domenica 10 aprile 2011

Scacciato il caldo ai Forni (più o meno).

Venerdì torno dal lavoro in bici. Sono costretto a togliermi la maglia a maniche lunghe. Ci sono 30 gradi. Passo dall’idroscalo. Che voglia di sdraiarsi al sole…ma è solo l’inizio di Aprile!?!?!? Ma che succede a sto tempo pazzerello??? Ormai ho capito che il calendario non fa testo. Le condizioni cambiano da una settimana all’altra. Viste le temperature decidiamo per gite più tardo-primaverili: Tresero. O meglio, riesco a spuntare il Tresero dato che Manuel per tutta la settimana ha fatto pressing per il Palon de la Mare…
Sabato sera ci ritroviamo a Santa con Marzio. Andiamo a dormire sapendo che dovremo partire molto presto.
Alle 5.00 il parcheggio dei Forni inizia ad animarsi. Ci sono molte tende, segno che i rifugi sono strapieni. Si parte alla luce delle frontali e subito sbagliamo strada stando sulla destra del torrente Frodolfo (come da cartina e tracce scaricate sul gps).

Solo dopo ci renderemo conto che il sentiero basso più a sinistra sale molto più agevole. Con questo scherzetto ci siamo giocati mezzoretta ma almeno saliamo in solitaria (dall’altro lato delle belle file indiane che puntavano alle varie cime).
La neve ha rigelato ed è vagamente portante. Bene. Inizia a rischiarare. Si scorge il San Matteo arrossato dai primi raggi del sole.

Saliamo con continuità. L’ambiente è straordinario. Arriviamo in vista dell’isola persa e dei primi seracchi. Sono immerso in un’atmosfera mistica. Il silenzio. La luce. Il passo ritmico. Procediamo filati senza fatica quando…booom…un seracco cade in lontananza. Ore 7.00. Il rumore ci tuffa in un bagno di realtà. Il caldo avanza e dobbiamo sbrigarci.
Ore 8.00 sbuchiamo al sole. C’è un venticello freddo che non fa sentire troppo caldo rendendo leggera la salita. Arriviamo belli freschi allo strappo finale.

Mi attardo a rispondere ad un sms sfruttando il campo improvviso. Manuel balza avanti sapendo che bisogna risalire prima che la neve molli troppo. Io e Marzio montiamo i coltelli. Si sale. La neve non sembra rigelata ma si presenta dura e compattata dal forte vento dei giorni scorsi. La traccia degli sciatori è stretta, strettissima per la split. La mezza tavola a valle sfonda e tende a scivolare. I coltelli aiutano solo a livello psicologico perché non tengono lateralmente. Nei punti più ripidi saranno 40°.

Procedo con calma per non rischiare di cadere. La fatica fisica e mentale è stremante. Sono costretto a tenere la tavola a valle nelle tracce e battere una nuova pista con quella a monte. In questo modo riesco a progredire con buona sicurezza ma perdo ancora un po’ di tempo. Verso il basso Marzio sfonda e non riesce a salire. Mi dice che non è molto sicuro. Provo a incoraggiarlo (in realtà faccio forza anche a me): dai Marzione, ti ho battuto un’autostrada!!!! In effetti stando sulla mia traccia dovrebbe faticare meno, ma può darsi che gli sciatori che si sono infilati tra di noi vanifichino il lavoro di battitura.
Supero lo strappo e lo perdo di vista. In compenso vedo Manuel arrivare al colletto. Mancano 50 metri ma sono esausto. Mi fermo un minuto a mangiare una barretta e rifiatare. Lui si prepara per la discesa. In cresta tira un vento fortissimo e freddo. Lo incrocio pochi metri sotto la cresta mentre scende. La neve inizia a mollare sempre di più. Sono le 10.30 e bisogna scendere. La croce è a pochi metri.

Dovrei mettere i ramponi ma concordo con Manuel che non ne vale la pena, meglio scendere. Inizio a prepararmi mentre lui và a vedere com’è messo Marzio. Tolgo le pelli e rimuovo il ghiaccio dagl’incastri mentre tira un vento gelido. Per fortuna ho portato il piumino e sotto al guscio mi fa stare al caldo. Ready, vorrei rimanere di più a contemplare tanta meraviglia...

ma non si può, foto e via.
Scendo i primi 50 metri e, finalmente, vedo sbucare Marzio, con la split caricata sullo zaino, i ramponi montati, salire dritto per dritto. Lo sento imprecare perché la split non teneva, perché la neve smollava, perché gli sciatori andavano meglio, perché con i ramponi è salito facile…forse la stanchezza e la quota l’ha fatto un po’ sragionare. Gli dico che, secondo me, è ancora troppo acerbo con le pelli e quella era una salita molto difficle…e i paragoni con gli sciatori non reggono…è ovvio che lo sci sale meglio…ma allora inzia a sciare!!!
Lui non mi sente. Certo che con i ramponi è salito agile (considerando che fisicamente è fortissimo), sono convinto che sia stata l'opzione corretta per sopperire a certi limiti della split, però in questo caso la neve era portante. In condizioni diverse, salire 150 metri a 40° sfondando fino al ginocchio (o peggio) non è così semplice. Se l’avessi fatto io sarei morto dalla fatica.
Ad ogni modo sono le 11.00 e bisogna scendere. Lui inizia a preparasi mentre io proseguo a scendere. Mi porto tutto a destra dove la lingua di roccia che scende da Punta Pedranzini ha protetto un po’ la neve. Siamo sui 40° con neve compatta.
Sono carico. Parto con una prima curva saltata, controllata, atterro in back side e mi ritrovo con sedere e scivolo… Punto la tavola ma nulla…scivolo…punto le mani e mi rialzo in piedi. L’unica è scendere più dritto e forzare meno perché la neve non tiene. Ha una consistenza troppo strana. Altra curva in back un po’ troppo caricata e a terra di nuovo…scivolo ma mi ributto in piedi subito…altre tre curve e finalmente spiana. Mi fermo a riorganizzare le idee.

Ma che cazzo di discesa ho fatto!!! Bisogna cambiare strategia. Ancora più a destra vedo la neve che ha preso più sole “fiorire”. Sicuramente lì sarà migliore. Così è. Ora ci si diverte. Inizio a scendere fluido e veloce. Peccato non aver trovato quelle condizioni lassù. Le tracce filano a destra ma è troppo bella questa linea. Ho solo una perplessità: non starò finendo sul seracco???? Rallento per controllare e, per fortuna, è solo un cambio di pendenza. Sotto, una bella paretona vergine con firn al punto giusto. Me la divoro a tutta con dei curvoni pazzeschi. La Venture ora è splendida, mentre sul ripido e duro ha mostrato il fianco. La Storm è una tavola da fresca, il rocker non aiuta. Ma qui non è più duro. Posso spingere al massimo.

Supero il piano a bomba e mi porto sul secondo cambio di pendenza dove mi ricongiungo con Manuel. Lui è sceso dalla via di salita con neve decisamente migliore. Aspettiamo Marzio che finalmente si ricongiunge. Come timing siamo giusti ma da qui in giù il riscaldamento della neve è assolutamente bizzarro. Entriamo in un canale. A destra, all’ombra, tutto ghiacciato. A sinistra, al sole, sfondiamo fino al ginocchio. Solo nel mezzo una neve abbastanza sciabile. Nessun problema basta rimanere veloci. Ci buttiamo giù come in un half pipe. Che goduria.

Penso che ne sia valsa la pena di salire con uno snowboard visto come ce la stiamo godendo. Usciamo dalle vallette. La neve non tiene. All’improvviso ti ritrovi immerso come un sommergibile. Sfruttiamo ogni traccia e ogni ombra per raggiungere il sentiero. Qui, in qualche modo, riusciamo a scendere verso la diga, bloccati ogni tanto dai ruscelli sempre più gonfi dal riscaldamento primaverile.

Finiamo con un guado vero e proprio sfruttando i massi e rischiando di finire risucchiati. Questo si che è vero backcountry!!!!
Al parcheggio c’è il pienone. Riconosco solo un altro splitter: Andrea, di ritorno dal Pasquale…ex compagno Sa2 di Manuel. Si potrebbe organizzare una prossima uscita, sperando nel meteo e in temperature più consone al periodo.
Una cosa è certa: bisogna ritornare.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

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