sabato 26 gennaio 2013

Giorni da Cai


Primo w-end di “lavori” all’interno dell’organico Righini…sabato corso di aggiornamento sulle tecniche di ricerca e scavo in valanga, domenica giornata di selezione degli aspiranti allievi SA1…bellissimo…ma proprio per il w-end più nevoso e fico di tutto la stagione (se non degli ultimi 3 anni)!!!!!
Purtroppo fare l’osservatore vuol dire anche questo. A malincuore partiamo sabato in direzione Valpeline (Val D’Aosta). Gli umori in macchina sono pessimi. Già c’immaginiamo i report e le super condizioni da est a ovest e noi costretti a scavar buche per tutto il giorno.
Arriviamo a Prenoud. Siamo all’ombra e fa un freddo polare. La neve è durissima e poca (praticamente prati fino a poche curve prima). In fondo verso il colle del Gran San Bernardo vediamo cime innevate e assolate…perché non andare là??? No, meglio risalire in questa gelida valle in cerca di un punto dove scavare.
Giacché domani si andrà in pista, ho riesumato scarponi soft, Ride Yukon 164 camber classico e ciaspole. Nel prepararci siamo dubbiosi se portare la tavola o meno…alla fine, anche se il dislivello sarà di pochi metri, perché non portarsela???  Risaliamo le piste fino al bosco rado. Qui ci accoglie una neve bellina a ricordarmi che potrei essere altrove a tracciar curve. Per fortuna la compagnia è bella e, tra quattro chiacchiere e molte risate, risaliamo velocemente. Finalmente troviamo una rada con 40 cm di polvere intonsa. Posto perfetto per un campo arva. Bisogna battere il campo. Mentre sprofondo con le ciaspe su e giù schiacciando ogni cm quadrato di tanto ben di dio…penso che questo sarà il mio inferno: avere a disposizione tanta neve fresca ed essere costretto a calpestarla!!!

Facciamo due gruppi: uno si occuperà di estrarre il manichino da sotto un paio di metri di neve imparando le tecniche di scavo, l’altro farà ricerca multipla di 3 Arva di cui uno analogico. Parto con la ricerca. Siamo in due e ci dividiamo il campo. In pochi secondi agganciamo i segnali dei due arva digitali e li marchiamo per escluderli (dopo averli trovati anche con la sonda). Il 3° arva analogico ci da non pochi problemi. I segnali si sovrappongono e il Mammut inizia a sfasare. Dopo un po’ che giro in tondo passo a modalità analogica e inizio a fare una microgreca. Raggiunto uno strano minimo (mi segnalava comunque una decina di metri) ho deciso di sondare. Dopo poco ho sentito la tavoletta e trovato l’Arva. Tempo: 23’. Sarà che quell’Arva risulterà starato, ma la compatibilità tra analogici e digitali non sembra delle migliori. Inoltre piccola riflessione a freddo: in un caso reale con 5 persone in gita di cui 3 sotto e due a cercare cosa è meglio fare? Già so che 1 su 3 è spacciato. Dei 2 rimasti è meglio concentrarsi su una sola persona  o dividere le forze rischiando di arrivare tardi su entrambi? Certo non è facile rispondere, dipende da mille fattori, ma la consapevolezza di perdere una persona, non sapere se riuscirai a salvare le altre, la tensione per il momento…dev’essere drammatico. Già solo in esercitazione mi sento sgomento.
Passiamo allo scavo. La nuova tecnica è quella di formare una V a distanza di una pala o due uno dall’altro e scavare dal fianco per arrivare sul travolto e creare contemporaneamente  una piazzola per il soccorso.
Arriviamo sul tronco del manichino e bisogna capire com’è orientato. Dov’è la testa? Com’è girato? Prima cosa bisogna liberare le vie aeree. Scaviamo un tunnel con le mani e una persona si sdraia per mantenere una mano sul viso, magari due dita in bocca, per liberare e proteggere dalla neve. Il travolto è girato a faccia in giù come la maggior parte dei casi. La neve inconsistente continua a tracimare dentro la buca rendendo molto faticoso e frustrante l’operazione di soccorso.  Bisogna infilare delle giacche o un telo termico sotto il corpo per isolarlo dalla neve.
Mi “dimentico” che si tratti di un manichino e inizio a turbarmi. Non è affatto facile come si pensi. Per cercare di scavare lo stiamo schiacciando, calpestando, ostacolandoci a vicenda…insomma un bel casino.
Dopo 3 ore al freddo (mai un raggio di sole) siamo completamente congelati. La lezione è stata veramente utile e interessante…ma adesso è ora di muoversi perché non sento più mani e piedi.
Partiamo in direzione…boh…onestamente ero così svogliato che non so nemmeno dove mi trovo!!! Incrociamo alcuni in discesa che ci riportano di buone condizioni. Tentiamo la gita nonostante sia tardi. Mi ricarico al volo e parto avanti come un treno. Guido, Franco e Astrid carichi come me tirano per benino. Dopo un po’ la traccia si fa un po’ più sfondosa e inizio a sentire la fatica di procedere con le ciaspole e tavola in spalla. Arriviamo alle baite. Guido, Federico e Gianni devono rientrare. I ragazzi con lo snow sono un filo stanchi. Gli stambecchi con gli sci decidono di risalire…non posso astenermi dal seguirli. Risaliamo il ripido canale. La neve è sempre meno portante e sto accusando la fatica. Se avessi la mia cara split…quanto la sto rimpiangendo!!! Usciamo in vista del Col Flassin. Ormai faccio una diagonale e mi fermo per rifiatare. Solo la vista della meta m’infonde un po’ di forze ma sono quasi stremato. Mancano 50 metri. Mi fermo per prendere un gellino e coprirmi un filo. I ragazzi pensano che abbia ceduto e iniziano a esortarmi: dai, ci sei, manca poco…arrivo!!!!
Finalmente in cima. Mi sono sparato 1400 mt di dislivello con le ciaspole e una tavola pesantissima, dopo aver scavato per tutta la mattina e aver preso un freddo boia. Ma sono felice d’esser arrivato fin qui. Sono le 16.10. La luce inizia a calare tra le velature del cielo. La vista sul Monte Bianco è spettacolare.

Franco vorrebbe valicare la punta e scendere dal fianco intonso…ma è tardi. Per fortuna troviamo una linea parallela alla salita completamente vergine. Inizialmente la neve è compressa dal vento, ma appena sotto è stupenda.

Scendiamo veloci e gioiosi sfruttando il riverbero della neve. Puntiamo al boschetto. Qui la neve è ancora migliore. Ci dividiamo. Ormai è una discesa in libertà alla ricerca della linea migliore. Arriviamo al parcheggio tardi (ormai è una consuetudine) ma appagati.

La sera bella cena in compagnia del gruppo. Tante belle risate e quello spirito di chi ha piacere a stare insieme.
Il giorno dopo bellissima giornata a Courmayeur.

Sono nel gruppo di Carlo. Gruppo molto forte. Ci siamo divertiti inizialmente in pista e poi per fantastici boschetti.
W-end da incorniciare. Certo in giro c’erano condizioni super…ma a volte basta stare con le persone giuste per godere appieno di un ambiente spettacolare.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

sabato 19 gennaio 2013

Sgambatina al Colombana

Neve neve neve!!!! Ne prevedono a tonnellate!!!! La giornata giusta sarebbe venerdì (sole, cielo terso, freddo…ed io in viaggio di lavoro verso Genova mi martello i maroni!!!) ma ci accontentiamo di sabato mattina prima che arrivi l’ennesimo peggioramento.
Destinazione Valgerola dove sembrerebbe ne abbia messo fin 70 cm.
Dopo una piccola incomprensione su dove trovarci…arriviamo a Gerola Alta. Non solo la giornata è bigia…ma tutta sta neve prevista dov’è andata a finire??? Ci sono giusto 30 cm sopra i prati. Sul tavolo due opzioni: o il Colombana con la sua gita quasi interamente nel bosco, o il Salmurano fuori dal bosco e con più neve. Il meteo in peggioramento non mi convince. Insisto per il Colombana…
Partiamo sulla comoda stradina asfaltata dove c’è parecchia neve.

Arrivati a Castello abbandoniamo "l’asfalto” e iniziamo a risalire i ripidi prati. Non c’è fondo e si tocca già in salita alcuni sassi. Inizio ad andare in paranoia. Ho rotto per venire qui convinto di fare bingo…ma al momento c’è giusto la neve caduta l’altro ieri…e quella vecchia? Sciolta tutta dalle secche di gennaio!!!
Arriviamo nei pressi  di un paesino “abbandonato” nei mesi invernali. Le finestre sbarrate e il silenzio surreale si mescolano al grigiore del cielo in una mesta malinconia.
Proseguiamo dritti fino al limite del bosco dove alcuni alberi resistono alle asperità del maltempo.
Entriamo nel bosco. La neve è rimasta sulle fronde e per terra non c’è nulla. Come faremo a scendere di qui? Iniziamo a scorarci per la situazione desolante. Quasi siamo incerti se proseguire. Il mio umore precipita. Mi sento responsabile per la decisione. Mi spiace aver insistito ma mai avrei pensato di ritrovarmi così. Nei pochi punti più radi la neve è penetrata fino al terreno ma sono chiazze qua e là impossibili da concatenare.
Uno sguardo sul gps mi rincuora: ancora 300 metri e poi si apre. Uscendo dal bosco la neve c’è ed è tanta.
Peccato essere a metà gita. Davanti a noi ancora 500 metri. Meglio di niente.
Nel frattempo la visibilità verso Pescegallo è sensibilmente peggiorata. Forse non è stato così sbagliato rifugiarsi nel bosco.
Inoltre il gruppo è rallentato da problemi alle pelli Geko di Fabio…per fortuna Carlo interviene a fissare la pelle con un cordino…ma il nastro americano nessuno se lo porta??? Sono ben contento di non aver preso quelle pelli per la mia nuova split. Le critiche trovate su internet sembrano reali. Concettualmente una pelle senza colla che non soffre il freddo ne l’acqua sarebbe perfetta…ma siamo ben lungi dalla perfezione qui.
Nel frattempo con Pietro e Andrea arriviamo nei pressi dell’anticima. Chi ci precede sta tornando giù. Come al solito, dato che sono testardo, provo a spingermi oltre iniziando a tracciare il dosso. In effetti la neve è parecchio lavorata dal vento. Non sembra esserci un pericolo reale (la neve era coesa e il pendio ripido ma sotto era ben legata) ma il rischio di travolgere gli altri o di essere trascinato nei precipizi laterali non valeva la pena. Ci cambiamo e iniziamo a scendere su una crosticina che non rompe troppo le scatole alla mia Venture.
Nel frattempo arrivano i ragazzi. Fa troppo freddo per aspettare, così iniziamo a scendere.
I primi 200 metri di bosco ripido sono uno spettacolo. Qui la neve è perfetta.
Tiro dritto evitando i rami. In pochi secondi già mi ritrovo sparato fuori sul piano dove aspetto Pietro e Andrea…che se la godono!!!
Scendiamo tenendo le tracce. Purtroppo sono passate le cavallette ed è rimasto ben poco.
Ci ritroviamo su una zona di pillow veramente figa da sciare. Da qui teniamo la sinistra per imbucare un canaletto che ci permette di superare la boschina. La discesa è abbastanza di sopravvivenza. Ci sono dei rami tagliati dai boscaioli a 45°…sembra di sciare in mezzo a delle trappole rudimentali alla John Rambo…il retro dei miei pantaloni ne porta ancora le cicatrici.
Esco dalla parte bassa dove mi sono ostinato a sciare cinghialando e toccando rami, sassi ed erba. Ero così concentrato a non impalarmi che all’incrocio con la strada ho tirato dritto saltando dentro il rio!!!
Da qui la comoda stradina ci riporta in qualche modo fino alla macchina. Nel complesso una gita carina, un po’ troppo frequentata per trovare spazio per tutti. Almeno per le 15.00 ero a Milano pronto per una full immersion nel negozio della Chicco.

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.

lunedì 14 gennaio 2013

Following the White Rabbit – Part II – (Rossbodenstock)


Gita Epica. Giornata Epica. Compagnia Epica.
Sabato siamo diretti ad Andermatt. Sono caduti dai 20 ai 50 cm di neve, non ha fatto vento (troppo) ed è rimasto freddo. Insomma è la giornata giusta per fare finalmente il Rossbodenstock. Il gruppo è nutrito. Alle 6.30 in DeAgostini ci mischiamo ad altri 50 skialper diretti in vari luoghi. Cedric và a far cascate. Manuel anche lui in direzione Andermatt ma con altri progetti. Noi (Ale, Luca, Cri, Chiara, Davide e Piffa) siamo decisi per il Rossbodenstock. Usciti dal Gottardo una fitta nebbia ci fa dubitare…tornare in Val Bedretto? No, dai il meteo da miglioramento…scommettiamoci. Già al parcheggio di Andermatt le nubi iniziano a dissolversi. Di lì a poco l cielo sarà terso, illuminando pendii immacolati.
Alla stazione di Andermatt incontriamo Franco e Astrid con altri due amici. Anche loro sulla stessa gita. Buon segno. Prendiamo il trenino svizzero gremito di gente. All’Oberalppass scendiamo insiemead una fiumana di freeskier. Attorno già numerosi pendii sono tritati (ma quando hanno iniziato, di notte???) ma le possibilità sono infinite. Ci sono già numerosi trenini che iniziano a tracciare in diverse direzioni. Noi partiamo in direzione di un simpatico “faro” (????).

Davide (neo splittaro) parte a bomba. Fatico a tenere il passo. La trincea è ben scavata e si avanza bene. Anche le ciaspole non affondano più di tanto. Ogni tanto ci sono dei pezzi dove si raspa il fondo duro e scivoloso. Con gli hard non si fatica troppo ma lui con i soft lo vedo che bestemmia…e i rampant? In macchina…
Continuiamo a salire superando un gruppo di svizzeri che ci fanno un po’ da tappo. Mi guardo attorno e mi perdo nell’intonsitè…

Dico a Davide che siamo partiti troppo forte. Ok che sono solo 800 metri ma non si sa mai…metti che siamo costretti a risalire o cambiare gita…meglio tenersi un po’ di margine, anche solo per godersi la discesa.
Come volevasi dimostrare…arrivati al colletto sotto il Pazolastock vediamo Franco&Co. che spellano per gustarsi 650 metri di polvere in direzione del rifugio per poi risalire al Rossboden da dietro. Vuoi non seguirli??? E di colpo trasformiamo una tranquilla gita +800 -1400 in una super gita +1400 -2000!!!!
Ovviamente i ragazzi non sono molto convinti del cambio in corsa…c’è da dire che la cresta verso il Rossboden è lunga, relativamente facile ma non banalissima…e non tutti abbiamo i ramponi…
Insomma si convincono e meno male, perché già questa prima discesa è da paura!!!

 
Con Ale non aspettiamo…gli svizzeri incalzano…noi partiamo e ci godiamo ampi spazi e una neve super!!!

Terminiamo giusti giusti al sole. Questa volta ho fatto tesoro delle risalite precedenti e mi sono tenuto le pelli sotto il pile oltre ad aver con me il nastro americano e una pezza di microfibra per asciugare la soletta.
Strategia perfetta…peccato che Davide e Chiara non siano stati così “precisi” e le loro pelli andavano un po’ dove volevano…meno male per il nastro!!!
Bene, ricominciamo la risalita. Ripellare è sempre più faticoso. A parità di dislivello finale credo si spendano molte più energie…anche solo mentali. Ad un certo punto vedo tornare indietro il gruppo di Franco che ci precede. Bisogna passare in una goletta che accede al lago alla base del Rossbodenstock. Devo veramente ringraziarli perché ci hanno sempre “sorvegliato” da lontano oltre ad aver battuto traccia da qui fino al colletto finale.

Ormai ci siamo. Mi fermo ad aspettare Chiara e Davide un po’ più attardati. E meno male che mi sono fermato. Lei ha una pelle che non stava attaccata ed è salita comunque usando il rampante. Stoica!!!
Viva il nastro americano…ho già finito il rotolo!!!
Arriviamo tutti al colle. Qui le cose cambiano. Bisogna risalire un piccolo risalto misto di neve e roccia. Nulla di complicato ma se hai gli scarponi soft e senza ramponi può essere pericoloso. Inoltre è tardi e siamo tutti stanchi. Alla vetta mancano ancora 100 metri. Decidiamo di dividerci. Ale e Luca puntano alla croce (strano :-) mentre noi propendiamo per scendere da qui. Il tratto alto e tirato dal vento e non eccezionale. Ma a sinistra scorgo dei riccioli. Secondo me lì la neve è rimasta morbida. Monto i coltelli (impossibile fare senza) e mi porto il più vicino possibile in un punto molto ripido. Lancio dei pezzi di neve dura per capire lo stato del manto…rimbalza, è dura…rimbalza, è dura…sprofonda…ci siamo!!!
Creo una piccola piazzola dove sistemare la split e mi preparo avendo cura di non perdere nulla!!!
Parto su una bella neve poggiante su fondo duro. E’ molto variabile e bisogna essere pronti ai cambi repentini. Mi fermo in basso aspettando che scendano gli altri godendomi la linea…c’è spessore!!!

I ragazzi mi raggiungono. Da qui fino in fondo avremo di fronte a noi 1400 metri di polvere fantastica completamente vergine. Nessuno è passato di qui preferendo le altre discese. Mi tocca aprire per tutto il dislivello!!!!

I ragazzi scendono e godono. Chiara chiude. Ad un certo punto trova un cambio di spessore che la sbilancia in avanti facendole sprofondare le punte. Si schiaccia nella neve fonda. Sembra una cosa banale ma lo sci non si è sganciato torcendole il ginocchio. Forse si è rotta i legamenti (solo l’indomani sapremo che si è lesionata il collaterale). E’ dolorante, abbiamo appena iniziato la discesa ed è anche tardi!!! Temo ci sia da chiamare il soccorso. Ma lei è tosta. Stringe i denti e tiene duro. Decidiamo di non scendere fino in fondo ma di puntare alla stazione di Natchen per scendere sul sentiero battuto e poi con il treno.

Manca poco. Mi dispiace da morire ma non riesco a non godermi ogni singola curva. Chiara è una grande perché nonostante tutto è sempre con il sorriso stampato in faccia e non si è mai arresa.
L’ultimo vallone vergine. Apro cercando qualche saltino. Cri segue tenendo la scia. Finalmente raggiungiamo la pista all'imbrunire. Le sfumature del cielo sono eccezionali.

Raggiungiamo il parcheggio dove troviamo tutti (di lì a poco anche Ale e Luca scesi col buio!!!).
Giornata da incorniciare e gita che merita…magari prendendosi 1 ora d’anticipo prendendo il treno alle 8,27 e partire dall’Oberalpass alle 9.15 in modo da avere il giusto margine…con un gruppo forte e affiatato come il nostro, ma con tutta l’attrezzatura ok.
Devo tornarci con tre amici a cui l’avevo promesso…

N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.