Terza gita SBA2. Per la seconda volta io e il Puppi ci dedichiamo alla scelta della gita. Il compito era di trovare qualcosa a sud delle alpi, avvicinamento il sabato e finale alpinistico la domenica. Se fosse una stagione "normale" ci sarebbero infinite possibilità. Ma la neve scarseggia sempre più, il caldo, la siccità e il vento ci precludono molte gite "alte". Ad ogni modo ho un paio d'assi nella manica: lo scorso w-end ho potuto assaggiare con "tavola" 25 cm di fresca in quel di Livigno. Inoltre la domenica sono stato ai Forni dove ho visto scendere alcuni sci alpinisti lodando le condizioni del Tresero. Certo la parte bassa era messa male...
Per fortuna che il meteo ci ha risolto l'imbarazzo della scelta...una bella perturbazione in arrivo da sud proprio per domenica. Meglio non lamentarsi troppo, ringraziare per la nuova neve e trovare un'alternativa.
Guardiamo a nord. Molto a nord. Speriamo che le alpi facciano da sbarramento. Il problema è che più vai a nord meno le cime si ergono a quote elevate. Per fortuna si compensa con un innevamento pazzesco (dal sito slf a nord del Gottardo ci sono più di 2 metri di neve accumulata). Canton Uri. Si và al Kronten.
Studiamo la gita, prepariamo cartine e schizzi di rotta e prenotiamo il rifugio. Partenza sabato mattina presto. Non si capisce dove si possa arrivare con la macchina. Inoltre la via di salita alla Krontenhutte è minacciata da canali valanghivi molto pericolosi. Arrivati a Ersfield usciamo dall'autostrada e puntiamo alla stretta valle che si presenta sulla sinistra. Si sale rapidamente con una stradina asfaltata stretta e tortuosa. C'è un cartello che assomiglia a un divieto...ma partire da 750 mt sul prato per arrivare a 1900 non sembra una buona idea. Meglio proseguire. Raggiungiamo alcune baite in località Bodemberg...o meglio un po' prima dato che oltre è tutto sbarrato dalla neve.
La giornata è velata ma fa già caldo. Le nuvole scorrono rapide, segno che c'è più vento del previsto. Si parte. Rapidamente risaliamo lungo una stradina invasa da numerosi depositi di valanghe spaventose. Guardando in alto vediamo cime aguzze e canali ripidi che come cannoni hanno sparato la massa nevosa nel bosco facendolo a pezzettini. Ci sono rami e schegge di legno ovunque. Sembra l'effetto di un bombardamento.
Superato il pezzo piano, appena dopo due baite, subito la pendenza aumenta vertiginosamente.
Una parete a 45° dominata da alte creste si para davanti a noi. La neve è rigelata il giusto ma si riesce a sfondare quel minimo che mi permette di salire senza rampant finchè non diventa troppo ripido e duro, meglio perdere 2 minuti che perdere tutti i metri risaliti fin qui a fatica. Ovviamente i ragazzi tiran su dritto con le loro ciaspole che grippano bene. La pendenza sostenuta e gli zaini pesanti tagliano le gambe, ma la traccia diretta fa risparmiare un po' di strada.
Per fortuna non dobbiamo risalire completamente la parete ma tagliare nel bosco.
Altro che fortuna, il traverso nel bosco si fa su una traccia infida con precipizio da un lato e neve sfondosa e buchi nascosti dall'altro...per fortuna con la split passo agile.
Fuori dal bosco si apre una valle incantata. Neve a perdita d'occhio. Ci siamo ributtati nell'inverno tanto agognato e mai arrivato. Si vedono panorami che danno soddisfazione. Davanti a noi scorgiamo qualcosa spuntare dalla neve. Riconosco il tetto di una baita quasi sepolta e schiacciata da un bianco cappello. Che spettacolo.
Da qui la neve cambia radicalmente. Troviamo 5 cm di neve gessosa su neve dura. Noi che siamo di bocca buona già c'immaginiamo il godimento al rientro l'indomani. Qualche sciatore già se la sta godendo. Siamo in un mondo incantato quando un rombo ci fa tornare alla realtà. Dalle cenge esposte a sud dall'altro lato della valle si stacca una valanga di fondo. La massa nevosa pesantemente s'incanala sradicando sassi e terra in un fiume di fango e neve che precipita a valle con un fragore che intimorisce.
La cosa che più sconvolge è vedere delle baite sparse qua e là alla base della parete che è solcata da numerose valanghe. Queste arrivano a fondovalle distruggendo ogni cosa si pari davanti. Forse, in origine, c'erano molte più baite. Ce n'è una molto bellina, fatta di legno, con le persiane rosse e con una valanga che da dietro s'è fermata in salotto.
Proseguiamo. Ormai manca poco.
Raggiungiamo la sommità del pendio. Da qui si passa su un dolce dosso palinato a quota 2000 per affacciarsi sul lago Obersse a ridosso del quale c'è il bellissimo rifugio.
Da qui si calza la tavola per perdere gli ultimi 100 metri fino a rifugio. Un piccolo assaggio di polvere ventata. Arriviamo giusti giusti per le 12.00 il perfetto timing per evitare il riscaldamento e il pericolo valanghe. La foto sotto al toro è d'obbligo.
La cima del Kronten è il nube. Inoltre il vento non ha mai smesso di sferzare violentemente e qui è particolarmente insistente. Tempo di sistemarci nelle camerate, bere una birra e prepararci per l'esercitazione che scoppia un'intensa nevicata. Restiamo bloccati in rifugio. Ci tocca passare il tempo ripassando la lezione sulla discesa in doppia, per fortuna su una colonna c’è un anello che funge da perfetta sosta. Nel frattempo arriva un rosti epico. Un piattone con almeno 4 cm di patate grattugiate e perfettamente croccanti sormontate da 6 uova rosse, all'occhio di bue. Mamma mia che bontà. Impossibile difendere il piatto dagli assalti degli altri...sicuramente vale la pena rifarsi viaggio e avvicinamento solo per gustarsi questa prelibatezza (mentre scrivo mi brontola lo stomaco e salivo al solo pensiero).
Spazzolato il piatto sarebbe tempo di pennichella...però filtrano dei raggi di sole...incredibile ma la bufera è finita ed ora c'è un cielo stupendo.
Usciamo per la prova di discesa in doppia dal vivo. Per fortuna c'è una roccia di una dozzina di metri che si può attrezzare facilmente per la discesa.
La prima doppia non si scorda mai...vi posso giurare che anche questa, benchè banale, mi ha lasciato un po' di tensione prima (quando ti devi sporgere sul bordo e affidare il tuo peso alla corda) che è sbocciata in una scarica d'adrenalina, poi (quando scendi saltellando contro la parete e hai capito che il "giochino" funziona ed è molto divertente).
Uno a uno proviamo tutti mentre il cielo si colora di sfumature del rosso e viola, le nuvole scappano veloci e il vento sferza la neve.
Un grande grazie a Manuel che ci ha assistito tutti resistendo al forte e freddo vento che lo colpiva in pieno.
Finalmente abbiamo finito tutti. Il sole si nasconde dietro le creste e vorremmo solo rientrare (questa volta ho i pantaloni primaverili da skialp e sto congelando). Ma c'è la prova ARVA...e mi tocca anche dirigere!!!!
Finiamo giusto giusto in tempo per la cena. Potage di asparagi (non male), insalata con vinagrette (ma senza pane, in svizzera non esiste) e....riso bianco con della carne a pezzettoni tipo chappy, guarnita con tre spruzzate di panna montata!!!! Mamma mia...dopo aver sfornato un rosti da sogno non puoi presentarti con questa sbobba da incubo!!!
Ceniamo...in qualche modo...schizzo di rotta...e tutti a letto.
Questa volta ho lasciato aperta la porta e non siamo morti cucinati nel vapore...ma che freddo. Si dorme bene rannicchiati nel sacco...ma finalmente alle 4,30 suona la sveglia e mi alzo. Ieri ero spompo ma oggi ho voglia di salire per tempo. Il rischio di prendere la perturbazione e dover rientrare và evitato partendo presto e non perdendo troppo tempo.
Lauta colazione con pane fatto in casa (ottimo...peccato non averlo disponibile a cena) burro e marmellata sintetica e via nella notte.
Il vento è fortissimo e ci strappa i vestiti di dosso. Ci si prepara e si parte. Ringrazio di non avere la tavola sulle spalle perchè l'effetto vela è devastante. In compenso mi becco la corda e la zavorra si fa sentire.
Risaliamo sul dosso di destra verso il cengione. Altri gruppi decidono per il canale centrale, più ripido e, secondo noi, inutilmente più rischioso. Saliamo tra dossi e conche e guadagniamo la cengia. Nel frattempo le prime luci rischiarano il cielo con colori che scaldano il cuore.
Superato il cengione ci aspetta un ripido pendio completamente bianco e irriconoscibile dalla carta che segnava la zona come molto rocciosa e articolata.
Se mi fossi affidato alla sola carta mai e poi mai sarei passato di qui…ma gli svizzeri avevano ragione, nessuna difficoltà, buona copertura e traccia comoda anche se ripida.
Usciamo al colle che sbocca sul piccolo ghiacciaio. Ghiacciaio definito "mansueto” poiché privo di grossi crepacci e non richiede la cordata. Peccato che le nuvole e la nebbia sembrino volerci nascondere la strada.
Per fortuna la Cri suggerisce di mettere le bandierine. Ottima idea. In questo modo, forti di non perdere la via al ritorno, procediamo tra mezze schiarite e acuti di white out accecanti.
Il vento ora è frontale. Alza la neve che graffia il viso. Quota 2800. Ultimo sforzo: 150 metri su una piramide ripida verso il deposito sci. Da qui si risale la cresta a volte abbastanza affilata ed esposta fino alla cima. Per fortuna con gli hard non mi servono i ramponi...si cammina facilmente se non fosse per delle raffiche che un paio di volte mi fanno decollare le bacchette. Il vento spinge e tira sbilanciando. A 50 metri dalla cima la situazione si complica. Ci sono solo rocce scivolose. Bisognerebbe mettere una corda fissa ma perderemmo troppo tempo.
Bisogna considerare il timing di discesa. Lo stradino finale prima della macchina è ancora minacciato da una supervalanga non ancora scesa. Il rifugista ci ha messo in guardia dato che ogni anno cade e ogni anno è devastante. Meglio concludere la gita non oltre le 13.00. Quindi ci "godiamo" il panorama avvolti dalla foschia e velocemente ritorniamo al deposito pronti per la discesa, vera chicca della gita.
Parto tra i primi per superare quella piramide ripida che già in salita è stata un po’ ostica per via della neve lisciata dal vento… a destra. A sinistra ci sono 20 cm di neve pressata, riportata o non maneggiata…slurp…mi tengo stretto e accostato in contropendenza e me la godo anche se le gambe, come sempre appena si parte, sono di legno.
Arriviamo sul ghiacciaio. Qui la pendenza è modesta e gli spazi si ampliano. La neve è da urlo. Si parte un po’ tutti in ordine sparso. Si può fare quello che si vuole. Ognuno ha il suo pezzetto di lavagnetta vergine da firmare e interpretare. Stretto, largo, lungo in appoggio…ogni genere di curva.
Ma in pezzo forte è in attesa. Ci affacciamo sul primo tratto di canale quasi interamente vergine. I ragazzi vanno a sinistra…secondo me lì il vento ha tirato ma dalle urla e dagli sbuffi sembra bella. Provo comunque a destra. Molto esterno trovo un tavolo da biliardo duro…il vento dev’essere entrato e incasinato un po’. Appena a sinistra riconosco le increspature della neve pressata e mi ci butto a capofitto. Ora si che si ragiona. Spettacolo.
Siamo in vista del rifugio. Sotto di noi il lago ghiacciato da superare in piano e i 150 metri da risalire fino alla palina. A destra i pendii sono molto carichi e ripidi. Leo impone di non oltrepassare la traccia di Cedric che apre.
Tocca a me. Che fare…sono confinato a destra. Al centro sono passati gli sciatori-cavallette…a sinistra c’è un ampio e ripido fazzoletto percorso da palle di ghiaccio…bene mi ci butto in mezzo e inizia lo slalom!!!! La neve è perfetta. Qui il vento non l’ha sfiorata e la temperatura non l’ha mai scaldata. Lo slalom aggiunge quel pizzico di difficoltà che fa godere…si fila veloci, curva, ricurva, ollie…mi ritrovo sul lago alla massima velocità sulla traccia di Cedric…mi giro e già la mandria sta scendendo aprendosi a ventaglio…tutti con un sorriso a 32 denti…urla e frasi indecenti e improbabili da spiegare (ero ottenebrato da tanto godimento dopo mesi di siccità) escono dalle bocche.
Ci riuniamo e becchiamo il primo cazziatone…in effetti ci siamo fatti prendere la mano…su pendio ripido e carico sarebbe stato meglio mantenere le distanze e controllare la sciata…
Dopo lo shampoo ripello per guadagnare il facile dosso a 2000 metri. Solo ora noto lo spessore della neve nei pressi del lago: ci saranno almeno 5 metri di neve accumulata!!!!
Inizio la breve ascesa. Risalire anche solo un pezzettino dopo una lunga discesa costa sempre fatica doppia. Ma qui la segnaletica e la morfologia del terreno giocano scherzi strani. Ricordavo una palina alla sommità del dosso…ma qui ce ne sono almeno 4 ad ogni cambio di pendenza…morale ne vediamo sempre e solo una alla volta via via che risaliamo, illudendoci d’essere arrivati dopo pochi metri…e poi un’altra palina…e ancora…e ancora…
Finalmente sull’ultimo dosso ci possiamo riposare. I portatori di corda stramazzano. Alcuni vorrebbero pernottare qui. Altri lanciare lo snowboard portato a mano. Per fortuna ci aspetta una bellissima discesa immaginata già al sabato. Subito tornano le forze. Gianfranco ci esorta a non caricare i pendii di destra. Il terreno è vario (canalini, dossi e valloncelli con qualche alberello qua e là), non troppo pendente e relativamente sicuro ma è quello che sta sopra di noi ad essere pericoloso.
Si parte. Qui la neve è trasformata ma divertente.
Per non rischiare la cazziata mi tengo tutto a sinistra dove dossi e vallette sono una goduria da interpretare come un half pipe naturale. Ovviamente cerco la line a ridosso degli sparuti alberi e appena vedo un roccione non esito a sfruttarlo come rampa per un piccolo salto.
Davanti c’è un canale che sembra portare a fondovalle. In effetti ci sono due tracce ma la zona è molto ripida con balze e salti di roccia, neve rammollata (qui inizia ad essere molto scaldata) e, soprattutto, sconosciuta. Troppo rischioso. Meglio rientrare verso destra. M’infilo nella valletta a bomba e sfrutto il dosso di sinistra per un bel salto lungo e morbido…
CAZZIATA DOPPIA A TUTTI!!!! Gli osservatori per essere scesi senza controllarci tropo. Alcuni per essere andati proprio a destra, altri per aver saltato e sollecitato il pendio (mea culpa)…azz…
Accettiamo di buon grado…e con le orecchie basse ci buttiamo nel traverso bastardo a metà del bosco dove, Cero a parte, siamo costretti a togliere le tavole. Da qui il bel pendio ripido…ma non vorremmo beccarci l’ulteriore scappellotto. Sciata ipercontrollata e in traccia. In basso nel bosco di larici sciata più sciolta.
Vedo il Vesco uscire a sinistra verso una zona aperta. Inseguo e finisco in un letto di pillow perfettamente ricoperto…sarebbe un paradiso del jump ma tiro il freno e scendo con il paraocchi per non farmi ingolosire…
Ultimo pratone in mezzo alle baite. Da qui ci s’immette nella stradina fino alle macchine. La zona è minacciata dalla supervalanga quindi niente cazzeggio e via filati fino alla zona sicura. Scendiamo cercando di non perdere velocità…faccio una foto al volo senza fermarmi (sfocata) e mi distraggo cercando di rimettere via la macchina.
Seguo con la coda dell’occhio Ale e Luca…all’improvviso si aprono, uno a destra l’altro a sinistra…ma non ho tempo di reagire e finisco sul muretto della fattoria e mi tocca saltare al volo per non finire nel buco…non l’ho fatto apposta..però che gusto!
Stradina…basta cazzate si tira dritti fino alla macchina…peccato che sui resti ghiacciati della prima valanga per non tamponare Cedric faccio una manovra strana e tiro una mina pazzesca…mi rialzo e mi affretto a riprendere velocità e superare gli ultimi metri. Arriviamo alle macchine tutti. Niente supervalanga. Rimane lì sospesa in attesa di un po’ più di caldo per mettersi in moto e scendere a valle in modo devastante.
Ci cambiamo, riaccendiamo il furgone del Leo (batteria scarica, per fortuna che la famiglia di falegnami di lì non solo ha ospitato la macchina del Vesco per il w-end ma aveva anche i cavi per fare il ponte) e ci prepariamo a banchettare con un bel salamozzo di Felino e bonarda. Ma la latteria del Gottardo ci chiama…ci tenta. Ci distruggiamo con una fonduta libidinosa…peccato che la “simpatia” del personale ci faccia passare la voglia di tornare qui in futuro. Che strani sti svizzeri…quelli più remoti e tedeschi così gentili; questi quasi italiani un po’ cafoni…ma forse non è questione di cantone ma d’intelligenza ed educazione…come in ogni posto d’altronde.
Ripieni e bolsi come forme di Gruviera riprendiamo il viaggio verso casa sotto una pioggia fitta. Ripenso al Kronten, valle selvaggia ed isolata, che ci ha regalato la quasi cima e una sciata fantastica, praticamente in solitaria. Forse è per questo motivo che alcuni resistono costruendo baite ai margini di zone d’accumulo pericolose…per il fascino di questi posti isolati e incontaminati dal sapore antico.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSATIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
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