Dopo aver passato un bellissimo Natale in famiglia a Parma
avevo veramente voglia di tornare in montagna. Ho corso bene e mi sono tenuto
in forma, ma dopo tre giorni di tortelli, agnolini, bolliti, panettoni e
mascarpone mi sento bolso.
Per fortuna sabato c’è l’occasione di fare una gita con gli
ultimi compagni d’avventura: Carlo e Stefano. Non contenti dell’ultima gita da
1650 mt di dislivello e finita alle 17.00 sotto una fitta nevicata, hanno
voglia di replicare…portandosi dietro anche Fabio, anche lui con la split.
Ha nevicato un pochino ma ha tirato tantissimo vento da nord
e poi da nord-ovest. Sono un po’ indeciso e poco aggiornato sulle condizioni,
quindi butto lì un facile e sicuro Poncione in Valpiana e, come alternativa, i
Corni di Nefelgiu in Val Formazza. I ragazzi non volendo tornare ancora in Val
Bedretto (forse temevano un altro finale cruento nel bosco) spingono per i
Corni. La cosa non mi dispiace in quanto è una gita che avevo già fatto pur
senza arrivare in cima. Il posto è stupendo e se nel vallone la neve è rimasta
protetta, come spero, potrebbe essere un bel bingo.
Partiamo super carichi dalla DeAgo alle 6.30. Il rialzo
termico previsto non sarà così importante (zero T. a 2000 mt) ma sarei partito
prima. Alla fine iniziamo la gita per le 9.00, quindi non tardissimo, ma 1 ora
di scorta avrebbe fatto comodo.
Si parte di fianco alla mini pista di fondo dell’Hotel che
si trova appena prima di Riale. Subito vengo ripreso pesantemente dal
proprietario a non distruggere i binari…cazzo ma sono fuori dal tracciato a più
di 2 metri, ma chi te li tocca i tuoi binari!!! Iniziamo bene…
Poco importa, giro la testa di 180° e la vista della
montagna immacolata mi fa ingoiare il rospo…immacolata si e tutta da battere!!!
Per fortuna (o sfortuna, dipende) il vento ha lavorato
parecchio e ci sono ampie zone erose dure dove si sale molto facilmente.
Per contro ci sono anche molte zone accumulate dove bisogna
stare attenti. Cerco di mantenermi sempre sui dossi e sul duro cercando di
evitare le conche. Quando sono costretto a passarle, cerco di tenermi il più
sotto possibile, magari perdendo un po’ di quota, ma cercando di sollecitarle
il meno possibile.
Guadagnato il primo dosso mi ritrovo in una zona più
vergine. La neve è davvero bella ed inizio agasarmi all’idea di trovare tutta
la gita in queste condizioni.
Arrivati al colletto ho una prima conferma: tutto
immacolato. Ci sono 40 cm da battere. Sono il primo e quasi mi dispiace rovinare
la perfezione del manto che mi si presenta davanti. La fatica sparisce e
procedo nel silenzio assaporando ogni singolo passo.
Giriamo l’angolo e il vallone che porta ai Corni si mostra
davanti a noi. Me lo ricordavo più vicino.
Inoltre la traccia già fatta aveva aiutato. Nel rifarla sono stato
troppo alto e ho dovuto effettuare molti più Sali e scendi per superare le
varie conchette che scendono dal crestone sulla sinistra. Per fortuna battere
con la split non è così faticoso (inoltre siamo in falso piano) e procedo spedito. Arrivo alla base del
vallone e con orrore vedo che è tutto e pesantemente sventazzato. Il vento s’è
incanalato e, forse per effetto venturi, ha tirato fortissimo pelando e
levigando alla perfezione il canalone. Non avremo la fresca ma, se non altro,
il fondo è liscio e “vellutato” come una pista. Si sale facili e “dritti” e, lo
vedremo poi, anche la discesa non sarà così male.
Ricomincio a salire. Sembra poco dislivello ma sono ancora
300/400 metri. Si vede il colle ma sembra di non arrivare mai. Inoltre rimanere
sempre all'ombra e al freddo inizia a stancarmi. Finalmente sbuco in cima, al
sole e mi fermo sulla comoda roccia dell’altra volta. Fin qui c’ero già
arrivato.
Arrivano anche gli altri. L’ultimo strappo ripido e dura ha
tagliato un po’ le gambe. Fabio con la split, i soft e senza i coltelli ha
faticato un po’. Come lo capisco.
Decidiamo cosa fare. Non è tardissimo ma nemmeno presto. Per
il corno orientale manca poco, ma bisogna passare il pianoro e risalire. Mentre il pendio sopra di noi che porta al
corno occidentale è molto bello. Valutiamo di salirlo tenendoci sul dosso di
sinistra, cercando di evitare le zone accumulate e ripide.
Inizio a salire. Il dosso è sicuro ma anche esposto sulle
rocce sottostanti. In realtà passo passo devo decidere cosa fare, dove puntare
e se proseguire. Mi sento in un campo minato. Avanzo lentamente mantenendomi il
più possibile dove c’è meno neve. Ma non è sempre così facile. Inoltre inizia
ad essere un po’ troppo ripido.
A questo punto nella mia testa e nel mio cuore c’è un
turbinio di emozioni, speranze, paure e ammonimenti. Ad essere molto cauti
bisognava fare dietro front. I ragazzi erano abbastanza sfilacciati e distanti:
Stefano dietro a metà pendio, Fabio bloccato all’inizio, Carlo mi sembrava
ancora più giù, forse fermo al colle. Le distanze di sicurezza sono più che
rispettate. La traccia mi sembra buona, procedo con la massima attenzione.
Manca così poco. Adesso, seduto sul divano e scrivendo queste parole, riconosco
d’essermi assunto dei rischi. E’ una questione di esposizione: bisognerebbe
limitarla al minimo. Quando ci si espone di più entra in gioco anche la
fortuna. Evidentemente i “Corni” l’hanno portata.
Arrivo in cima.
Gli ultimi 2 metri all’ombra sono stati assurdi: crosta non
portante su cristalli angolari inconsistenti. Ho dovuto aggrapparmi alle rocce
per poter arrivare a vedere dall’altra parte. La vista verso sud ha ripagato lo
sforzo (Punta D’Arbola credo).
Anche verso nord è notevole sul Basodino e Kastelhorn.
Pago d’esser arrivato in cima mi preparo. Creo una piccola
piazzola dove sistemarmi. La neve inconsistente scivola ovunque. Stacco i
coltelli e li metto sulla neve (errore, dovevo metterli nel sacco) dove vengono
ricoperti da un velo che me li farà dimenticare lì!!! Finisco di prepararmi e
sono pronto a scendere. I primi metri li farò esattamente sulla traccia di
salita per non rischiare. Sotto Stefano è pronto ma, entrambi, siamo bloccati
da Fabio, fermo alla base del pendio. Carlo ci osserva dall’altro lato in zona
sicura. Fabio ci mette un bel po’ a togliersi di mezzo ed io e Stefano
scalpitiamo. Finalmente via libera. Parte Stefano (anche lui a rischio dalla
mia posizione) e vedo che la neve sul dosso è proprio bella. Parto. Faccio due
curve lente prendendo confidenza. Trovo subito un tratto di neve bellissima. A
questo punto meglio non avere timori e tirare giù dritti. Mi lancio giù e sono
curve bellissime, leggere e morbide sfiorando il manto con le ginocchia e la
mano. Mi porto a sinistra convinto di trovare ancora buona neve ma no, lì è
dura. Inverto al volo e resto sul dosso che, se pur esposto, ha la neve
migliore. 200 metri spettacolari!!!
Ricompattato il gruppo scendiamo nel half pipe naturale,
duro e liscio. Come anticipato la sciata non male, come se fossimo su una bella
pista del Trentino. Usciti dal vallone c’è un dosso spettacolare. Neve
bellissima. Anche un piccolo gruppo di sciatori che ci seguiva da lontano, è
arrivato fin qui ed è sceso dal dosso per poi risalire e tornare sulle tracce
verso La Frua. Noi apriamo la cartina in cerca del Jolly. Scegliamo di
raggiungere il fondovalle del Nefelgiu per goderci la discesa.
Da lì un sentiero sembra aggirare il dosso e riportarci
verso le macchina. Alla peggio si tira dritto fino al lago di Morasco e poi a
Riale tramite le piste di fondo. C’è un po’ un piattone da superare ma Fabio è
gasato e ci crede. A me le avventure piacciono. Carlo è più conservativo e
Stefano si astiene. Fabio parte sul dosso e si ferma a metà. Dice che si passa.
Non ci penso due volte e mi butto nel valloncello alla sinistra del dosso,
completamente intonso. Le curve più belle della giornata.
Ste si butta per secondo…e gode!!! Adesso possiamo anche
camminare!!!!
Ci sono un paio di balze da superare ma l’innevamento è
ottimo e da alcuni canaletti si passa. La discesa non è continua e non sempre
troppo pendente ma molto interessante. Lo spettacolo di essere solo noi
nell’intonsitè ad aprire traccia toglie il fiato.
Seconda balza. Un bel canalino ci butta u un secondo falso
piano, di qui un altro canalino fino in fondo. Dopo aver battuto traccia
divento egoista (inoltre Fabio cincischia) e parto…aprire da primo non ha
prezzo…mi bevo la discesa con una serie di curve cercando le contropendenze.
Arrivo sul fondo dove cerco d’incastrare più curve possibili prima che la
velocità si esaurisca…mi lascio cadere indietro sprofondano nella neve, pervaso
da una gioia immensa, guardo inebetito il mondo a testa in giù.
Ma l’avventura non è finita. Siamo tutti euforici.
L’adrenalina ci rimette in moto. Opto saggiamente per ripellare. Peccato non
aver tenuto le pelli dentro la giacca…non incollano più e nemmeno il gancio in
coda è d’aiuto. Provo a mettere il nastro telato ma…l’ho lasciato a casa…ma
allora!!!
In qualche modo proseguo. Finchè è piano non ci sono
problemi. L’Alpe di Nefelgiu è quasi completamente sommersa. Arriviamo in
prossimità del lago. Il sentiero estivo gira a destra in una zona ripida e non
affrontabile adesso. O scendiamo sul lago (ma è ripido, è tardi e non hanno
troppo voglia) o risaliamo sul dosso (200 metri). Optiamo per la seconda. Ma
senza pelli è quasi impossibile. Salgo a piedi sprofondando sulle tracce delle
ciaspole fino al ginocchio. Ci sono solo cristalli angolari. Sembra d’essere
nelle sabbie mobili. Devo salire carponi per non sprofondare. Ci metto una vita
usando le ultime forze. Adesso è veramente tardi. Il sole è tramontato e c’è
solo la luce residua dell’imbrunire a mostrarci la via. Un’ora di scorta avrebbe
fatto comodo. Finalmente rimetto la tavola. Vedo le macchine. Ormai siamo
arrivati. Ho in mente solo di scendere. In salita la neve era brutta con ampie
zone dure o con sastrugi. Non mi aspetto nulla. Invece…magia…tenendoci più a destra
troviamo ampi pendii immacolati e preservati dal vento.
Una discesa epica…parto come un pazzo godendomi ogni curva,
ogni dosso, ogni salto…me la scio fin dentro l’hotel!!!! Che spettacolo!!!!
Sono le 17.23 quando raggiungiamo la macchina, colmi di
gioia e soddisfatti per aver concluso una grande avventura.
Qui di seguito la traccia:
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.