Finiamo con un guado vero e proprio sfruttando i massi e rischiando di finire risucchiati. Questo si che è vero backcountry!!!!
Al parcheggio c’è il pienone. Riconosco solo un altro splitter: Andrea, di ritorno dal Pasquale…ex compagno Sa2 di Manuel. Si potrebbe organizzare una prossima uscita, sperando nel meteo e in temperature più consone al periodo.
Una cosa è certa: bisogna ritornare.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
Sabato sera ci ritroviamo a Santa con Marzio. Andiamo a dormire sapendo che dovremo partire molto presto.
Alle 5.00 il parcheggio dei Forni inizia ad animarsi. Ci sono molte tende, segno che i rifugi sono strapieni. Si parte alla luce delle frontali e subito sbagliamo strada stando sulla destra del torrente Frodolfo (come da cartina e tracce scaricate sul gps).
Solo dopo ci renderemo conto che il sentiero basso più a sinistra sale molto più agevole. Con questo scherzetto ci siamo giocati mezzoretta ma almeno saliamo in solitaria (dall’altro lato delle belle file indiane che puntavano alle varie cime).
La neve ha rigelato ed è vagamente portante. Bene. Inizia a rischiarare. Si scorge il San Matteo arrossato dai primi raggi del sole.
Saliamo con continuità. L’ambiente è straordinario. Arriviamo in vista dell’isola persa e dei primi seracchi. Sono immerso in un’atmosfera mistica. Il silenzio. La luce. Il passo ritmico. Procediamo filati senza fatica quando…booom…un seracco cade in lontananza. Ore 7.00. Il rumore ci tuffa in un bagno di realtà. Il caldo avanza e dobbiamo sbrigarci.
Ore 8.00 sbuchiamo al sole. C’è un venticello freddo che non fa sentire troppo caldo rendendo leggera la salita. Arriviamo belli freschi allo strappo finale.
Mi attardo a rispondere ad un sms sfruttando il campo improvviso. Manuel balza avanti sapendo che bisogna risalire prima che la neve molli troppo. Io e Marzio montiamo i coltelli. Si sale. La neve non sembra rigelata ma si presenta dura e compattata dal forte vento dei giorni scorsi. La traccia degli sciatori è stretta, strettissima per la split. La mezza tavola a valle sfonda e tende a scivolare. I coltelli aiutano solo a livello psicologico perché non tengono lateralmente. Nei punti più ripidi saranno 40°.
Procedo con calma per non rischiare di cadere. La fatica fisica e mentale è stremante. Sono costretto a tenere la tavola a valle nelle tracce e battere una nuova pista con quella a monte. In questo modo riesco a progredire con buona sicurezza ma perdo ancora un po’ di tempo. Verso il basso Marzio sfonda e non riesce a salire. Mi dice che non è molto sicuro. Provo a incoraggiarlo (in realtà faccio forza anche a me): dai Marzione, ti ho battuto un’autostrada!!!! In effetti stando sulla mia traccia dovrebbe faticare meno, ma può darsi che gli sciatori che si sono infilati tra di noi vanifichino il lavoro di battitura.
Supero lo strappo e lo perdo di vista. In compenso vedo Manuel arrivare al colletto. Mancano 50 metri ma sono esausto. Mi fermo un minuto a mangiare una barretta e rifiatare. Lui si prepara per la discesa. In cresta tira un vento fortissimo e freddo. Lo incrocio pochi metri sotto la cresta mentre scende. La neve inizia a mollare sempre di più. Sono le 10.30 e bisogna scendere. La croce è a pochi metri.
Dovrei mettere i ramponi ma concordo con Manuel che non ne vale la pena, meglio scendere. Inizio a prepararmi mentre lui và a vedere com’è messo Marzio. Tolgo le pelli e rimuovo il ghiaccio dagl’incastri mentre tira un vento gelido. Per fortuna ho portato il piumino e sotto al guscio mi fa stare al caldo. Ready, vorrei rimanere di più a contemplare tanta meraviglia...
ma non si può, foto e via.
Scendo i primi 50 metri e, finalmente, vedo sbucare Marzio, con la split caricata sullo zaino, i ramponi montati, salire dritto per dritto. Lo sento imprecare perché la split non teneva, perché la neve smollava, perché gli sciatori andavano meglio, perché con i ramponi è salito facile…forse la stanchezza e la quota l’ha fatto un po’ sragionare. Gli dico che, secondo me, è ancora troppo acerbo con le pelli e quella era una salita molto difficle…e i paragoni con gli sciatori non reggono…è ovvio che lo sci sale meglio…ma allora inzia a sciare!!!
Lui non mi sente. Certo che con i ramponi è salito agile (considerando che fisicamente è fortissimo), sono convinto che sia stata l'opzione corretta per sopperire a certi limiti della split, però in questo caso la neve era portante. In condizioni diverse, salire 150 metri a 40° sfondando fino al ginocchio (o peggio) non è così semplice. Se l’avessi fatto io sarei morto dalla fatica.
Ad ogni modo sono le 11.00 e bisogna scendere. Lui inizia a preparasi mentre io proseguo a scendere. Mi porto tutto a destra dove la lingua di roccia che scende da Punta Pedranzini ha protetto un po’ la neve. Siamo sui 40° con neve compatta.
Sono carico. Parto con una prima curva saltata, controllata, atterro in back side e mi ritrovo con sedere e scivolo… Punto la tavola ma nulla…scivolo…punto le mani e mi rialzo in piedi. L’unica è scendere più dritto e forzare meno perché la neve non tiene. Ha una consistenza troppo strana. Altra curva in back un po’ troppo caricata e a terra di nuovo…scivolo ma mi ributto in piedi subito…altre tre curve e finalmente spiana. Mi fermo a riorganizzare le idee.
Ma che cazzo di discesa ho fatto!!! Bisogna cambiare strategia. Ancora più a destra vedo la neve che ha preso più sole “fiorire”. Sicuramente lì sarà migliore. Così è. Ora ci si diverte. Inizio a scendere fluido e veloce. Peccato non aver trovato quelle condizioni lassù. Le tracce filano a destra ma è troppo bella questa linea. Ho solo una perplessità: non starò finendo sul seracco???? Rallento per controllare e, per fortuna, è solo un cambio di pendenza. Sotto, una bella paretona vergine con firn al punto giusto. Me la divoro a tutta con dei curvoni pazzeschi. La Venture ora è splendida, mentre sul ripido e duro ha mostrato il fianco. La Storm è una tavola da fresca, il rocker non aiuta. Ma qui non è più duro. Posso spingere al massimo.
Supero il piano a bomba e mi porto sul secondo cambio di pendenza dove mi ricongiungo con Manuel. Lui è sceso dalla via di salita con neve decisamente migliore. Aspettiamo Marzio che finalmente si ricongiunge. Come timing siamo giusti ma da qui in giù il riscaldamento della neve è assolutamente bizzarro. Entriamo in un canale. A destra, all’ombra, tutto ghiacciato. A sinistra, al sole, sfondiamo fino al ginocchio. Solo nel mezzo una neve abbastanza sciabile. Nessun problema basta rimanere veloci. Ci buttiamo giù come in un half pipe. Che goduria.
Penso che ne sia valsa la pena di salire con uno snowboard visto come ce la stiamo godendo. Usciamo dalle vallette. La neve non tiene. All’improvviso ti ritrovi immerso come un sommergibile. Sfruttiamo ogni traccia e ogni ombra per raggiungere il sentiero. Qui, in qualche modo, riusciamo a scendere verso la diga, bloccati ogni tanto dai ruscelli sempre più gonfi dal riscaldamento primaverile.
Finiamo con un guado vero e proprio sfruttando i massi e rischiando di finire risucchiati. Questo si che è vero backcountry!!!!
Al parcheggio c’è il pienone. Riconosco solo un altro splitter: Andrea, di ritorno dal Pasquale…ex compagno Sa2 di Manuel. Si potrebbe organizzare una prossima uscita, sperando nel meteo e in temperature più consone al periodo.
Una cosa è certa: bisogna ritornare.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
lunedì 4 aprile 2011
Cima delle Lose da Argentera – Sa1
Ultima gita Sa1. Destinazione Sambuco (CN) zona Alpi Marittime. Insomma a casa di dio.
Partenza sabato mattina, ritrovo verso le 13.30 all’Osteria della Pace. Già mi girano. Sprecare una giornata. Fare una gita di soli 1100 mt con vetta a 2800. Guidare per quasi 300 km quando a un tiro di schioppo in Ossola o in Svizzera ci sono mille gite che m’attirano di più lo trovo “insensato”. Aticipo subito che è stata una gita bellissima e una due giorni indimenticabile fatta di grasse risate, utili esercitazioni (oddio la barella chi la farà mai…ma è stato esilarante mollare l’Elisa a tutta legata sulle tavole giù dalla pista), mitiche mangiate, paesaggi lunari e neve strepitosa!!!
Sabato dopo un primo round all’osteria saliamo con la seggiovia ad Argentera per fare la prova arva di gruppo. Ore 15.00, caldo pazzesco. Salgo in pantaloncini. Peccato che un vento teso e freddo m’ha fatto subito cambiare idea: fuori i pantavento!!! Chissà gli skiers cosa avranno pensato (il solito snowboarder)…
Dopo aver ravanato in 20 lungo un pendio con 7 arva sotto (sempre di più mi rendo conto che in caso reale nulla è banale e quanto sia incasinato scavare nella neve compatta e profonda); ci lanciamo lungo la pista chiusa e, quindi, solo per noi!!! I gattisti già iniziavano a tirare la poca neve, come resistere dal tirarci due curve dentro (vero Aldone???).
Appena prima del parcheggio prova barella e via verso la locanda. Espletate l’esercitazioni domani sarà solo gita e divertimento.
La serata passa alla svelta mangiando alla grande (l’osteria era pure recensita sullo slow food…insomma ci si tratta bene) e sbevazzando…tanto che allo schizzo di rotta devo lottare contro il sonno!!! Temo che mi chiameranno “Morfeo 2”….
La notte passa in un attimo ed è già ora di alzarsi. Fuori e buio pesto. Le stelle brillano in un cielo terso (non proprio lo stesso cielo di Milano). Bisogna partire per tempo e concludere entro le 11.30 perché fa molto caldo. Inizia ad albeggiare.
Il primo pezzo della salita è in un bel bosco rado, ripido e fatto a terrazze. In basso la neve è ancora umida e le pelli tengono molto bene. Però dopo 200 metri la neve è un po’ più duretta e preferisco montare i rampant. Li stacco dallo zaino e me ne scappa uno (errore da principiante) giù per iol bosco. Parte a razzo….per fortuna anche il Cero scatta come un felino bloccando la corsa della lama (in effetti ti dovevo una birra…).
Si prosegue. Questo bosco sembra non finire mai. Inoltre i continui stop per trovare la posizione con la bussola mi sfiancano. Fatico a trovare il ritmo. Mi sento fiacco. Forse ho bevuto troppo ieri sera.
Dopo due orette finalmente sbuchiamo fuori. Davanti a noi si para una parete nevosa pazzesca. La punta sulla destra la nostra meta. Qualche sci alpinista ci precede salendo dritto per dritto.
Ripartiamo di buon passo. Con la scusa della split mi stacco dalla traccia dei ragazzi e tiro su. Ora giro meglio, più regolare. Salendo mi rendo conto che tirar dritto con l’alzatacco non è così faticoso, anzi. Almeno fino alla parte più ripida. Qui abbasso il rialzo e proseguo a zigzag. I ragazzi seguono tutti a buon ritmo. Praticamente la seconda metà della gita ce la siamo bevuta in metà tempo rispetto alla prima.
La neve pare proprio bella. Dalla cima la vista spazia su montagne sconosciute. Solo il Monviso in lontananza si riesce a riconoscere. Ancora un pezzettino di cresta per la cima vera e propria ma a metà dobbiamo fare dietrofront: neve dura, servono i ramponi.
Si scende. Finalmente non ho la corda. Parto per primo dietro Gianfranco. Lui si tiene a sinistra passando su alcune roccette e vecchie tracce. Partiamo uno alla volta. Ma io apro. Preferisco portarmi tutto a destra. Qui la neve è un filo più crostosa ma non c’è passato nessuno.
A me và strabene così anche perché tiene bene e si possono fare belle curve a tutta. Prima un po’ più controllate poi, verso il fondo, mollo tutto per proiettarmi a mille sul piano. Spettacolo. La mia firma tutta solitaria.
Gli altri passato più vicini al dosso. Trovano la neve migliore. Li vedo godere. Purtroppo riesco a fare solo un video poi la batteria della fotocamera cede.
Secondo tratto verso il bosco per dossi e vallette. La neve è “fiorita”. Stupenda e sciabilissima. Dentro la valletta ne approfitto per una curva in stile half-pipe. Il gruppo e ben rodato e “disciplinato”, quindi si scende in libertà. Dentro il bosco no comment. Sciare tra gli abeti radi su pendio ripido è uno sballo. Dribblare i tronchi, saltare su ogni dosso…le scie che s’intrecciano…spettacolo. Ultimi metri. Giro un curvone su massima pendenza staccando tutto (la neve era marcissima) e mi fiondo a 200 verso il ponticello e parcheggio. Che goduria.
Si torna in zona Osteria per impadronirci dei tavoloni esterni dove abbiamo banchettato a formaggio, salame e birra in perfetto Righini style (e pensare alla prima gita dove ci siamo presentati a mani vuote). Ultime chiacchiere e bilancio del corso. Ultima gita. Restano solo gli esami. C’è un po’ di malinconia mischiata all’adrenalina della giornata. Tutti siamo cresciuti molto. Siamo più consapevoli. Ma non ancora pronti, indipendenti. Forse non resta che buttarsi, con testa, prudenza e pazienza. Crescendo per gradi. Facendo esperienza. Sa1 is too short, ma le gite non sono finite…
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
Partenza sabato mattina, ritrovo verso le 13.30 all’Osteria della Pace. Già mi girano. Sprecare una giornata. Fare una gita di soli 1100 mt con vetta a 2800. Guidare per quasi 300 km quando a un tiro di schioppo in Ossola o in Svizzera ci sono mille gite che m’attirano di più lo trovo “insensato”. Aticipo subito che è stata una gita bellissima e una due giorni indimenticabile fatta di grasse risate, utili esercitazioni (oddio la barella chi la farà mai…ma è stato esilarante mollare l’Elisa a tutta legata sulle tavole giù dalla pista), mitiche mangiate, paesaggi lunari e neve strepitosa!!!
Sabato dopo un primo round all’osteria saliamo con la seggiovia ad Argentera per fare la prova arva di gruppo. Ore 15.00, caldo pazzesco. Salgo in pantaloncini. Peccato che un vento teso e freddo m’ha fatto subito cambiare idea: fuori i pantavento!!! Chissà gli skiers cosa avranno pensato (il solito snowboarder)…
Dopo aver ravanato in 20 lungo un pendio con 7 arva sotto (sempre di più mi rendo conto che in caso reale nulla è banale e quanto sia incasinato scavare nella neve compatta e profonda); ci lanciamo lungo la pista chiusa e, quindi, solo per noi!!! I gattisti già iniziavano a tirare la poca neve, come resistere dal tirarci due curve dentro (vero Aldone???).
Appena prima del parcheggio prova barella e via verso la locanda. Espletate l’esercitazioni domani sarà solo gita e divertimento.
La serata passa alla svelta mangiando alla grande (l’osteria era pure recensita sullo slow food…insomma ci si tratta bene) e sbevazzando…tanto che allo schizzo di rotta devo lottare contro il sonno!!! Temo che mi chiameranno “Morfeo 2”….
La notte passa in un attimo ed è già ora di alzarsi. Fuori e buio pesto. Le stelle brillano in un cielo terso (non proprio lo stesso cielo di Milano). Bisogna partire per tempo e concludere entro le 11.30 perché fa molto caldo. Inizia ad albeggiare.
Il primo pezzo della salita è in un bel bosco rado, ripido e fatto a terrazze. In basso la neve è ancora umida e le pelli tengono molto bene. Però dopo 200 metri la neve è un po’ più duretta e preferisco montare i rampant. Li stacco dallo zaino e me ne scappa uno (errore da principiante) giù per iol bosco. Parte a razzo….per fortuna anche il Cero scatta come un felino bloccando la corsa della lama (in effetti ti dovevo una birra…).
Si prosegue. Questo bosco sembra non finire mai. Inoltre i continui stop per trovare la posizione con la bussola mi sfiancano. Fatico a trovare il ritmo. Mi sento fiacco. Forse ho bevuto troppo ieri sera.
Dopo due orette finalmente sbuchiamo fuori. Davanti a noi si para una parete nevosa pazzesca. La punta sulla destra la nostra meta. Qualche sci alpinista ci precede salendo dritto per dritto.
Ripartiamo di buon passo. Con la scusa della split mi stacco dalla traccia dei ragazzi e tiro su. Ora giro meglio, più regolare. Salendo mi rendo conto che tirar dritto con l’alzatacco non è così faticoso, anzi. Almeno fino alla parte più ripida. Qui abbasso il rialzo e proseguo a zigzag. I ragazzi seguono tutti a buon ritmo. Praticamente la seconda metà della gita ce la siamo bevuta in metà tempo rispetto alla prima.
La neve pare proprio bella. Dalla cima la vista spazia su montagne sconosciute. Solo il Monviso in lontananza si riesce a riconoscere. Ancora un pezzettino di cresta per la cima vera e propria ma a metà dobbiamo fare dietrofront: neve dura, servono i ramponi.
Si scende. Finalmente non ho la corda. Parto per primo dietro Gianfranco. Lui si tiene a sinistra passando su alcune roccette e vecchie tracce. Partiamo uno alla volta. Ma io apro. Preferisco portarmi tutto a destra. Qui la neve è un filo più crostosa ma non c’è passato nessuno.
A me và strabene così anche perché tiene bene e si possono fare belle curve a tutta. Prima un po’ più controllate poi, verso il fondo, mollo tutto per proiettarmi a mille sul piano. Spettacolo. La mia firma tutta solitaria.
Gli altri passato più vicini al dosso. Trovano la neve migliore. Li vedo godere. Purtroppo riesco a fare solo un video poi la batteria della fotocamera cede.
Secondo tratto verso il bosco per dossi e vallette. La neve è “fiorita”. Stupenda e sciabilissima. Dentro la valletta ne approfitto per una curva in stile half-pipe. Il gruppo e ben rodato e “disciplinato”, quindi si scende in libertà. Dentro il bosco no comment. Sciare tra gli abeti radi su pendio ripido è uno sballo. Dribblare i tronchi, saltare su ogni dosso…le scie che s’intrecciano…spettacolo. Ultimi metri. Giro un curvone su massima pendenza staccando tutto (la neve era marcissima) e mi fiondo a 200 verso il ponticello e parcheggio. Che goduria.
Si torna in zona Osteria per impadronirci dei tavoloni esterni dove abbiamo banchettato a formaggio, salame e birra in perfetto Righini style (e pensare alla prima gita dove ci siamo presentati a mani vuote). Ultime chiacchiere e bilancio del corso. Ultima gita. Restano solo gli esami. C’è un po’ di malinconia mischiata all’adrenalina della giornata. Tutti siamo cresciuti molto. Siamo più consapevoli. Ma non ancora pronti, indipendenti. Forse non resta che buttarsi, con testa, prudenza e pazienza. Crescendo per gradi. Facendo esperienza. Sa1 is too short, ma le gite non sono finite…
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
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