Bellissima gita di ripiego causa fortissimo vento da nord.
La partenza è stata singolare...siamo saliti con la Golf dentro un bosco rischiando d'infossarci nel fango.
Parcheggio vicino alla segheria (è una segheria?) ma in realtà potrebbe essere più comodo parcheggiare nel prato alla partenza del Sengchuppa (la stradina iniziale è comoda e in comune) e fare il giro scendendo.
Ad un certo punto si sbuca fuori sui prati molto interessanti: dossi e conche dalla pendenza ideale.
Peccato per la neve ventata e liscia...altrimenti una favola.
In vista della cima si formano come delle terrazze. Risalgo fino all'ultima. Oltre valuto il pendio troppo rischioso.
Mi cambio quando una guida con clienti decide bene di tagliare il pendio sopra di me....nulla si muove ma mi cago addosso.
Scendo tirando giusto due curve decenti...poi sopravvivenza fino alla macchina.
Bellissima gita...sicuramente da rifare con condizioni migliori.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
domenica 21 dicembre 2014
lunedì 15 dicembre 2014
La fatica del papà
Mi ritrovo oggi a completare il blog e sono rimasto enormemente indietro.
Sono talmente indietro che i ricordi sono sfumati e i dettagli si perdono.
Questo è davvero triste perchè quello che mi piaceva esprimere erano delle sensazioni o aneddoti...piccole dis-avventure che potevano mettere in guardia il lettore interessato, evitando d'incappare nelle medesime trappole "d'inesperienza".
Aggiungo che questo blog non era ben visto da alcuni. Come in tutte le cose io vado dritto per la mia strada, contro gli ostacoli.
Devo dire che questo atteggiamento non porta sempre bene...spesso indispettisce...ma chi mi apprezza lo fa sapendo che sono franco e diretto...e mai le manderò a dire.
Scrivo questo perchè questo blog cambierà...diventerà più sintetico. Appunti di viaggio. Per me e per voi. Per non lasciare scappare le emozioni e mantenere vivi i ricordi ma, soprattutto, per non smettere di sognare e puntare a progetti sempre più ambiziosi.
Sono talmente indietro che i ricordi sono sfumati e i dettagli si perdono.
Questo è davvero triste perchè quello che mi piaceva esprimere erano delle sensazioni o aneddoti...piccole dis-avventure che potevano mettere in guardia il lettore interessato, evitando d'incappare nelle medesime trappole "d'inesperienza".
Aggiungo che questo blog non era ben visto da alcuni. Come in tutte le cose io vado dritto per la mia strada, contro gli ostacoli.
Devo dire che questo atteggiamento non porta sempre bene...spesso indispettisce...ma chi mi apprezza lo fa sapendo che sono franco e diretto...e mai le manderò a dire.
Scrivo questo perchè questo blog cambierà...diventerà più sintetico. Appunti di viaggio. Per me e per voi. Per non lasciare scappare le emozioni e mantenere vivi i ricordi ma, soprattutto, per non smettere di sognare e puntare a progetti sempre più ambiziosi.
sabato 13 dicembre 2014
Aggiornamento Istruttori
Le condizioni
della neve peggiorano sempre più. Dopo un inizio scoppiettante la stagione si è
bloccata per quasi tornare indietro. Caldo e vento hanno fatto disastri.
Con queste
premesse la voglia di fare 2 giorni ad Andermatt non era delle più alte ma
l’idea di ripassare le fasi del soccorso in valanga e, soprattutto, di stare
con il gruppo in rifugio ha compensato il meteo pessimo.
Primo giorno
salita al Pazolastock. Rispetto alla prima volta che salii il Pazola la
condizione neve è totalmente diversa. Placche dure e traversi infidi hanno
messo a dura prova le split di tutti.
Finalmente in
cima veniamo schiaffeggiati da un vento fortissimo. Ci cambiamo trincerati
dietro la capanna.
Discesa su neve
cartonata e placche insidiose. Sganciare una valanga era abbastanza probabile,
quindi inserisco la sicura e scendo tranquillo. Tutto sommato sciata
accettabile.
Campo ARTVA.
Facciamo una ricerca di gruppo. Ci si divide in squadre. Ad un certo punto mi
ritrovo a dare una mano nella ricerca a croce di un travolto ma non riusciamo a
trovarlo. Eppure che siamo vicini. Scaviamo un po’ e allarghiamo il campo ma
nulla. Ecco l’eccezione alla regola. Eravamo a 0,4. L’artva così vicino non
riesce a darci un minimo definito. Inoltre scavando ci siamo portati sotto
l’artva. Ecco perché non lo trovavamo nonostante avessimo trovato il minimo.
Certo la conformazione del terreno era particolare (una conca e un dosso) ma
non così lontana da un potenziale caso reale.
Serata alla
Camona di Migheals davvero notevole. Cibo ottimo. Piena di scialpinisti (un
sacco di ragazze in split…ma dalla bellezza teutonica). Peccato aver dormito
nulla per il forte dolore alla spalla e lo spazio angusto per chi è più alto di
1,80 mt.
Giorno due. Meteo
pessimo. Voglia zero. Energia – 1000. Prima di partire facciamo un bel esercizio
che si rivelerà fondamentale. Due gruppi compilano la lista delle fasi del
soccorso in modo da non perdere i pezzi.
L’Angelo commenta
giustamente che la modalità del soccorso cambia molto se si tratta di un grosso
gruppo (dove ci si divide i c compiti) a un gruppo piccolo (dove tutti fanno
tutto). Quindi la cosa importante è applicare le regole con flessibilità e
capendo il meccanismo…altrimenti non funziona.
Provo a
ri-elencarla a beneficio di chi legge:
1.
Individuazione
del direttore del soccorso (solitamente il più esperto, autorevole, lucido e
meno coinvolto emotivamente).
2.
Individuazione
di una zona sicura dove raccogliere i superstiti, il gruppo e i materiali (da
considerare l’intervento dell’elicottero).
3.
Il
gruppo prepara pala e sonda. TUTTI devono spegnere gli ARTVA (meglio
controllare che i superstiti abbiano spento)
4.
Il
direttore interroga i superstiti per capire quanti siano stati travolti e le
dinamiche della valanga. Soprattutto bisogna capire: quanti travolti; con artva
acceso, quale l’ultimo punto dove sono stati visti i travolti (per limitare il
campo di ricerca).
5.
Subito
parte un gruppo per la ricerca vista udito con ARTVA in search (importante
segnalare e mettere in evidenza ogni oggetto rinvenuto sulla valanga ma,
soprattutto, verificare se a quell’oggetto è attaccato il corpo di un travolto)
6.
Contestualmente
una persona s’incarica della richiesta di soccorso (cellulare, radio, rifugi
vicini, ecc)
7.
A
seguito del gruppo vista udito parte un gruppo di ricerca ARTVA (primo segnale,
ricerca, croce, sondaggio)
8.
A
ruota parte un gruppo di spalatori (la fase di scavo è diventata più
importante rispetto alla ricerca in
quanto ora con gli apparecchi digitali si arriva sul travolto facilmente,
mentre il disseppellimento è più lungo. Utile la tecnica a V o del nastro
trasportatore perché anche questa fase sia organizzata ed efficiente).
9.
Bonificata
la valanga si può considerare di procedere ad un sondaggio di fino o terminare
il processo
Mentre aspettiamo
il gruppo di milanesi che arrivano in giornata, facciamo un secondo campo
ARTVA. Mi ritrovo nella stessa situazione del giorno precedente ma, questa
volta, non cado in errore. Allargo subito il campo con la pala e cerco un
minimo alla distanza giusta per cui l’apparecchio ancora riesce a dare delle
differenze. La sonda è meno utile in quanto c’è poca neve su ghiaccio, rocce,
erba…e la pala di plastica sopra l’artva non sembra proprio un corpo. Dopo poco
troviamo l’apparecchio, lo diseppelliamo e spegniamo il segnale. Questa volta
tutto è andato bene e veloce.
Per fortuna
saliamo la cima sopra il rifugio (Piz Cavradi) per poche centinaia di
metri…poche…a me è sembrato di non arrivare mai. La simil cima è spazzata dal
vento. Mentre aspettiamo che si ricompatti il gruppo il gelo penetra nelle mie
ossa.
La discesa è su
crosta cartonata prima e neve ondulata e ghiacciata poi. Sopravvivere con uno
snowboard rockerato è quasi impossibile.
Chicca finale:
rientro per la stradina occupata da detriti di valanghe (una gioia con la
tavola) e risalita al passo.
Ad ogni modo sono
felice di questi due giorni. Mi sento più affiatato con il gruppo e ripassare
questi argomenti è fondamentale. Sarebbe da farsi anche con il nostro gruppo di
amici, a inizio stagione, magari approfittando di queste condizioni non proprio
idilliache.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
domenica 7 dicembre 2014
Piz San Gian per l’Ova Cotscha
Questa gita è
entrata nella lista di quelle “da fare” l’anno scorso vedendone lo sviluppo dal
Piz Mezdì.
Sarebbe stato
bello trovare le condizioni di allora ma ci dobbiamo accontentare di pochissima
neve, ghiacciata in basso, una bella spolverata in alto ma nebbia fitta.
La giornata parte
un po’ così. La solita buona colazione a Chiavenna, il freddo al parcheggio
(non così freddo invero), la ricerca dell’attacco della gita.
Poi si sale.
Silenzio, fatica e tante aspettative. Bene queste non sono mancate. L’ambiente
surreale mi fa sprofondare nei miei pensieri. Sono con gli amici di sempre e
solo questo vale la trasferta.
Sbuchiamo fuori
dalle nebbie che ancora invadono la valle.
Arriviamo ad una
prima strettoia. Già fin qui ho fatto l’equilibrista su passaggi un po’ al
limite per la mia split. Stacco e salgo a piedi.
Secondo pianone.
Come formichine
vedo numerosi skialper puntare alla cima ormai in vista. L’affollamento non mi
è mai piaciuto e questa è una classica della zona. Ma in periodi di vacche
magre ci si accontenta e chi lo sa fare…si sa.
Secondo
canalino…split in spalla e via veloci. Sento la fatica. La seconda di stagione
e tra i vari togli e metti non è proprio continua. Ma la gita è perfetta per lo
snowboard, pendii ripidi e continui. Mi
guardo attorno in cerca di una linea…diversa. Forse una ce n’è.
Arriviamo in cima
e il vento mi paralizza le mani. Ci metto la solita vita nel prepararmi e il
freddo mi attanaglia. Anche questa volta fatico a godermi la cima preso dal
sistemare tutte le cose. Il cambio d’assetto è ancora il tallone d’Achille più
grave di questo sistema che ho imparato ad amare profondamente nonostante
alcuni difetti.
I ragazzi
iniziano a scendere. Io mi porto a sinistra dove tutto è vergine. Punto ad una
sella che dovrebbe essere l’ingresso di un canale visto in salita. Mi sbaglio e
finisco comunque su un bel pendio tra le balze.
Per non sbagliare
aspetto che Mise passi sotto. Si il passaggio c’è. Mi lancio e tiro una bella
linea tra le balze. Questa vale la giornata…anche se inizio a interrogarmi del
perché devo sempre cercare qualcosa di più, di diverso…
Il resto della
discesa è stato tra bello, piacevole, mediocre, sopravvivenza…più si scendeva
più la neve diventava dura e difficile.
Ad ogni modo una bellissima gita e ottima
compagnia…e la solita merenda di nuovo a Chiavenna.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
sabato 22 novembre 2014
Maderhorn da Rottella
Dopo l’avvio di
stagione scoppiettante a Cervinia, cerchiamo il bis in zone particolarmente
amate: Rothwald.
Al parcheggio
pochissima neve e impianti chiusi. Questo ci permette di salire senza trambusto
ne confusione anche se, vista la scarsità di opzioni, in diversi sono sullo
stesso itinerario.
Oggi sono riuscito
a riunire un bel gruppetto. Stefano. Alessandro. Tommaso. Poz. Matteo
(conosciuto al Chubodenhorn) e altri amici dalle gambe d’acciaio!!!
Saliamo veloci e
senza mai fermaci.
Ad un certo punto mi chiedo se quelli lì avranno intenzione
di fare una pausa o tireranno fino in cima. Del Poz già so che non c’è da
fidarsi ;-)
Infatti sale,
scende, fa una cresta…insomma lui fa due gite in una mentre io soffro la
“prima” di stagione.
Mentre salgo noto
la bella parete del Wasenhorn e il bel canalone che scende. Potremmo entrarci
dalla cresta. Detto fatto puntiamo lì.
Arriviamo
all'ingresso dopo un traverso infido.
In alto neve
crostosa e lavorata dal vento. Guardando dentro e più giù non sembrava meglio.
Iniziano le
discussioni e il gruppo si sfalda. Inoltre molti avendoci visti iniziano ad
accalcarsi per scendere fregandosene che siamo arrivati per primi. Mattia e gli
altri spingono per scendere. La neve è cartone.
Noi dietro front.
Rifacciamo il traverso e ci ributtiamo nel vallone principale ma entrando tutto
a destra dove era intonso.
Parto per primo
dal punto più alto. La neve è una bomba nonostante il sole.
Tiro più che
posso, mi riempio di gioia. Guardo la mia linea e godo. La giornata è
conquistata.
I ragazzi
scendono urlando e citando vari Santi a vario titolo ma il sorriso è comune.
Rientriamo
tramite la solita boschina di Rotwald sempre appagante. Trovo una linea tutta
interna rispetto al solito, molto vicina ad una forra che ignoravo. Arriviamo
sulla strada a un centinaio di metri dal parcheggio.
I ragazzi sono
già ripartiti. Mi spiace se han trovato brutta neve ma a volte bisogna tornare
sui propri passi. Idee e intuizioni ben vengano, ma sempre verificare!!!
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
domenica 16 novembre 2014
Cervinia roks&pow
Finalmente ci
siamo. E’ arrivata. Ed è tanta…solo in alto ma ce n’è.
Quando a novembre
bisogna iniziare la stagione, c’è un unico spot: Cervinia.
Siamo una bella
carovana di amici…tutti skialper e pochi freerider ma la voglia di discesa è
superiore a quella della salita. Arrivando verso Cervinia veniamo bloccati a
pochi chilometri dalla neve sulla strada.
Montaggio delle catene migliore delle
Formula 1.
Finalmente
arriviamo al parcheggio e orde di persone assaltano gli impianti. Facciamo 1
ora di coda prima di salire e già mi pento d’esser qui e non a pellare in una
zona isolata.
Usciamo sul
Plateu. Ottima scelta quella di non fare l’internazionale poiché dall’altro
lato tutto è spelato e tirato dal vento. Ma qui sotto sul Ventina c’è della
polverella. Troppa gente che si butta a cazzo. C’è ressa. Non vedo se ci siamo
tutti…se siamo tutti pronti ma già in troppi mi sono passati sulla testa
sverginando prtoprio la mia linea tutta sulla destra. Impossibile trattenersi
oltre. Parto ed è tutta per me. Una liberazione far scorrere la tavola appena
sciolinata nella neve profonda e leggera. E' passato tanto tempo e mi mancava. Faccio
tutto un tiro senza stop. Una scorpacciata atomica. Sarei quasi a posto se non
ci fosse molto di più da fare.
Torniamo su e
puntiamo altre tracce. Si chiama Carlo? Boh…non è la linea dell’altra volta ma
molto più stretta e in piedi. Uscita da scovare sulle rocce ma si passa. Neve
stupenda.
Altro giro. Ci
spostiamo un po’ più in là. Ormai le cavallette hanno trifolato per bene ma sul
costone c’è ancora un po’ di spazio.
Ancora su.
Cerchiamo di buttarci nel Teodulo dall’alto della stessa variante ma non si
passa. Scendiamo sul costone a filo con il precipizio quando una traccia
divalla a destra. Io e Musa valutiamo…ma tempo zero sono dentro. Pendio bello
sostenuto e all'ombra. Fatico a valutare l’uscita e scendo troppo rispetto alla
traccia. Mi ritrovo su una piccola balza ma continua. Stop non si passa.
Inoltre la poca neve scivola sulla roccia liscia. Opto per una soluzione
fantasiosa: tavola piatta sulla roccia e salto. Purtroppo frullo un po’
nell’atterraggio ma sotto è morbido e zero problemi.
Da qui riesco ad
indirizzare gli altri su un salto più netto e facile. Piano piano passano
tutti. Anche una coppia che ci ha seguito ignara in qualche modo supera
l’ostacolo (credo che abbiano divorziato a sentire le urla di lei).
Alessia è un po’
ammaccata. Marcello lo vedo teso. Mi spiace aver guidato il gruppo in un posto
così del cavolo ma ero convinto di finire nel Teodulo e non su uno spigolo che
si forma dal costone.
Alessia smorza la tensione ed io ringrazio. Sei una
grande!!!
Altro giro.
Questa volta prendiamo il Teodulo dall’ingresso classico. Ma ormai le gambe
sono molli e i troppi passaggi hanno smorzato l’entusiasmo.
Ormai il freeride
è così: tutti dentro e in fretta. Non si riesce a godersi la linea e il momento, già rivolti alla prossima discesa. Ad ogni modo ce la siam goduta. Ottimo
inizio. Adesso ho bisogno di spazi vergini e isolati…almeno fino alla prossima
grossa nevicata.
N:B: PER AFFRONTARE UN FUORIPISTA IN SICUREZZA (ANCHE QUELLO PIU’ BANALE VICINO ALLE PISTE) E’ NECESSARIO AVERE ARVA (ACCESO IN TRASMISSIONE) PALA E SONDA. NON IMPROVVISATEVI SE NON AVETE ESPERIENZA DELLA ZONA O DELLA NEVE. CHIEDETE A PERSONE COMPETENTI TUTTE LE INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI DEGLI ITINERARI E DELLE ZONE PERICOLOSE CHE SOLO QUELLI DEL POSTO CONOSCONO. FONDAMENTALE PER GARANTIRVI LA MASSIMA SICUREZZA E’ PIANIFICARE A CASA PER TEMPO IL FUORIPISTA CHE VOLETE INTRAPRENDERE, MA NON FERMATEVI AL SOLO BOLLETTINO: BISOGNA SEMPRE VERIFICARE SUL POSTO OSSERVANDO ATTENTAMENTE LE CONDIZIONI DELL’ITINERARIO E DECIDERE, ANCHE ALL’ULTIMO MOMENTO, DI RINUNCIARE SE NON SI E’ SICURI O TROPPO RISCHIOSO.
sabato 26 aprile 2014
Nord Cadini - rocks&ice
Secondo giorno ai Forni. A fatica ho
recuperato le forze dopo la mazzata di ieri. In realtà non sono così sicuro di
essermi ripreso ma la partenza ad un orario più umano e il ritmo meno
indiavolato aiutano.
Oggi più nuvoloso, per contro le sfumature del cielo s'
intensificano.
Sono felice d'esser qui con i
ragazzi, per alcuni è la prima volta,
per me la quinta, ma mai stanca essere in questo paradiso. Saliamo rapidi sul
buon rigelo. Supero due punti duri e faticosi, così mai metterò i rampant salendo
fluido e veloce. Incontriamo vari gruppi. Qui è certamente sovraffollato ma,
per fortuna, solo noi e altri 4 puntiamo alla nord della Cadini.
Questo secondo
gruppo si spacca in 2. Le ragazze smaniose di salire la nord mollano i
compagni e si agganciano al nostro treno, più rapido e deciso.
La parete è lì...dopo 1 ora sembra
d'essere arrivati e invece ancora 40 minuti di marcia ci separano dall'attacco.
Alla base la pendenza svanisce così come
la preoccupazione.
Le facili peste dei molti che ci hanno preceduto indicano la
via. Salire risulta molto facile almeno fino a metà parete. Da qui il vento ha
ricoperto le tracce e bisogna ribatterle. Ale farà un ottimo lavoro. Prende un
ritmo himalayano e non mollerà...so cosa vuol dire...solo ieri ho provato la
stessa cosa...infatti come me, uscito dalla parete, è esploso esausto.
Ringrazio per la traccia, oggi mi faceva comodo tenere i remi in barca.
Continuiamo per la facile cresta fino
alla cima. Purtroppo le solite nubi, oggi più grige e fitte, non ci permettono
di godere a pieno del panorama. Non resta che scendere prima che peggiori.
Da dove? La nord è crostosa e trita dai
passaggi precedenti. La normale comoda ma già sfruttata.
Però salendo avevo visto un passaggio
tra le balze direttamente sotto la cima. La neve è splendida e ne vale la pena.
Per superare una piccola divergenza mi offro di andare in avanscoperta ma
niente. Ci separiamo. Entro cauto sulla calotta ma la neve è via via
migliore...perfetta...quindi mollo i freni e me la godo tutta. C'è ancheun filo
di sole a rendere la discesa perfetta.
Peccato che sono troppo concentrato a
scendere e manco il ramo di sinistra, meno pendente e continuo. Mi porto nella
strettoia ma, ormai, non vedo
alternative. Arrivo su un piccolo salto di 1 metro al massimo. Ci sono rocce
fuori e poca neve. Salto? Potrei ma
sotto vedo degli speroni. Disarrampico? No si scivola troppo. Ok vada per la
cinghialata. Scivolo dentro la strettoia raschiando lo snow contro le rocce
mentre con le mani mi tiro su degli appigli. Passo con la tavola e mi lascio
andare...raschio ancora (meno male non ho saltato) ma sono fuori. Sotto il
perfetto conoide di polvere compressa è la giusta ricompensa alla mia
testardaggine. Arrivo alla base della nord ad aspettare i ragazzi. Mi godo il
sole. Mi godo la mia linea.
Il rientro è il solito fun park fatto di
toboga e salti naturali.
Siamo tutti abbastanza soddisfatti. Birra stesi al sole e 4 cazzate in allegria
la ciliegina sulla torta.
Gran gruppo, gran gita.
Video:
Video:
venerdì 25 aprile 2014
Nord Ovest Palon de la Mare – senza parole.
Con l’ultima gita
penso d’aver toccato l’apice della frustrazione. Inoltre i bei piani sul ponte
del 25 Aprile, da lungo elaborati e sognati, sembrano infrangersi contro
un’inaspettata recrudescenza invernale. Dopo un Marzo di sole stabile ma con
poco tempo libero, aprile si presenta particolarmente capriccioso e
inaffidabile.
Disdico i 3
giorni a Santa Caterina per Pasqua e mi mangio le mani per la domenica super e
condizioni spettacolari che hanno trovato (chi ci ha creduto). Non ho voglia di
bruciarmi queste ultime occasioni.
Controllo
maniacalmente il meteo. Incrocio le dita e prego tutti i santi protettori.
Qualcosa accade. C’è speranza. Addirittura potrebbero saltar fuori 2 giorni.
Detto fatto. Ci organizziamo per salire ai Forni.
Peccato che chi
per un motivo, chi per un altro, tutta la truppa molla ed io mi ritrovo a
guidare da solo alla volta di Sant Antonio. Per fortuna ho una vasta rete di
amici…scoprin scoprendo vien fuori che i ragazzi di Cinisello stanno salendo
anche loro in Alta Valtellina. Chiamo. Nord del Pasquale. Sono con voi.
Ritrovo per le
3.30!?!?!?!! Ma non è troppo presto???
Evidentemente
si…perché alle 3,30 ci sono solo io al parcheggio dei Forni…solo come un ciula.
Non mi è arrivato l’sms del cambio programma…partenza posticipata alle 5.00…ma
lo scoprirò solo nel pomeriggio. Dopo 50 minuti mi rompo di aspettare a vuoto…e
parto per la mia gita…quella che già volevo fare ma, da solo, ero un filo
pensieroso nell'affrontarla.
Subito imbrocco
il sentiero palinato che porta al Branca. La via è illuminata dalla sola
frontale. Intorno è nero pece e le proporzioni si dilatano. Lontano due fioche
frontali sembrano fluttuare nel vuoto.
Ogni tanto mi
giro a guardare il parcheggio, ormai lontano, ma lo vedo ancora spento. Mah. Mi
giro e smetto di pensare al disguido…evidentemente il karma vuole così…ed io
assecondo.
Piano piano il
riverbero del nuovo giorno schiarisce il cielo. Spengo la frontale e m’immergo
nei giochi di ombre e nelle sfumature del cielo, prima rosa, poi rosso, arancio
e azzurro.
Raggiungo le
lucine lontane. Due bergamaschi con la stessa idea. Li supero salendo ancora
con le pelli al centro del canale finchè non diventa troppo ripido.
Picche e ramponi.
Inizia la lunga salita. Non c’è nulla di tecnico nonostante la pendenza via via
più forte. E’ solo questione di gambe e cuore. Pestare e salire. Cercare di non
sfondare troppo perché sotto una fragile crosta c’è neve inconsistente. Braccio
braccio, gamba gamba…respiro. Guardo su…il colle sembra non arrivare mai. I
ragazzi si tengono ben dietro e non mi danno il cambio. Passano sulle rocce.
Alla fine mi recuperano e vengono premiati per la scelta. Ma io resto qui
dentro a saggiare la neve a capire poi dove scendere e come scendere…e già godo
all'idea di surfarmi questi 30 cm di neve compressa.
100 passi
stop…150 stop…200 stop…questa tecnica paga…mi concentro un passo via l’altro.
Le sole 3 ore dormite si fanno sentire. Alla fine esco fuori, esausto. Crollo
sulle mie ginocchia felice di rimettermi la split ai piedi. Manca pochissimo in
leggera pendenza…ma sono distrutto. Arranco lungo la larga cresta fino alla
cima.
Subito arrivano
le condense. Mi preparo. Recupero le forze. I ragazzi non se la sentono di
scendere e optano per la normale. Il timore svanisce immaginando la discesa.
Parto. Pochi metri e si apre il sole. Lascio le tracce e inizio a sciare la
facile calotta. Qui spolverata su ghiaccio blu/nero. Rallento, controllo. Cerco
l’imbocco facilitato dalla traccia di salita. Per assurdo è qui che non bisogna
sbagliare.
All'ingresso mi
siedo. Contemplo. Ora è il mio momento, qui e adesso. E’ in momento di
gustarsela tutta. Entro cauto, prendo confidenza. La pendenza c’è ma non mi
spaventa. La neve è facile e questo aiuta. Accelero…sempre più…curvo…sempre
più…il cuore scoppia in un urlo di gioia. Libero gli ultimi freni e parto
divorando tutto il pendio. Ingordamente passo da un lato all'altro in cerca
della neve migliore. Curve larghe…poi strette…slush che tagliano la strada…pochi
secondi dilatati all'infinito nei miei ricordi. LA DISCESA.
Il resto è un
bellissimo rientro ma non importa. Contano solo quei secondi a 200 all'ora giù
per una parete vergine corteggiata poco, ma amata a lungo.
Video:
venerdì 18 aprile 2014
Grignone side2side
Venerdì 18
l’azienda chiude. Ottimo. Meteo…brutto. Starno. Gira che ti rigira non sembrano
esserci molte alternative. Quindi opto per una meta inusuale…direi “fuori
stagione”…il Grignone.
A vederla da casa
mia sembra ancora ben innevato. La est prende sole quindi dovrebbe remollare.
Inoltre è vicina e il meteo dovrebbe guastarsi più tardi. Deciso. So che dovrò
spallare fino al Pialeral e svegliarmi comunque presto. E salire da solo.
Mi chiama il Poz.
Senti siamo allineati sul Grignone…ma vorrei fare questa via…via
dell’Inglese…(ghiaccio e misto a 65°)…ehm…non è proprio nelle mie corde Poz.
Non voglio rischiare di rimanerci dentro…ho bisogno di chiudere una bella gita.
Discutiamo un po’
e alla fine ne esce un bel programmino. Salita da Cainallo (almeno tutta
innevata) e discesa della est sul Pialeral; risalita in cima e discesa dal lato
nord. Dislivello totale…meglio non pensarci.
Partiamo da
Cainallo verso le 6.30 e il cielo è già velato. Fa freddo e la neve è
durissima. Il lungo traverso è noioso e in alcuni punti “delicato” ma si và via
facili. Finalmente arriviamo al Rifugio Bogani e calziamo le mezze tavole.
Inizialmente risaliamo bene ma su un dosso veramente incazzato inizio a scivolare
e perdere grip. Metto le lame e salgo bene. Poz con tanto si scarpone soft
(anche se Fitwell) e alzatacco sale bene senza rampant. Una sensibilità del
genere con la split non l’avevo mai vista. Sono davvero stupefatto. Ma
d’altronde sapevo d’essere in giro con un personaggio d’eccezione.
Arriviamo sotto
la cresta. Qui la traccia è stretta e pedonata. Troppo scomodo proseguire con
le pelli. Rimettiamo le tavole in spalla e saliamo con i ramponi.
Scelta
azzeccata…in pochi minuti arriviamo in cima al Rifugio. 1200 metri bevuti in
poche ore (vabbè secondo lui abbiamo cazzeggiato e parlato un po’ troppo, ma io
sono contento della performance). Rifugio parzialmente aperto ma non c’è
nessuno. Ci scaldiamo nei piumini e con un po’ di caffè aspettando che il timido
sole faccia il suo dovere. Nel mentre arrivano alcuni ragazzi a piedi.
Inutile
indugiare. Calziamo le tavole e ci buttiamo su pendio giusto sotto i pannelli
solari. Duro. Un filo di granita superficiale ma, sostanzialmente, duro. Più
sotto pure rigolato.
Per fortuna verso i 2000 metri la neve inizia a smollare e
tiriamo belle curve. L’ambiente è magnifico. Il vallone della est offre
numerose linee e interpretazioni. M'immagino farlo con 20 cm di polvere…uno
sballo.
La neve arriva a
1500. Tavole sugli zaini e traversiamo a piedi. Meno male che non sono salito
dalla Chiesetta altrimenti sarebbe stato quasi tutto portage.
Rientriamo a
piedi dai Comoli. Per pigrizia non pelliamo…ormai, sforzo più sforzo meno.
Saliamo il muro del pianto…capisco il perché di questo nome. Vado diverse volte
in crisi. La fatica inizia a farsi sentire. Le gambe ci sono ancora ma sono le
spalle a dolermi. Devo attuare una strategia. Conto 100 passi e mi fermo. Poi
120. Poi 150…arrivo finalmente sulla cresta. Il più è fatto.
Risaliamo verso
il rifugio guardando il nevaio e il passo Zapel sui quali incombono delle
cornici spaventose. Parte di queste sono già crollate, parte hanno fessure
pazzesche e crolleranno appena tornerà il caldo. Altre sono lì, come terrazzini
instabili. La traccia passa proprio sopra. Forse ci sono passato anch’io. Oggi
è tutto congelato ma bisogna fare attenzione.
Raggiunto il
rifugio c’è Alex che ci accoglie. Una lemonsoda e una fetta di torta mi
corroborano. Ci consiglia di scendere per il nevaio, bisognerà risalire 50/100
metri ma ne vale la pena. Ormai le gambe vanno per inerzia.
Traversiamo sotto
i meringoni e ci buttiamo nel vascone che porta allo Zapel.
Qui troviamo pochi
cm di moquette (credo brina) che ci regalano LA sciata. Certo, siamo dei
buongustai e la powder è un’altra roba…ma vi assicuro che non è niente male.
Peccato che le gambe siano al lumicino perché tra dossi, salti e contropendenze
è una discesa da urlo!!! Non avrei mai pensato di trovare un’ambiente così a
pochi chilometri da Milano. Arriviamo all’imbocco del canale. La voglia di
buttarcisi dentro è tanta…ma la ravanata sarebbe totale. Next time.
Con i sorrisi
tornano le forze per rimontare il dosso. Seconda parte di discesa verso il
Bogani altrettanto bella e varia. Poi il lungo traverso sciato fin dove abbiamo
potuto. Poi game over…tavola in spalla e rientro (non tutto in discesa).
Rientro eterno e lunghissimo…sembrava non finire mai. Arrivo alla macchina
talmente stremato che, per assurdo, non mi sento nemmeno stanco. Probabilmente
perché mi sono finalmente sfogato!!!
Grazie Poz per
avermi fatto vedere la Grigna da almeno 4 vie diverse. Davvero una bella
giornata.
Finalmente l’ho
scesa. La montagna che mi saluta tutte le mattine prima di andare al lavoro. La
montagna che quando s’imbianca segna l’inizio della stagione. La montagna
semplicemente dietro casa…è uno dei luoghi più belli che ci siano in giro. C’è
di tutto e di più. Non vedo l’ora che arrivi il prossimo inverno per trovare la
neve giusta per poterti godere al 100%. Nel frattempo continuerò a salutarti da
lontano immaginandomi lassù, quel momento.
sabato 12 aprile 2014
Bocchetta di? Booh…val.
Sono passati 10
giorni dalla “bastonata” al Campo Tencia e ancora mi pesa la frustrazione per
aver sottovalutato la gita (nonostante numerosi avvertimenti) e non aver chiuso
la cima.
Avrei dovuto
mantenere il mio programmino e rispettare i tempi…adesso è tutto saltato e le
condizioni non sono il massimo.
Vabbè,
rimescoliamo le carte. A guardar bene si potrebbe fare il Sengchuppa in 2
giorni (giusto perché ho assimilato la lezione) dormendo al De Zen. Ovviamente
spendere una notte a 3000 per “solo” 600 metri il giorno dopo mi sembra un po’
sprecato, ma a guardar bene si potrebbe scendere sul versante ovest fino ad un
colletto a quota 3000. Di qui ripellare e scendere integralmente la est.
Il programma mi
piace. Inizio a organizzarmi. Bisognerà portare su un minimo di materiale visto
che il bivacco è giusto una scatola di sardine. Bisogna trovare le persone….ma
sono tutti impegnati con Sa2/Sba2.
Mi scateno
interpellando tutta la mia rete di conoscenze…e alla fine convinco Tex.
Sono contento di
aver organizzato…ma non passa nemmeno un
minuto che arrivano degli “ordini di scuderia”.
Questo w-end è
l’ultimo per me per partecipare come OS al corso Sba2 dove ci sono almeno due
ragazzi con la split. Inoltre mancando l’ultima gitona del 1 maggio questa
sarebbe anche l’ultima chance di stare con tutti i ragazzi. Mi spiace paccare
Tex dopo che l’ho tirato scemo per convincerlo, ma la scuola chiama ed io
rispondo.
Direzione Capanna
Boval. Il posto è tra i miei preferiti tanto che ho progetti per il 25 aprile.
Pensavo che
sabato si potesse salire il Palù per raggiungere la capanna dalla sua
bellissima discesa.
No. Sabato si
sale con molta calma dalla stazione del Morteratsch. Però noi OS siamo in
qualche modo indipendenti. Non possiamo vederci in capanna? No, sai com’è c’è
da ripassare i paranchi….
Vabbè…vita da
scuola. Ed i effetti ho finalmente capito il meccanismo della carrucola quindi
not bad.
Inoltre sabato è
proprio una brutta giornata con nuvole che chiudono le cime. Il Palù non si sarebbe
comunque fatto.
Arriviamo in
capanna appena prima che inizi a nevicare. La capanna ha una vista splendida ma
per il resto è un po’ un cesso. Il gestore è anche simpatico, ma gli aiuti sono
un po’ troppo svizzeri. Ad ogni modo fioccano le birre (che costano meno
dell’acqua) e il clima si scalda.
Diamo il
meglio/peggio di noi tanto da essere richiamati più volte dagli altri avventori
a mantenere i toni più bassi. Ad ogni modo grosse risate con gli amici più
cari.
Domenica. Sveglia
presto. Nevischia e nuvole basse. Puntiamo una cima vicina al Piz Morterasch
(metà dell’Sa2) ma la salita è in comune. Si passa tutti da una forcella che
solo Gianni conosce (in realtà ce l’avevo marcata sul gps). Ci ritroviamo su
pendio ripido in 3 classi (era presente un’altra scuola con la stessa idea)…70
persone a piedi, sci in spala, a fare un passo alla volta. La finestra di sole
tanto sperata è apparsa per poi richiudersi (Umberto non sarai mica tu a menare
gramo?)…insomma bloccati ni fila con nuvole e vento freddo. Top.
Raggiungiamo la
bocchetta. Dietro un pendio ripido e vierge. In prospettiva tutto nebbioso
poiché le nuvole s’incanalavano e non permettevano di vedere la cima. Ma la
visibilità era la medesima di dove eravamo noi, ne buona, ne pessima. Il gps
segnava precisamente che eravamo alla forcella Boval e sulla corretta via di
salita, ma i “boss” hanno discusso per almeno mezz’ora e non ho capito, da
lontano, se pensavano di aver sbagliato strada o meno. Ad ogni modo non c’erano
le condizioni per proseguire. Si scende. Stessa fila indiana infinita.
Sotto di me un
pendio ripido con 30 cm di farina. Lucone scendiamo con le tavole?...Magari…ma
non si vede una mazza e il pendio è esposto…e siamo con gli alunni. Right…
Finalmente
calziamo lo snow. 10 curve fighissime…poi duro. La neve non remollerà ma almeno
è liscia come un biliardo.
Ci buttiamo su
una via diretta che, onestamente, non saprei dire se ha pagato o meno. Non
abbiamo fatto il giro dalla Boval ma ci siamo incastrati in un bosco malefico e
sulla morena. In qualche modo raggiungiamo incolumi la stradina e il
parcheggio.
Ci consoliamo con
fiumi di birra e salamini. Verso le 14.00 le nuvole iniziano ad alzarsi a far
intravedere i picchi.
Sembra proprio
una beffa.
Lunedì sono
mogio. I report sul Seng parlano di sole…ma anche di calotta in verglass. Mi
consolo un pochino.
Purtroppo il
lungo periodo di alta pressino sembra finito. L’anticiclone è compromesso e
giusto perché ci avviciniamo alle ferie Pasquali e ponti di aprile/maggio,
iniziano i trenini di perturbazioni. Sarà il carma? Sarà un pesce d’aprile in ritardo? Con gli impegni della Sem da maggio restano poche cartucce…ma viste le previsioni
temo non potrò nemmeno estrarre la pistola.
mercoledì 2 aprile 2014
OSAre non vuol dire sbragare…Campo Tencia
Dopo il bel successo al Boshorn sono gasato. Il week end
successivo sarà precettato dal compleanno di Massimo per cui scatta il piano B:
infrasettimanale.
Secondo il mio programmino mentale sarebbe il turno del
Cervandone ma il meteo al Devero non sembra dei migliori. Inoltre c’è una gita
appena conclusa da alcuni amici che mi ronza in testa…Campo Tencia…Campo
Tencia. Meteo buono. Ci sta. Mi focalizzo talmente tanto su questa gita che escludo
ogni altra possibilità. Non mi rendo conto che il meteo al Devero è migliorato.
Non mi rendo conto che 1900 metri di dislivello sono eccessivi per la mia
gamba. Non mi rendo conto che i 5 km di falsopiano nel bosco avrebbero minato
tempi e morale. Ho troppa voglia di emulare i miei amici che sottovaluto totalmente
le difficoltà.
Partiamo con Fede e Puppi. Partiamo tardi.
Contiamo di
salire forte e recuperare. Iniziamo in una fitta boschina via via sempre più
intricata. Lo sviluppo è infinito. Dopo 1 ora vedo le prime creste e sono
convinto di lì a poco di attaccare il canale. Guardo il gps e con orrore vedo
che sono solo a metà strada.
Capisco che perderò un’altra ora. Mentalmente ripasso i
tempi. Possiamo ancora farcela.
Altra ora. Non siamo fisicamente stanchi, ma non ce la
faccio più. Sto impazzendo. I rami in faccia, gli aghi nel coppino sudato, il
polline sulla pelle. Ho bisogno di spazi aperti.
Finalmente lasciamo il sentiero e il bosco si apre. Iniziamo
a salire bene e in poco tempo siamo di fronte alle cascate di ghiaccio.
Siamo solo noi 3 e lo spettacolo è stordente. A sinistra
vedo la via per il Pizzo Forno con il passaggio chiave davvero insidioso. Altra
gita da considerare. Noi teniamo la rotta sul Tencia nonostante i bacini
superiori stiano già prendendo molto sole. Risaliamo il conoide del canalino
nascosto (bisogna veramente avere fede che ci sia, altrimenti risulta
invisibile). Trovo una piazzola dove calzare i ramponi. Tolgo una mezza tavola.
Provo a togliere l’altra ma il manettino dell’attacco Maruelli è grippato. Con
le mani nude mi scivola. Estraggo la pinza ma la posizione non è delle
migliori. Mi faccio aiutare dai ragazzi che, con uno sforzo estremo, dopo 10
minuti buoni riescono ad aprirlo. Sono troppo incazzato. Con il senno del poi
sarebbe bastato avere un incastro a brugola per sfruttare la leva di una
chiave, o un altro sistema di sicurezza. Se fossi stato da solo in un punto
pericoloso come avrei potuto fare? Ad ogni modo sono più incazzato per il tempo
ulteriormente perso e per la consapevolezza che di lì a poco ne avrei avuto
nuovamente bisogno.
Salgo i 100 metri a 200 all'ora. Esco sulla terrazza e
subito mi sistemo.
Con la pinza elimino il filetto in eccesso. La cosa funziona
ma altri minuti preziosi se ne vanno via. La neve è già cotta. Iniziamo a salire ma siamo bolliti
a dovere. Rosolati dal riflesso e dal caldo, devastati dallo zoccolo via via
sempre più spesso. Iniziano a tracimare spontaneamente alcuni pendii attorno a noi. Sono su
un tratto ripido, passaggio chiave per accedere al ghiacciaio superiore. Sulla
neve ormai senza legame è impossibile procedere. Vedo un bello scivolo duro.
Idea. Calzo i rampant e salgo da lì. Idea azzeccata. Salgo rapidamente
eliminando anche lo zoccolo. Mi mangio metri su metri quando per troppa fretta
perdo l’appoggio e scivolo sul pendio. 50 metri rovinosi che minano
definitivamente le gambe e il morale.
Rimonto al limite del ghiacciaio (per
caparbietà) ma non ne ho veramente più. Non ha senso proseguire, oltre ad essere
davvero pericoloso. 300 metri, la vetta è là ma è giusto rientrare. M’inginocchio
per sistemare la split e mi crolla la tensione. Per 5 minuti mi sento
imbambolato. A fatica mi metto in piedi e sono preoccupato perché il rientro è
lungo. Per fortuna bastano le prime curve in neve ancora spettacolare per lo
snowboard per farmi riprendere. L’adrenalina è un bel tonico.
Tenuta la dorsale e sganciati bei caramelloni arriviamo al
canalino. Lo scendiamo in qualche modo, poi bellissimo conoide e piano finale.
Da qui delirio. Decidiamo di non ripercorrere la traccia di salita ma seguire
quella di un locale nel bosco. Una traccia folle tra buchi nel torrente e salti
di roccia. Ma almeno una traccia in discesa che ci porterà prima verso un bosco
rado e intonso, poi ai piani da cui facilmente ritorneremo a Dalpe. Scendiamo
lungo il sentiero basso che ci porterà al parcheggio del Crai. La prossima
volta meglio partire da qui.
Ad ogni modo una bellissima gita e una bella giornata ma,
soprattutto, una bella lezione d’umiltà.
sabato 29 marzo 2014
Finalmente Boshorn
Venerdì ore 17,45. “Ragazzi dai che mancano 15’ al week
end!!!”.
Sarà tutta la settimana che penso a questa gita. Dopo quella
del corso (sotto la neve) e il prossimo week end precettato dal compleanno di
Massimo, questo è IL week end per
fare qualcosa di bello, agognato da tempo. Dopo 2 tentativi falliti e tanta
voglia di chiudere questa gita, non potevo che non andare al Boshorn.
Venerdì ore 18,00. “Silvia come sei ammalata?”…vedo la gita
abortire per la 3° volta ancora prima di partire.
Pedalo verso casa e non nego che tra smoccoloni vari mi
sale la frustrazione. Non ci posso credere. Però…ecco l’idea geniale. “Mamma
puoi salire a tenere Massimo domani e dare una mano a Silvia?”
Lo so, lei è una santa ed io uno stronzo egoista…ma non
potevo mollare il colpo.
Sabato mattina partiamo con Ale, Mise e Nicola. Siamo belli
carichi. Tengo basso il piede sul gas…non vedo l’ora di arrivare
.
Come sempre ci sono molte persone su questa classica. Però
poche tracce di discesa ma, soprattutto, tracce in neve fresca. La smania sale.
Il cielo è già velato nonostante solo pochi chilometri prima ci fosse il sole e
cielo blu. Scena già vista. Meglio accelerare.
Oggi cambio di set up: Furberg appena sciolinata e puntale
Maruelli. Ci metto diversi minuti per fissare lo scarpone sul puntale. Non
comodo ne pratico. Ed ero anche in piano. Mi chiedo come andrebbe in condizioni
non favorevoli. Per contro, una volta fissato, è bello stabile e sicuramente
non si stacca sui traversi ripidi e duri dove c’è da spingere bene. Ancora
presto per capire se è meglio del puntale Dynafit o meno.
Rimontiamo la prima balza quando troviamo dei crateri grigi
e neve rigelata e crostata.
Non ci posso credere quando realizzo che sono colpi
di mortaio o cannone. Ricordo di commenti analoghi sul fatto che il Boshorn era
usato come poligono…ma in piena stagione skialp non pensavo!!!
Seconda balza. Le nuvole iniziano a trafilare da sud. Studio
bene l’uscita del canale diretto (masso quadrato) e sembra davvero una bella
linea. Purtroppo il vento da sud accumula proprio all’ingresso (bisognerà
bonificare) ma, soprattutto, le nuvole ci ricadono dentro.
Forse vale la pena la discesa normale.
Superiamo la seconda balza e ci portiamo a destra verso la
“buccia d’arancia”. Qui il vento cessa, c’è il sole e fa un caldo pazzesco.
Sembra di essere su un’altra gita.
Giriamo l’angolo e siamo sulla “buccia”…più di banana che
altro. 30/40 cm su fondo durissimo. Le pelli faticano a tenere e solo grazie
alla fida Furberg proseguo facilmente.
Siamo in vista dello spallone. Fin qui ero arrivato anche
l’altra volta. Nebbia che va e viene ma questa volta l’obbiettivo è la cima.
L’ultimo pezzo è davvero insidioso ma non voglio montare le lame per 50 metri.
Finalmente arrivo al deposito sci. 2h45’ in movimento…non
male. Ci cambiamo per la parte alpinistica.
Primo pezzo facile…diverse persone che salgono e
scendono…finchè arriviamo al punto chiave: una “facile” colonna a gradoni da
arrampicare in libera. Per me che non sono molto avvezzo, chiappette strette. Cedo il
passo ad Ale che mi condurrà sia in salita che in discesa (grazie).
Finalmente in cima. Finalmente. Anche se avvolti nelle
nuvole la soddisfazione è infinita.
Per fortuna ogni tanto la nebbia si abbassa
permettendoci di ammirare Sengchuppa e Nord del Fletschorn (davvero
inarrivabile). Che spettacolo. Ok…moh bisogna scendere!
Ritorno al deposito. Ormai visibilità azzerata. Peccato ma,
forse, meglio così per via delle numerose pietre nascoste…almeno sono costretto
ad andare piano.
Scendiamo con cautela e subito si apre. Mi porto molto a
destra come per entrare nel canale. Qui pendio vergine e neve borotalco…ed
evito il fastidioso traverso.
Buccia d’arancia in crosta ventata…l’unico pezzo brutto
della giornata. Ad ogni modo sulla destra si apre un pendio vergine di neve
compressa…ed inizia lo spettacolo. Da qui serie di pendii sempre più ripidi,
ampi e intonsi…perfetti per lo snowboard. L’ultimo che butta sui laghi di Sirwolte
è commovente.
La neve a destra è più riparata dal sole e dal vento…ma ci
potrebbero essere mille linee di discesa.
Dopo l’ultima balza neve più trasformata ma comunque ben
sciabile. Slalom tra gli alberelli e, a gambe completamente finite, arrivo in
fondo. Che spettacolo. Che gita.
Finalmente Boshorn.
Video:
domenica 23 marzo 2014
Colle della Rossa @Grivola – SBA1
Ultima di SBA1 e dopo 20 giorni di sole pieno e
incontrastato ecco che…una bella perturbazione!!!
Ma questa è sfiga…no, di più, questa è iella nera!!! Secondo
me c’è qualcuno che l’attira…
Quindi saltano tutti i programmi (Ruitor dal rifugio degli
Angeli inizialmente) e si cercano alternative.
Fino all'ultimo siamo incerti, poi una timida speranza.
Sembrerebbe esserci una “finestra di bel tempo” domenica mattina.
Ormai siamo in ballo e sarebbe forse più complicato rimandare.
Prenotiamo al Vittorio Sella sopra Cogne.
Sabato arriviamo con comodo. Non fa caldissimo ma nemmeno
freddo. Cielo velato.
Iniziamo a risalire nel bosco su ripidi pendii. Il sentiero
è già mezzo spelato, quindi optiamo per la linea diretta alla Bergamasca
sfruttando le lingue di neve. Branchi di camosci ci guardano un po’ intontiti.
Si chiedono cosa stiamo andando a fare. Forse anche qualcuno di noi. Ma bisogna
crederci sempre.
Usciamo sul piano superiore dove lo spessore della neve è
più importante. Manca ancora un bel pezzo al rifugio quando inizia a fioccare.
Ma bisogna crederci. Sarà tutta powder per domani (speriamo
visto il ghiaccione che ci sarà per il mancato disgelo).
Saliamo sotto fiocchi sempre più grandi ma fa caldo.
Letteralmente mi squaglio sotto al guscio. Guardo freneticamente il gps per
capire quanto manca. Ma ecco un bel sasso e un incavo che si prestano a fare
una bella truna. Disastro!!! Il sudore si ghiaccia all’istante. Mi metto su
tutto quello che ho (piumino sempre a tiro). Ci manca solo di ammalarmi ancora.
Ci passano gli skiers puntando alle brande migliori (in
realtà fermi anche loro dopo 50 metri), mentre noi ci accoccoliamo dentro la
truna…
Nebbia bassa e umido quando sbattiamo contro il rifugio. Mi
cambio al volo e subito giù verso una serie di birre crude al Genepy davvero
notevoli.
Il pomeriggio passa
veloce. La cena ottima e le risate scorrono al pari del vino e degli
ammazza caffè. Davvero momenti preziosi. Sarà la passione, la fatica condivisa,
la magia della situazione, ma si creano delle alchimie davvero incredibili con
persone speciali.
Secondo giorno. Nevica. Non si vede una mazza. C’è un po’ di
delusione nel gruppo ma la montagna è così…imprevedibile. La finestra e più
chiusa che aperta. Iniziamo a salire verso il colle. Poi vedremo.
Fuori 15-20 cm di farina su fondo durissimo. Nel traverso
subito fuori i rampant che verranno comodi anche nel canale. La pendenza
s’impenna. Le inversioni si sprecano. Nel tratto finale, stretto e ripido, diversi
ragazzi s’inchiodano. Ci sono sassi che non fanno mordere bene il rampant. Si
scivola. Bisogna fare delle aperture a 180° rimanendo in bilico. Leo guarda
dall'alto. Umbi dal basso urlaccia.
Alla fine, mentre i miei ragazzi passano
agili, devo recuperarne uno accartocciato come lo shangai, un altro che gli
tremavano le gambe e non riusciva a fare più le inversioni (dai saliamo a
piedi, come avrebbero fatto Franco e Alessia di lì a poco…ma no, bisogna
soffrire…quindi riattacchiamo gli sci ricevuto l’ordine, e me lo trascino al
colle) e arrivo per ultimo anche se prima degli ultimi sciatori.
Mossa indovinata (il sorpasso) ci garantirà la prima traccia
sull'altro lato: neve polverosa a go go.
Ci lanciamo. La visibilità è quello che è ma almeno si
riescono a tirare belle curve su neve veloce.
I ragazzi sono in gran forma…si vede che godono!!! Almeno
siamo stati ricompensati da tanta fatica…i panorami ce li teniamo per la
prossima volta.
Chiudo…giusto per
godermi in pace le curve. Arrivo a fuoco su un dosso e tutti si sbracciano. Azz
era una placca di roccia liscia. Freno ma ormai è tardi e ci cado sopra
sbucciandomi gomito e ginocchio. Mannaggia davanti c’è un pendio strepitoso e
immacolato. Franco ha scelto il lato destro per cui io e Manuel abbiamo tutto
da tracciare. Sotto A. si è incrodata ma è ok. Aspettiamo ma non riparte
subito. Arrivano gli skiers. Famelici. Vedono il pendio vergine. Sento la loro
eccitazione. Temo che si possano lanciare a momenti. Eh no…via!!! Sfreccio in
basso verso Franco, dietro Manuel, laggiù A.
La foto la dice tutta, noi che
scappiamo incuranti delle allieve in difficoltà…vabbè davanti a un pendio
vergine non guardo in faccia a nessuno.
Cazziatone (ci sta)…Quindi retroguardia Aspettando che tutti
siano ok. Comunque ancora diverse curve molto divertenti. Ma a volte ne bastano
3 fatte bene che valgono la giornata.
Più sotto tra sci persi e ritrovati, neve pacco e boschina
malefica è stata una sciata di sopravvivenza, ma tutti arrivati a casa con
quelle 3 curve nel cuore.
Grazie ragazzi, ci siamo proprio divertiti.
Video:
Iscriviti a:
Post (Atom)